© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.
Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Regie di Cambiamento”, Franco Angeli editore, Milano.
Fare cambiamento esteriore significa cambiare l’apparenza, l’esterno, il packaging della persona o del team (es.: indossare un’uniforme). Fare cambiamento interiore significa lavorare sui sistemi di credenze e sulle organizzazioni di “costrutti mentali” che l’individuo usa per orientarsi e prendere decisioni (es.: lavorare sulla costruzione di alcuni valori di fondo comuni e condivisi).
Ho denominato “prototipi cognitivi” i costrutti significativi che l’individuo usa per compiere le proprie operazioni mentali di decisione, percezione e valutazione. I prototipi sono sistemi intrecciati tra credenze, valori, opinioni, atteggiamenti, che sono distinguibili e riconoscibili analizzando i comportamenti e le manifestazioni esterne delle persone in azione (people-in-action). Sono anche riconoscibili scandagliando il flusso del discorso emesso dal soggetto (talk-in-action).
Osservare l’azione mentre accade (people-in-action), o il discorso mentre fluisce (talk-in-action), se si possiedono lenti di osservazione adeguate, permette di scorgere distintamente i prototipi attivi.
Esempio di alcune “punte di iceberg” di prototipi culturalmente riconoscibili sul fronte professionale sono:
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“più ti impegni e più avrai risultati”;
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“l’individuo deve farcela da solo”;
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“il mondo è pieno di pericoli”;
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“puoi impegnarti quanto vuoi ma se non sei fortunato non servirà”;
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“devi dimostrare sempre quanto vali”;
… ogni altra organizzazione significativa di credenze che può prendere forma di “messaggio genitoriale” o “messaggio culturale”.
Parliamo di “punte di iceberg” o “microeruzioni” poiché queste affermazioni sono solo una manifestazione esteriore (una piccola eruzione di lapilli) rispetto al vulcano che li produce, e il magma sottostante è molto più ampio e voluminoso di quanto emerge dalla singola frase.
I prototipi sono appresi dall’ambiente circostante, e in molti casi vengono successivamente riorganizzati dall’individuo stesso, mixandoli con prototipi pre-esistenti. Uno dei primi luoghi in cui si creano i prototipi culturali è la famiglia, che si innesta nel sistema più ampio della cultura di appartenenza.
La famiglia e la cultura di appartenenza sono un grande repertorio di prototipi dai quali l’individuo attinge, a volte senza troppa consapevolezza o capacità di selezione.
Le ricerche sulla terapia psicologica evidenziano l’utilità di capire come le persone assorbano cultura dalla famiglia di provenienza, e come portino con se inconsapevolmente questo bagaglio1.
Chiunque può essere addestrato praticamente e sensibilizzato culturalmente nel riconoscere i prototipi che emergono nella conversazione, tramite le tecniche proprietarie Prototype Detection Techniques (PDT) da noi sviluppate e inserite nel metodo HPM (Human Performance Management).
Allo stesso tempo, chiunque può imparare a schermarsi dai prototipi cognitivi negativi che altrimenti vengono assimilati inconsapevolmente, o dai prototipi negativi che circolano in una organizzazione o in un team e ne riducono la performance.
La formazione, il coaching, lo sviluppo organizzativo, quando operano in profondità, sono fortemente finalizzate a riconoscere, smontare e ricomporre i prototipi che le persone utilizzano quotidianamente.
Riflessioni operative:
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riconoscere i prototipi mentali (combinazioni tra credenze, atteggiamenti, valori, ideologie) da cui il soggetto attinge per prendere decisioni e attuare i propri comportamenti;
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capire a quale livello del prototipo si può agire e con quali tecniche mentali e comunicazionali (es.: dimostrazioni, sollecitazione di dissonanze, reality check);
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valutare con quali nuovi prototipi si intende lavorare (sostituzione dei prototipi) e come schermarsi o proteggersi da prototipi controproducenti.
Dopo aver sviluppato la capacità di riconoscere i prototipi (PDT, Prototype Detection Technique), è necessario quindi approfondire la capacità di schermarsi dai prototipi e filtrarli nella vita quotidiana, decidendo attivamente quali debbano rimanere e quali debbano essere rimossi dagli schemi cognitivi che circolano nella vita personale o professionale.
I prototipi cognitivi, in altre parole, rispondo a logiche di evoluzione e non sono da considerare agenti fissi e irremovibili, o non modificabili.
1 Pare, D. A (1996), “Culture and Meaning: Expanding the Metaphorical Repertoire of Family Therapy”, in: Family Processes, 1996 Mar; 35(1):21-42.
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