Rilevazione e smontaggio dei prototipi

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.

Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Regie di Cambiamento”, Franco Angeli editore, Milano.

Vediamo il caso in cui un gruppo di dirigenti stia negoziando quale sia la modalità migliore per sviluppare le proprie risorse umane e motivarle. Un esempio di prototipo errato che inizia a circolare nella riunione può essere “qui non bisogna fare della teoria ma della pratica”. Il portatore del prototipo in questo caso è l’Amministratore Delegato.

Questo prototipo può venire espresso in molti formati, ad esempio:

  • una pseudo-citazione da Napoleone: “sa qual era la strategia di Napoleone: tutta azione!”;

  • frasi ad effetto: “io voglio vedere attività, voglio azione, non mi interessa la teoria”; “quello che conta è la rapidità”;

  • attacchi diretti: “state perdendo tempo a discutere di piani e strategie, tutta teoria, il bilancio a fine anno non si fa con la teoria!”.

Questo prototipo è errato poiché nessun intervento su una organizzazione complessa può fare a meno di una qualche forma di teoria.

Un prototipo mentale errato richiede la ricerca di un contro-prototipo alternativo e sostitutivo. Ad esempio il contro-prototipo diventa: “agire senza teoria significa procedere senza una mappa di dove si stia andando”. Affermare che un bilancio di fine anno non dipende da teorie significa affermare che non esiste nemmeno una “teoria del bilancio aziendale” fatta di costi meno i ricavi, e che ciascuno dei fattori ha a sua volta dei sub-fattori. Le teorie, anche se latenti, sono indispensabili per poter decidere dove agire bene.

Quando un prototipo disfunzionale come “agite senza teoria”, un cataclisma mentale di questo tipo – si propaga all’interno dell’impresa – esso può arrivare a permeare tutta l’organizzazione, con ricadute disastrose.

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©Copyright. Vietata la copia o riproduzione non autorizzata. Per contatti. Altri approfondimenti sul volume sono disponibili alla sezione dedicata alla Psicologia, Formazione e Coaching sul sito Studiotrevisani e sul blog Formazione Aziendale, risorse per la Formazione e Risorse Umane.

Tra genetica e memetica: evoluzione delle mappe mentali


© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.

Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Regie di Cambiamento”, Franco Angeli editore, Milano.

Ogni prototipo o modo di pensare è una “creatura mentale” e può spegnersi dopo poco, o invece evolvere, moltiplicarsi e diffondersi. La storia è piena di questi fenomeni. Mentre alcune idee si affievoliscono immediatamente nell’oscurità, altri si diffondono orizzontalmente attraverso società (nello spazio fisico e tra strati sociali), e temporalmente da una generazione ad un altra. Spesso lungo la strada subiscono modifiche, distorcenti o migliorative.

Come il DNA codifica istruzioni per dare forma e mantenere organismi viventi, le idee sembrano subire un processo analogo all’evoluzione biologica.

Le scienze sociali hanno cercato di capire le correlazioni tra evoluzioni delle idee ed evoluzioni delle specie. Come osserva Gabora1, dobbiamo a Dawkins2 l’introduzione della nozione di “meme” o rappresentazione mentale (mental representation), utile per confrontarla con quella di “gene” e capire come il “meme” agisca nel trasmettersi da persona a persona.

Il meme, secondo Dawkins, è un replicator di informazioni culturali analogo al gene. Nelle sue parole: “proprio come i geni si propagano da corpo a corpo attraverso sperma o uova, così fanno i memi trasmettendosi da cervello a cervello”3.

In altre parole, la comunicazione non è solo un atto tecnico, ma una trasmissione nel tempo e nello spazio di modi di pensare e di idee, che possono contaminare interi gruppi o anche micro-gruppi quali i team aziendali o persino raggruppamenti situazionali di brevissimo termine. Anche in un gruppo di persone che si riunisce per poche ore per negoziare (es.: cliente e fornitore) possiamo riconoscere il fluire di “memi” e il loro tentativo di trasmettersi e dominare la sessione in corso (nel sistema HPM, questi vengono da noi denominati tentativi di leadership memetica).

