Sondaggio sui valori della vita

Link ad un nostro sondaggio a scelta libera (è possibile barrare più caselle), per confrontarsi con alcune grandi scelte (chi lo compila potrà inoltre vedere i risultati complessivi, immediatamente, proprio al termine della compilazione)

Sondaggio breve: Cosa conta di più nella vita? (risposta libera)

  • Credere in qualcosa
  • Aiutare gli altri
  • Potere
  • Avere un sogno
  • Amicizia
  • Realizzarsi
  • Sentirsi liberi
  • La carica mentale
  • La salute
  • Far vedere chi sei
  • La sicurezza in se stessi
  • Poter contare su qualcuno
  • Sentirsi forti
  • Le conoscenze (la cultura)
  • Poter condividere esperienze
  • Sesso
  • Essere amati
  • Essere curiosi
  • Sapere cosa vuoi davvero
  • Il successo professionale
  • Denaro
  • L’onore
  • Proteggere i deboli

Per compilare questo sondaggio online, e visualizzare i risultati, vedi Sondaggio sui valori della vita « Studiotrevisani’s Weblog.

Fare formazione nel turismo partendo dai comportamenti reali

Un obiettivo della struttura turistica: creare fluidità di azione e comportamento “scorrevole”

© Articolo a cura di Daniele Trevisani, www.studiotrevisani.it – Copyright

Se pensiamo ad un dilettante, di qualsiasi disciplina sportiva o manageriale, o in un’area della vita (anche banale, es: cambiare un pannolino per la prima volta), e osserviamo i suoi movimenti, li troveremo goffi, impacciati, “a scatti”, non armonici. La “prima volta” è quasi sempre un atto intriso di goffaggine.

Se studiamo una persona padrona di sè nella propria attività, possiamo intravedere movimenti fluidi, armonici, rapidi o lenti ma sempre concordanti tra loro. Oltre alla fluidità fisica del movimento, notiamo un senso di dominio generale, una sicurezza che deriva dall’“essere padroni” della situazione.

Lo stesso accade nelle strutture turistiche. In un campeggio, in un hotel, in un villaggio, in una città, il cliente si accorge subito da pochi dettagli se il personale di front line, gli operatori, e la direzione, sono formati, sono fluidi, o sono spinosi, o impacciati, o litigano tra di loro, se hanno o non hanno a cura la comunicazione verso di lui. Quando tutto fluisce il cliente ritorna.

Questo modo di operare viene chiamato anche “agire in stato di flusso”, e vale sia per le attività fisiche che per le attività manageriali, come il condurre una trattativa o negoziare, o gestire il clietne

La palestra di formazione intende mettere il soggetto in condizioni di sperimentare progressivamente diversi “esercizi” sul cambiamento nella direzione desiderata. Intende alimentare la padronanza, la sicurezza di sè, la certezza delle proprie capacità, far lavorare la persona verso una progressiva assimilazione profonda che porti alla fluidità.

Nelle arti marziali esiste la consapevolezza che l’acquisizione di una tecnica diventa reale solo quando il soggetto non deve fare più alcuno sforzo mentale per padroneggiare la tecnica, ma essa fuoriesce da sola, completamene assimilata e integrata nel self:

Portare una sciabola, maneggiarla, dominarla, diventare una cosa sola con essa, è una pratica alla quale la spiritualità non è aliena. La spiritualità, intesa come lo spiritus – l’”alito essenziale”, il “soffio” dell’anima, controparte della materialità – trova la sua maggiore realizzazione proprio attraverso la cosa più densa, solida e concreta, il metallo. Curiosamente il “metallo”, nella tradizione cosmogonica Orientale (Go Kyo), è l’elemento che comprende i polmoni, come organo, e la loro funzione, la respirazione.

L’Iaido, l’”Arte dello sfoderare la sciabola tagliando”, è stato dominato da due tipi di scuole, opposte e complementari. L’una, incentrata su formule più rigide e ritualizzate; l’altra, focalizzata sul dominio della più nobile delle armi attraverso la fluidità. Senza dubbio, il Maestro Akeshi appartiene a questo secondo genere, come ha dimostrato più volte nei suoi lavori in video.

Secondo questa linea, l’essenziale non è tanto il gesto o la forma, ma la sensibilizzazione ed il dominio. Solo allora, il praticante è in grado di aprirsi all’atto magico dell’esecuzione impeccabile ed economica, alla maestria, che è lo scopo che, nella sostanza, tutte le scuole marziali perseguono al suo massimo livello.

