La comunicazione assertiva e lo sviluppo dell’assertività per la leadership
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Ogni manager si rapporta quotidianamente con colleghi e collaboratori. Durante questi momenti di interazione possono prevalere la passività, l’aggressività, o l’assertività.
Il comportamento assertivo ha la proprietà di saper mantenere i rapporti all’interno di confini di efficacia, evitando sia i momenti di passività inutile, che i comportamenti di aggressività gratuita e immotivata.
- L’aggressività non è in genere positiva, ma vi sono situazioni in cui bisogna sapersi imporre, entro i limiti di un comportamento professionale.
- Qualora predomini il comportamento aggressivo, è importante saper reindirizzare le energie verso comportamenti che provochino minori tensioni e frizioni nei rapporti interpersonali.
- Qualora predomini il comportamento passivo, è necessario identificare correttamente quali situazioni specifiche provocano disagio e attivare dei percorsi di cambiamento sia cognitivi (ristrutturazione cognitiva) che comportamentali.
- Il comportamento passivo consiste nel non avere la forza e capacità di reagire agli attacchi o ingiustizie. Non deve essere confuso con la tattica comportamentale consapevole. Decidere attivamente di non reagire o posticipare la reazione per raggiungere un obiettivo è una tattica. Non riuscire a reagire è invece una patologia.
- La riflessività non è assolutamente sinonimo di passività. La passività è una condizione esistenziale che provoca malessere, una condizione di disagio, subìta e non desiderata. In questo senso la passività è una problematica comportamentale dalle ripercussioni negative sull’immagine di sé e sull’autostima, e persino sulla salute fisica.
- Lo sviluppo assertivo può essere notevolmente accelerato tramite l’aiuto di un coach professionale, terapeuta o counselor, che aiuti il soggetto ad individuare esattamente le situazioni su cui agire e sbloccare i comportamenti desiderati.
- Lo sviluppo assertivo inoltre non può essere conseguito tramite “iniezioni miracolistiche”, ma richiede la partecipazione attiva del soggetto, la definizione congiunta (tra cliente e counselor) di un percorso serio e di tappe intermedie praticabili.
- Le tappe principali di un prototipo di intervento sulla leadership sono:
- autoanalisi guidata dal counselor
- rilevazione degli stati di insoddisfazione sui comportamenti attuali e pratiche di comunicazione
- identificazione dei comportamenti desiderati e modelli di comunicazione desiderati
- rilevazione dei blocchi psicologici che impediscono l’attuazione dei comportamenti e relazioni
- ristrutturazione delle concezioni di sè e relazionali sottostanti i comportamenti e la comunicazione
- fase di disapprendimento (unlearning comportamentale e comunicazionale)
- test comportamentali di micro-cambiamento quotidiano delle interazioni e comportamenti comunicazionali
- consolidamento dei cambiamenti
- Ogni intervento professionale richiede comunque la presenza di counselor o coach esperti in grado di affiancare il destinatario e superare le criticità che emergono in ogni percorso di sviluppo personale.
Caro Daniele
come sempre mi accade (e non è piaggeria) trovo i tuoi articoli innovativi e pragmatici
oltre che ampiamente condivisibili, peccato che io non sia all’atezza di intervenire
là dove ce n’e più bisogno: gli imprenditori
Purtroppo più svolgo il mestire “apprendista consulente” e più mi accorgo che la
formazione di sè stessi diventa imprescindibile dalla professionalità: intendo dire
che la conoscenza dell’uomo e delle sue caratteristiche (soft) sta alla base di
qualsiasi preparazione professionale e viene sempre prima cronologicamente
Ma ahimè questi argomenti sembrano (ai più) tabù irremovibili e questo aggrava gli interventi
di consulenza tecnica. A tal propositoi ricordo sempre uno slogan molto efficace della società
di consulenza “Galagano” di molti anni fa che diceva: prima di produrre prodotti occorre
produrre uomini. Credo sia molto ma molto attuale, cosa ne pensi?
Grazie per l’invio della rivista e colgo l’occasione per farti gli auguri più sinceri di un Buon 2011
ricambio gli auguri, per quanto riguarda essere “apprendista consulente” credo che la condizione di apprendistato sia permanente, le aziende si fidano poco, la formazione obbligatoria viene svolta ma quella volontaria richiede uno stadio di avanzamento che pochi hanno