Alcuni scienziati hanno anche adattato modelli matematici di genetica di popolazione ed epidemiologia per modellare l’espansione delle idee (Cavalli-Sforza & Feldman4, Lumsden & Wilson5, Schuster & Sigmund6, Hofbauer & Sigmund7). La scienza che dovrebbe occuparsi di questa trasmissione è denominata da Dawkins “memetica”, una sorta di “genetica” della trasmissione del pensiero.

I prototipi cognitivi permeano quindi sia le vita delle persone che delle organizzazioni, si trasmettono. Il canale di trasmissione è la comunicazione e l’osservazione altrui, sia intenzionale che non intenzionale. Le regie intendono lottare contro l’apprendimento/assorbimento passivo dei memi e aiutare l’individuo o l’organizzazione a riprendere il controllo sui canali dai quali dai quali essi vengono assorbiti.

Nella vita quotidiana, possiamo intervenire in una riunione o colloquio quando riconosciamo un prototipo disfunzionale emergere, possiamo cercare di etichettarlo, di “smontarlo”, di valutare se sia o meno produttivo.

La teoria dei prototipi cognitivi consente l’esplorazione e la trasformazione di uno spazio informativo (information space), per poi intervenire sulla sua variazione, selezione e replicazione. Ogni riunione, ogni negoziazione, ogni incontro, mettono “sul tavolo” una enorme mole di dati, di informazioni, di modi di concepire il mondo, e di informazioni sui parlanti stessi.

Agire con locus-of-control e leadership memetica (atteggiamento di autodeterminazione) significa decidere che sia possibile riconoscere, smontare, manipolare quell’information space, analizzarlo con il microscopio, e anche osservarlo dall’alto, riprendere le redini di ciò che accade nella comunicazione e nella crescita individuale, quali idee meritino di dominare, e quali di sparire.

1 Gabora, L., (1997), “The Origin and Evolution of Culture and Creativity”, in

Journal of MemeticsEvolutionary Models of Information Transmission, 1.

2 Dawkins, R., (1976), The Selfish Gene, Oxford University Press. Trad. it. Il gene egoista, Mondadori, Milano, 1995.

3 Dawkins (ibidem).

4 Cavalli-Sforza, L. L. & Feldman, M. W. (1981), Cultural transmission and evolution: A quantitative approach, Princeton University Press.

5 Lumsden, C. & Wilson, E. O. (1981), Genes, Mind, and Culture, Harvard University Press.

6 Schuster, P. & Sigmund, K. (1983), “Replicator Dynamics”, in Journal of Theoretical Biology, 100, 533-38.

7 Hofbauer, J. & Sigmund, K. (1988), The Theory of Evolution and Dynamical Systems

Hofbauer, J. & Sigmund, K. (1988), The Theory of Evolution and Dynamical Systems,

Cambridge University Press.

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Tra genetica e memetica: evoluzione delle mappe mentali


© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.

Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Regie di Cambiamento”, Franco Angeli editore, Milano.

Ogni prototipo o modo di pensare è una “creatura mentale” e può spegnersi dopo poco, o invece evolvere, moltiplicarsi e diffondersi. La storia è piena di questi fenomeni. Mentre alcune idee si affievoliscono immediatamente nell’oscurità, altri si diffondono orizzontalmente attraverso società (nello spazio fisico e tra strati sociali), e temporalmente da una generazione ad un altra. Spesso lungo la strada subiscono modifiche, distorcenti o migliorative.

Come il DNA codifica istruzioni per dare forma e mantenere organismi viventi, le idee sembrano subire un processo analogo all’evoluzione biologica.

Le scienze sociali hanno cercato di capire le correlazioni tra evoluzioni delle idee ed evoluzioni delle specie. Come osserva Gabora1, dobbiamo a Dawkins2 l’introduzione della nozione di “meme” o rappresentazione mentale (mental representation), utile per confrontarla con quella di “gene” e capire come il “meme” agisca nel trasmettersi da persona a persona.

Il meme, secondo Dawkins, è un replicator di informazioni culturali analogo al gene. Nelle sue parole: “proprio come i geni si propagano da corpo a corpo attraverso sperma o uova, così fanno i memi trasmettendosi da cervello a cervello”3.

In altre parole, la comunicazione non è solo un atto tecnico, ma una trasmissione nel tempo e nello spazio di modi di pensare e di idee, che possono contaminare interi gruppi o anche micro-gruppi quali i team aziendali o persino raggruppamenti situazionali di brevissimo termine. Anche in un gruppo di persone che si riunisce per poche ore per negoziare (es.: cliente e fornitore) possiamo riconoscere il fluire di “memi” e il loro tentativo di trasmettersi e dominare la sessione in corso (nel sistema HPM, questi vengono da noi denominati tentativi di leadership memetica).

