Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani “Il potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance”. Franco Angeli editore, Milano.
Ogni atto di volontà richiede una carica interiore
Bisognerebbe tentare di essere felici, non fosse altro per dare l’esempio.
(Jacques Prévert)
L’umore è uno degli elementi più esplicitamente correlati alle energie mentali, e dalle forti capacità “contagiose”, in bene e in male.
Un umore è una condizione emotiva di maggiore durata rispetto all’emozione istantanea, e meno collegata ad un singolo evento scatenante.
I tipi di personalità sono invece tratti più duraturi che predispongono a tipi di umore specifici. Lottare contro l’eredità umorale appresa è una sfida nobile.
Secondo Thayer, l’umore è un prodotto di due dimensioni, l’energia e la tensione[1]. Gli umori positivi avvengono in zone di energie elevate e stato di calma, mentre ci sentiamo peggio quando siamo in condizione di basse energie fisiche accompagnate a tensione emotiva.
Bassi livelli di energie mentali sono in genere accompagnati da condizioni umorali negative, tristezza, depressione, mentre alti livelli sono accompagnati da stati positivi, dal rilassamento sino alla gioia e all’euforia.
Ciò che ci interessa maggiormente in termini di coaching analitico è il concetto di mood awareness[2], la consapevolezza dello stato umorale, una capacità specifica ed allenabile, composta da mood labeling (saper etichettare lo stato emotivo in corso) e mood monitoring (saper monitorare l’andamento del proprio umore, coscientemente, tener traccia delle variazioni).
Il labeling, in particolare, rappresenta il ponte essenziale tra il sentimento interno e la possibilità di comunicarlo.
Comunicare ad altri come ci si sente è importantissimo, ed è tema di cui si occupano molte ricerche, che giungono a inquadrare il concetto di empatia interna[3], o la capacità di capirsi. Questa dipende anche dalla capacità di trovare etichette (verbali) per gli stati cognitivi e per i sentimenti vissuti.
Conoscere i propri stati e non negarli è essenziale, ma poi serve la capacità di descriverli e – soprattutto – l’occasione fisica, vera, di parlarne a qualcuno che ci ascolti. Trovare oggi chi sia in grado da farci da contenitore emotivo è qualcosa di estremamente raro, ma non è su questo che mi voglio soffermare ora. Il fattore tecnico è che anche quando questa occasione di ascolto accade, non siamo sufficientemente capaci di esprimere i nostri veri sentimenti con precisione. Di questo ogni coach, leader o psicologo dovrebbe tenere conto.
Più in generale, la capacità di riuscire a dare nome e descrizione ai processi mentali in corso (cognitive labeling skills) permette di crescere psicologicamente.
[1] Thayer, R. E. (1989), The biopsychology of mood and arousal, Oxford University Press, New York, NY.
Thayer, R. E. (1996), The origin of everyday moods: Managing energy, tension and stress, Oxford University Press, New York, NY.
Thayer, R. E. (2001), Calm Energy, Oxford University Press, New York, NY.
[2] Woodhouse, S. S., Gelso, C.J. (2008), Volunteer Client Adult Attachment, Memory for In-Session Emotion, and Mood Awareness: An Affect Regulation Perspective, Journal of Counseling Psychology, v. 55, n. 2, pp. 197-208, Apr.
[3] Jackson, E. (1986), Internal Empathy, Cognitive Labeling, and Demonstrated Empathy, Journal of Humanistic Education and Development, v. 24, n. 3, pp. 104-115, Mar.
Infatti, non è per nulla scontato sapere come ci si sente, riuscire a riflettervi sopra analiticamente, o riuscire a comunicarlo, prima che gli umori diventino distruttivi. Molti subiscono lo stato umorale passivamente, o non riescono a condividerlo, o essere ascoltati, e in questo modo non arrivano a scardinare i meccanismi che lo generano, o replicare stati positivi.
Le energie mentali producono specifici stati umorali. Nella fig. 2 vediamo diverse tipologie.
La domanda primaria rispetto allo schema evidenziato è “come ti senti?” L’attività di scavo deve riguardare invece il “perché ti senti così?”
All’interno delle risposte devono essere notati e scoperti i meccanismi di ragionamento che depotenziano e corrodono l’umore, le azioni e stili di vita che avvizziscono la persona, gli stili cognitivi disfunzionali, le aree su cui lavorare, e tutte le azioni invece positive da consolidare e rinforzare.
La psicoenergetica nel metodo HPM si occupa dei fattori psicologici che producono tali stati soggettivi o livelli di umore.
In questo lavoro, non è possibile astenersi dal giudizio, non è possibile evitare di applicare valori e criteri di riferimento personali.
In questo, il coaching differenzia sostanzialmente dalla psicoterapia non direttiva, in quanto arriva a dare giudizi di valore e indicare strade da perseguire.
Figura 2 – Ruota degli stati umorali
Così come il grounding bioenergetico costituisce la base fisica su cui poggia la prestazione, il grounding psicoenergetico crea il fondamento delle energie psicologiche, dando corpo alla volontà, al senso di potercela fare, alla voglia di andare avanti. Ogni atto di volontà richiede una carica interiore.
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