Alcuni scienziati hanno anche adattato modelli matematici di genetica di popolazione ed epidemiologia per modellare l’espansione delle idee (Cavalli-Sforza & Feldman4, Lumsden & Wilson5, Schuster & Sigmund6, Hofbauer & Sigmund7). La scienza che dovrebbe occuparsi di questa trasmissione è denominata da Dawkins “memetica”, una sorta di “genetica” della trasmissione del pensiero.

I prototipi cognitivi permeano quindi sia le vita delle persone che delle organizzazioni, si trasmettono. Il canale di trasmissione è la comunicazione e l’osservazione altrui, sia intenzionale che non intenzionale. Le regie intendono lottare contro l’apprendimento/assorbimento passivo dei memi e aiutare l’individuo o l’organizzazione a riprendere il controllo sui canali dai quali dai quali essi vengono assorbiti.

Nella vita quotidiana, possiamo intervenire in una riunione o colloquio quando riconosciamo un prototipo disfunzionale emergere, possiamo cercare di etichettarlo, di “smontarlo”, di valutare se sia o meno produttivo.

La teoria dei prototipi cognitivi consente l’esplorazione e la trasformazione di uno spazio informativo (information space), per poi intervenire sulla sua variazione, selezione e replicazione. Ogni riunione, ogni negoziazione, ogni incontro, mettono “sul tavolo” una enorme mole di dati, di informazioni, di modi di concepire il mondo, e di informazioni sui parlanti stessi.

Agire con locus-of-control e leadership memetica (atteggiamento di autodeterminazione) significa decidere che sia possibile riconoscere, smontare, manipolare quell’information space, analizzarlo con il microscopio, e anche osservarlo dall’alto, riprendere le redini di ciò che accade nella comunicazione e nella crescita individuale, quali idee meritino di dominare, e quali di sparire.

1 Gabora, L., (1997), “The Origin and Evolution of Culture and Creativity”, in

Journal of MemeticsEvolutionary Models of Information Transmission, 1.

2 Dawkins, R., (1976), The Selfish Gene, Oxford University Press. Trad. it. Il gene egoista, Mondadori, Milano, 1995.

3 Dawkins (ibidem).

4 Cavalli-Sforza, L. L. & Feldman, M. W. (1981), Cultural transmission and evolution: A quantitative approach, Princeton University Press.

5 Lumsden, C. & Wilson, E. O. (1981), Genes, Mind, and Culture, Harvard University Press.

6 Schuster, P. & Sigmund, K. (1983), “Replicator Dynamics”, in Journal of Theoretical Biology, 100, 533-38.

7 Hofbauer, J. & Sigmund, K. (1988), The Theory of Evolution and Dynamical Systems

Hofbauer, J. & Sigmund, K. (1988), The Theory of Evolution and Dynamical Systems,

Cambridge University Press.

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Principio della crescita del Potenziale Umano e crescita personale nella vendita

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

Non è sufficiente vendere di più (le vendite possono essere in crescita anche per altri fattori, congiuntura favorevole e fattori che non dipendono dal venditore). Ciò che a noi interessa è l’atteggiamento di professionalità, le vendite in cui il risultato è dovuto alla propria preparazione, una conseguenza del fatto di migliorarsi come persone. Ci interessano le vendite nelle quali la persona si esprime e non quelle “facili”, in cui non si può capire quanto valore aggiunto è stato portato dalla persona e quanto sia il suo reale contributo.

Nel terreno professionale della vendita e negoziazione troviamo enormi potenziali di ricerca sullo sviluppo umano e organizzativo.

La vendita consulenziale tocca da vicino il tema del Potenziale Umano e dello Sviluppo Personale – poiché ogni progetto andato a buon fine richiede che l’essere umano che lo conduce funzioni al pieno del suo potenziale, libero da blocchi psicologici e condizionamenti culturali, con un corpo che lo aiuti e non lo freni, e un team che operi in modo affiatato e trovi coesione e comunicabilità interna. Questi risultati sono decisamente importanti sotto il piano del potenziale umano in azione.

La vendita complessa tocca anche, anzi, si compenetra e avvinghia, nei temi di sviluppo organizzativo – poiché una vendita di successo, una negoziazione produttiva – sono il successo di un cantiere di lavoro, un laboratorio di progettazione e azione, entro un teatro di azione che impegna interi team e a volte intere aziende in un unico sforzo congiunto.

Il principio del Potenziale Umano chiede a chi si occupa di vendita una attenzione particolare alla coltivazione del proprio livello di forma fisica e mentale, di preparazione e di spessore morale, e non solo risultati a fine trimestre.

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©Copyright. Vietata la copia o riproduzione non autorizzata. Per contatti. Altri approfondimenti sul volume sono disponibili alla sezione dedicata alla Vendita Strategica sul sito Studiotrevisani e sul blog Strategic Selling, risorse per la formazione vendite.

Principio della formazione permanente

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

Esistono enormi bisogni di crescita professionale e formazione in chi opera seriamente nella vendita e nella negoziazione.

I contributi (libri, corsi) disponibili sul mercato sono condotti prevalentemente in modo semplicistico, puntano ad un lettore/partecipante che si presume sostanzialmente abbastanza stupido, poco consapevole, da ammaestrare, bisognoso solo di strutture preconfezionate in cui essere impacchettati, regole da un minuto valide con tutti, scorciatoie per imbonire un soggetto-cliente che si presuppone manipolabile o sciocco, tutto il contrario di quanto sappiamo essere utile nella vita reale.

La nostra visione è invece quella di un professionista della negoziazione che dobbiamo preparare a gestire incontri con persone di alto livello, per nulla facili da persuadere o da gestire tramite trucchetti.

Questo evidenzia la necessità per il venditore di crescere sul piano prima di tutto personale, morale e culturale, entro una palestra di vita e professionale dalle enormi opportunità, offerta dalla vendita complessa e dalla negoziazione avanzata.

Per farlo, servono strumenti sul Potenziale Umano e non solo un addestramento alla vendita cieca e standardizzata. L’accademia e la ricerca universitaria non aiutano, come dicevamo, snobbando il tema della vendita e della negoziazione, disinteressandosi a quello che è in realtà un enorme laboratorio di scienze della comunicazione, di sperimentazione sulle dinamiche comunicative, e di formazione.

Possiamo allora cercare luce nella manualistica professionale, ma la maggior parte della letteratura e della formazione sulla vendita e negoziazione (nel mainstream, la tendenza dominante) punta a ridurre i fattori di complessità (a nasconderli, a non esaminarli, perché troppo difficili) e questo si traduce nel proporre formulette semplici – one minute” “fast and easy” – pericolose.

Ma la realtà è complessa, la vendita e la negoziazione sono complesse, la psicologia umana è complessa.

Provate a sostituire un fornitore strategico, e si scatenerà una guerra contro di voi. In termini di comunicazione interpersonale, proverete sulla vostra pelle quanto vi sia completamente inutile accavallare la gamba quando il buyer la accavalla (e altre regole di cosiddetto “rispecchiamento”), o altre bugie semplicistiche come queste, che vengono insegnate in molti corsi di vendita.

Muoversi all’interno di questo ambiente è una sfida per ogni professionista. Gestire una vendita e una negoziazione richiede competenze multi-variate, che provengono da tante discipline diverse e convergono poi in un unico momento: il momento della verità, l’incontro umano, la trattativa, i messaggi reali che ci si scambiano le persone, le conversazioni con il cliente, in azienda, al ristorante, e in ogni momento di verità e vita vissuta.

Nel mondo delle arti marziali esistono competizioni di tipo MMA (Mixed Martial Arts) dove i combattenti possono usare qualsiasi tecnica (boxe, calci, prese, lotta a terra, leve articolari). Questi atleti, gladiatori contemporanei, scoprono ben presto il bisogno di doversi affidare a più preparatori o studiare più discipline, e l’insufficienza della propria esperienza precedente mono-disciplinare. Scoprono il bisogno di doversi allenare in modo permanente e su più discipline (es, mattina boxe, pomeriggio lotta, sera potenziamento muscolare). Lo stesso accade per gli “agonisti” della negoziazione e della vendita. La preparazione deve essere permanente, e utilizzare più discipline e arti, per poter essere pronti nei tanti “momenti della verità”.

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Principio della crescita del Potenziale Umano e crescita personale nella vendita

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

Non è sufficiente vendere di più (le vendite possono essere in crescita anche per altri fattori, congiuntura favorevole e fattori che non dipendono dal venditore). Ciò che a noi interessa è l’atteggiamento di professionalità, le vendite in cui il risultato è dovuto alla propria preparazione, una conseguenza del fatto di migliorarsi come persone. Ci interessano le vendite nelle quali la persona si esprime e non quelle “facili”, in cui non si può capire quanto valore aggiunto è stato portato dalla persona e quanto sia il suo reale contributo.

Nel terreno professionale della vendita e negoziazione troviamo enormi potenziali di ricerca sullo sviluppo umano e organizzativo.

La vendita consulenziale tocca da vicino il tema del Potenziale Umano e dello Sviluppo Personale – poiché ogni progetto andato a buon fine richiede che l’essere umano che lo conduce funzioni al pieno del suo potenziale, libero da blocchi psicologici e condizionamenti culturali, con un corpo che lo aiuti e non lo freni, e un team che operi in modo affiatato e trovi coesione e comunicabilità interna. Questi risultati sono decisamente importanti sotto il piano del potenziale umano in azione.

La vendita complessa tocca anche, anzi, si compenetra e avvinghia, nei temi di sviluppo organizzativo – poiché una vendita di successo, una negoziazione produttiva – sono il successo di un cantiere di lavoro, un laboratorio di progettazione e azione, entro un teatro di azione che impegna interi team e a volte intere aziende in un unico sforzo congiunto.

Il principio del Potenziale Umano chiede a chi si occupa di vendita una attenzione particolare alla coltivazione del proprio livello di forma fisica e mentale, di preparazione e di spessore morale, e non solo risultati a fine trimestre.

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Principio della formazione permanente

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

Esistono enormi bisogni di crescita professionale e formazione in chi opera seriamente nella vendita e nella negoziazione.

I contributi (libri, corsi) disponibili sul mercato sono condotti prevalentemente in modo semplicistico, puntano ad un lettore/partecipante che si presume sostanzialmente abbastanza stupido, poco consapevole, da ammaestrare, bisognoso solo di strutture preconfezionate in cui essere impacchettati, regole da un minuto valide con tutti, scorciatoie per imbonire un soggetto-cliente che si presuppone manipolabile o sciocco, tutto il contrario di quanto sappiamo essere utile nella vita reale.

La nostra visione è invece quella di un professionista della negoziazione che dobbiamo preparare a gestire incontri con persone di alto livello, per nulla facili da persuadere o da gestire tramite trucchetti.

Questo evidenzia la necessità per il venditore di crescere sul piano prima di tutto personale, morale e culturale, entro una palestra di vita e professionale dalle enormi opportunità, offerta dalla vendita complessa e dalla negoziazione avanzata.

Per farlo, servono strumenti sul Potenziale Umano e non solo un addestramento alla vendita cieca e standardizzata. L’accademia e la ricerca universitaria non aiutano, come dicevamo, snobbando il tema della vendita e della negoziazione, disinteressandosi a quello che è in realtà un enorme laboratorio di scienze della comunicazione, di sperimentazione sulle dinamiche comunicative, e di formazione.

Possiamo allora cercare luce nella manualistica professionale, ma la maggior parte della letteratura e della formazione sulla vendita e negoziazione (nel mainstream, la tendenza dominante) punta a ridurre i fattori di complessità (a nasconderli, a non esaminarli, perché troppo difficili) e questo si traduce nel proporre formulette semplici – one minute” “fast and easy” – pericolose.

Ma la realtà è complessa, la vendita e la negoziazione sono complesse, la psicologia umana è complessa.

Provate a sostituire un fornitore strategico, e si scatenerà una guerra contro di voi. In termini di comunicazione interpersonale, proverete sulla vostra pelle quanto vi sia completamente inutile accavallare la gamba quando il buyer la accavalla (e altre regole di cosiddetto “rispecchiamento”), o altre bugie semplicistiche come queste, che vengono insegnate in molti corsi di vendita.

Muoversi all’interno di questo ambiente è una sfida per ogni professionista. Gestire una vendita e una negoziazione richiede competenze multi-variate, che provengono da tante discipline diverse e convergono poi in un unico momento: il momento della verità, l’incontro umano, la trattativa, i messaggi reali che ci si scambiano le persone, le conversazioni con il cliente, in azienda, al ristorante, e in ogni momento di verità e vita vissuta.

Nel mondo delle arti marziali esistono competizioni di tipo MMA (Mixed Martial Arts) dove i combattenti possono usare qualsiasi tecnica (boxe, calci, prese, lotta a terra, leve articolari). Questi atleti, gladiatori contemporanei, scoprono ben presto il bisogno di doversi affidare a più preparatori o studiare più discipline, e l’insufficienza della propria esperienza precedente mono-disciplinare. Scoprono il bisogno di doversi allenare in modo permanente e su più discipline (es, mattina boxe, pomeriggio lotta, sera potenziamento muscolare). Lo stesso accade per gli “agonisti” della negoziazione e della vendita. La preparazione deve essere permanente, e utilizzare più discipline e arti, per poter essere pronti nei tanti “momenti della verità”.

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PPO: Prodotti a potere omeostatico, leve omeostatiche

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.

Dal volume Psicologia di Marketing e Comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management. Franco Angeli editore, Milano.

Il valore erogato da tali prodotti proviene dal mantenere una situazione positiva nelle condizioni in cui si trova. Ad esempio, un programma di manutenzione del disco rigido di un computer che ne consenta la permanenza in condizioni ottimali. Proseguendo l’esempio nel settore food ed applicando la leva omeostatica: “il nostro formaggio light ti aiuta a rimanere in forma” (manteniamo uno stato gradevole).

L’analisi omeostatica andrà quindi alla ricerca di quali situazioni gradevoli siano attualmente vissute dall’individuo in relazione al prodotto, o in relazione alla propria vita, per poi assicurare che tali condizioni non vengano meno, non vengano messe in pericolo da fattori esterni o eliminate in innovazioni errate di prodotto. L’innovazione errata può riguardare anche altre componenti dell’offerta, tra cui le politiche di pricing, distributive e promozionali

Diversi casi di innovazione di prodotto hanno determinato un degrado o la sparizione completa di caratteristiche altamente apprezzate dagli utilizzatori1. Se prima di svolgere le modifiche, fosse stato chiesto ad un campione di utilizzatori “cosa ti piace attualmente nel prodotto, cosa vorresti non fosse mai tolto?” questo avrebbe rimosso dal campo il problema.

Le leve di vendita omeostatiche faranno pertanto riferimento alle condizioni attuali di gradevolezza esistenziale e alle proprietà del prodotto di assicurarne la permanenza.

Da un punto di vista puramente logico, è possibile argomentare che le proprietà omeostatiche sono, in fin dei conti, proprietà preventive: mantenere situazioni invariate, significa prevenirne il cambiamento. Ma la logica non è il terreno della psicologia del consumatore.

Nei colloqui in profondità con consumatori questa differenziazione emerge. Cioè, le esperienze pratiche hanno evidenziato che è significativamente diverso, dal punto di vista psicologico, fare un’analisi delle situazioni che il soggetto percepisce come positive nella sua vita oggi, rispetto al fare un’analisi di quali sono i timori futuri. I campi psicologici esplorati sono diversi (attuale vs. futuro). E di questo dobbiamo prenderne atto, malgrado la logica.

Se il campo della logica di consumo equivalesse al campo della psicologia di consumo, vivremmo in un mondo completamente robotizzato, non esisterebbero culture, non esisterebbero contraddizioni, non esisterebbero incongruenze. In altre parole, non esisterebbe nemmeno l’uomo.

1 Un esempio concreto è dato dalla creazione di grafici di posizionamento (grafici a dispersione o grafici XY) in cui si voglia ottenere l’inserimento di “etichette dei casi”. L’inserimento di “etichette dei casi”, estremamente facile da realizzare nei modelli di foglio elettronico dei primi anni ’90, era diventato – dopo dieci anni di cosiddette “innovazioni” del software – praticamente impossibile da realizzare, creando frustrazione negli utilizzatori.

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©Copyright. Vietata la copia o riproduzione non autorizzata. Per contatti. Altri approfondimenti sul volume sono disponibili alla sezione dedicata alla Psicologia del Marketing e Comunicazione sul sito Studiotrevisani e sul blog Psicologia di Marketing, risorse per la formazione vendite.

PPA: Prodotti a potere anticipatorio, leve anticipatorie

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.

Dal volume Psicologia di Marketing e Comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management. Franco Angeli editore, Milano.

La proprietà di questa categoria di prodotti è data dalla capacità di anticipare stati di bisogno futuro, prevenendone l’insorgenza. Un esempio è dato dalla categoria di integratori dietetici utilizzati per prevenire malattie (es.: prodotti contro i radicali liberi per prevenire l’invecchiamento cellulare): l’individuo assume tali sostanze non per risolvere un problema organico esistente, ma per anticipare un problema futuro. Il problema organico futuro diventa problema psicologico attuale del soggetto, nel momento stesso in cui il consumatore inizia ad elaborarlo, a percepirlo, a rendersene conto (fase di attualizzazione).

Proseguendo l’esempio nel settore food, una casa produttrice può promuovere un prodotto utilizzando la leva anticipatoria, evidenziando che “il nostro formaggio light previene l’insorgenza di livelli elevati di colesterolo nel sangue” (preveniamo l’arrivo di un problema fisico che tu ora non hai).

I prodotti anticipatori fanno chiaramente leva su pulsioni d’acquisto negative (ansie, paure, preoccupazioni) per le quali il prodotto/servizio viene proposto come metodo di prevenzione.

Anche in questo caso la competenza nella tecnica di intervista o analisi dovrà essere in grado di evidenziare quali timori caratterizzano il consumatore potenziale – relativamente alla categoria di prodotto – e ne frenano lo sviluppo e diffusione creando barriere mentali. La tecnica permette di progettare le caratteristiche preventive del prodotto (benefit a valore preventivo), realizzando in questo modo una analisi anticipatoria.

Ad esempio, vediamo questa trascrizione di intervista ad una ragazza, nella quale si stanno analizzando i timori che ne caratterizzano la vita quotidiana.

Quando torno da sola alla notte, finito il lavoro al ristorante, mi trovo spesso a pensare a cosa succederebbe se bucassi una gomma in aperta campagna, in una strada isolata, al buio, con la pioggia. Mi piacerebbe moltissimo che esistesse un pulsante di autoriparazione della gomma, qualcosa che non mi costringa a scendere dalla macchina.

Questo frammento permette di avviare lo studio di un ipotesi di marketing: è possibile creare un sistema di riparazione automatica del pneumatico basato su schiume (o altri metodi) che riparano automaticamente la gomma, attivabile con un comando nel cruscotto?

Oppure l’analisi potrebbe evidenziare il timore di non disporre di potenza sufficiente in caso di sorpassi in condizioni difficili:

un’altra cosa che mi fa paura è quando sorpasso. Ho sempre il timore di non farcela, di trovarmi in mezzo, e magari vedere un’auto che arriva sulla corsia opposta. Quando sorpasso i camion ho molta paura.

Questo dato fornisce lo spunto per progettare e implementare un booster addizionale d’emergenza che si attiva con una pressione elevata sul pedale dell’acceleratore (o qualsiasi altra soluzione che ottenga lo stesso risultato) e riduca l’ansia del consumatore.

Un’analisi anticipatoria ulteriore evidenzia la difficoltà di molti viaggiatori frequenti (agenti, rappresentanti, consulenti, autisti, pendolari) legata alle insidie della nebbia:

Delle volte, con la nebbia, mi metterei le mani nei capelli. Immagino già quest’inverno quando dovrò ricominciare a fare dei chilometri. Mi piacerebbe un sistema che mi indichi la strada. Vorrei poterci vedere attraverso la nebbia, individuare gli ostacoli, capire se oltre quella cortina c’è un incrocio o un auto ferma. A volte in autostrada mi chiedo “e se oltre quel muro di nebbia ci fossero delle auto ferme?”.

Sistemi di navigazione satellitare, sistemi radar, o altri metodi di supporto alla guida, magari con proiezione dei percorsi sul vetro di guida, troveranno davanti a se un terreno fertile, grazie alle indicazioni provenienti dall’analisi anticipatoria di marketing.

È naturale che l’analisi anticipatoria debba occuparsi di cogliere dei segnali, capire delle problematiche. Altri metodi di ricerca, di natura più quantitativa, possono permettere di valutare quanto esteso è il problema sul mercato, quante persone ne sono interessate, e quindi se esiste un potenziale di mercato, o se il bacino di mercato è troppo ristretto per consentire un investimento profittevole. Ciò che importa, comunque, è che l’analisi anticipatoria consenta di capire le direzioni del bisogno, guidando di conseguenza gli sforzi aziendali per creare prodotti di successo.

Non esistono limiti all’analisi anticipatoria. Gli unici limiti sono dati dalla fantasia e dai bisogni del consumatore e dalla capacità dell’azienda di coglierli.

Le leve di vendita anticipatorie sono costituite dalle argomentazioni relative alla capacità del prodotto di prevenire l’insorgenza di problemi futuri. Trattandosi di problemi non ancora esperiti dall’individuo, o non al momento, è necessario che le problematiche acquistino concretezza, possiedano una certa gravità, e che il soggetto si senta concretamente esposto in prima persona ai rischi sui quali si applicano le leve anticipatorie.

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©Copyright. Vietata la copia o riproduzione non autorizzata. Per contatti. Altri approfondimenti sul volume sono disponibili alla sezione dedicata alla Psicologia del Marketing e Comunicazione sul sito Studiotrevisani e sul blog Psicologia di Marketing, risorse per la formazione vendite.

PPO: Prodotti a potere omeostatico, leve omeostatiche

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.

Dal volume Psicologia di Marketing e Comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management. Franco Angeli editore, Milano.

Il valore erogato da tali prodotti proviene dal mantenere una situazione positiva nelle condizioni in cui si trova. Ad esempio, un programma di manutenzione del disco rigido di un computer che ne consenta la permanenza in condizioni ottimali. Proseguendo l’esempio nel settore food ed applicando la leva omeostatica: “il nostro formaggio light ti aiuta a rimanere in forma” (manteniamo uno stato gradevole).

L’analisi omeostatica andrà quindi alla ricerca di quali situazioni gradevoli siano attualmente vissute dall’individuo in relazione al prodotto, o in relazione alla propria vita, per poi assicurare che tali condizioni non vengano meno, non vengano messe in pericolo da fattori esterni o eliminate in innovazioni errate di prodotto. L’innovazione errata può riguardare anche altre componenti dell’offerta, tra cui le politiche di pricing, distributive e promozionali

Diversi casi di innovazione di prodotto hanno determinato un degrado o la sparizione completa di caratteristiche altamente apprezzate dagli utilizzatori1. Se prima di svolgere le modifiche, fosse stato chiesto ad un campione di utilizzatori “cosa ti piace attualmente nel prodotto, cosa vorresti non fosse mai tolto?” questo avrebbe rimosso dal campo il problema.

Le leve di vendita omeostatiche faranno pertanto riferimento alle condizioni attuali di gradevolezza esistenziale e alle proprietà del prodotto di assicurarne la permanenza.

Da un punto di vista puramente logico, è possibile argomentare che le proprietà omeostatiche sono, in fin dei conti, proprietà preventive: mantenere situazioni invariate, significa prevenirne il cambiamento. Ma la logica non è il terreno della psicologia del consumatore.

Nei colloqui in profondità con consumatori questa differenziazione emerge. Cioè, le esperienze pratiche hanno evidenziato che è significativamente diverso, dal punto di vista psicologico, fare un’analisi delle situazioni che il soggetto percepisce come positive nella sua vita oggi, rispetto al fare un’analisi di quali sono i timori futuri. I campi psicologici esplorati sono diversi (attuale vs. futuro). E di questo dobbiamo prenderne atto, malgrado la logica.

Se il campo della logica di consumo equivalesse al campo della psicologia di consumo, vivremmo in un mondo completamente robotizzato, non esisterebbero culture, non esisterebbero contraddizioni, non esisterebbero incongruenze. In altre parole, non esisterebbe nemmeno l’uomo.

1 Un esempio concreto è dato dalla creazione di grafici di posizionamento (grafici a dispersione o grafici XY) in cui si voglia ottenere l’inserimento di “etichette dei casi”. L’inserimento di “etichette dei casi”, estremamente facile da realizzare nei modelli di foglio elettronico dei primi anni ’90, era diventato – dopo dieci anni di cosiddette “innovazioni” del software – praticamente impossibile da realizzare, creando frustrazione negli utilizzatori.

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