Per questo il Maestro Sueyoshi propone una metodologia di allenamento, nella quale l’allievo deve familiarizzare con la sua arma fino a quando essa si trasforma per prima cosa in un’estensione delle sue mani, poi del suo corpo ed infine della sua respirazione[1].

 

La palestra di cambiamento e di formazione nel turismo intende portare il soggetto a “dominare” il campo di cui vuole impadronirsi, diventare una cosa sola con esso, e non solo farvi un “riscaldamento teorico”. Concetti come ascolto, gestire il reclamo, dare informazioni con piacere, seguire i bisogni del cliente, creare rapporto, creare fiducia, devono passare dal teorico al pratico, con un coaching e una formazione adeguata.

Il passaggio del dominio dell’arma è suggestivo; il metallo che diventa prima oggetto inanimato, poi estensione dell’arto, poi estensione del corpo, ed infine estensione della respirazione. Questa visione rende bene la metafora sottostante al senso di acquisizione profonda di una tecnica o disciplina.

Anche l’empatia – un esempio di tecnica manageriale e comunicazionale – può essere vista prima come semplice tecnica da memorizzare (imparare formule comportamentali e domande da porre, o frasi preconfezionate da pronunciare meccanicamente), poi può diventare un’abito mentale, fino a trasformarsi in un modo di essere. La formazione che funziona nel turismo è quella che tocca e fa sperimentare con esercitazioni le azioni quotidiane, vere, che permea la persona senza sforzo, che parla di qualcosa che il cliente tocca con mano, essere ascoltato e capito. E questo lo porta a stare bene e poi a tornare. La formazione serve per questo.

Lo stesso vale per ogni altro target di cambiamento, sia esso la vendita,  l’assertività, o la sicurezza in sè e l’autostima o ancora la capacità di decision-making o di leadership.

Il senso della spiritualità del percorso, della palestra, della bottega di apprendistato, pervade ogni serio percorso di formazione o di cambiamento. Anche nel turismo.

Copyright Daniele Trevisani, www.studiotrevisani.it

 

Fonti:

Daniele Trevisani (2007). Regie di Cambiamento. Franco Angeli editore, Milano.

Daniele Trevisani (2008). Psicologia delle performance e del potenziale umano. Franco Angeli editore, Milano (in pubblicazione).


[1] Grassetto nostro, da: Tucci, Alfredo (2005). L’arte senza artificio. In Budo International, settembre 2005, p.24.

© Articolo a cura di Daniele Trevisani, www.studiotrevisani.it – Copyright, è probita la copia o divulgazione senza la citazione dell’autore e del sito di provenienza.

Formazione nel turismo

Fare una buona formazione nel turismo: I Principi basilari…

© Articolo a cura di Daniele Trevisani, www.studiotrevisani.it – Copyright

Chi desidera risultati deve porsi il problema di quali esiti vuole raggiungere, e di quale somma di azioni lo porterà nella direzione voluta.

Se i risultati sono una “squadra” che lavora bene in una struttura turistica, sia essa un campeggio, o un hotel, o un intero villaggio, questo significa veramente darsi da fare e non sperare che la squadra si formi da se.

Un insieme di persone non fa squadra, la squadra è un team che segue regole e lavora per un fine comune. Serve quindi un percorso formativo. Vediamo un esempio sul piano fisico: chi desidera dimagrire o migliorare il proprio aspetto sa che non è sufficiente leggere un libro sul fitness, ma occorre iniziare a fare palestra (o correre, o altra attività), impegnarsi in lavoro concreto.

Per cambiare non è sufficiente stare alla superficie delle cose, ma serve una dedizione, un cammino. L’atleta e lo studente sanno anche quanto sia utile dare continuità nel tempo, allenamento dopo allenamento, esame dopo esame. L’atleta sa anche che il suo progresso sarà più rapido se accanto alla attività fisica vi sia un programma di alimentazione strategico, basato sull’acquisire uno stile alimentare positivo, e non è sufficiente mangiare bene in un pranzo e poi dimenticare la dieta per un mese. Anzi, la parola dieta è essa stessa sbagliata, poichè evoca una “pausa” entro un flusso altrimenti scorretto. Favorire uno stile alimentare permanente – non una dieta momentanea – è l’approccio corretto. Questo vale anche nella visione di cosa sia la formazione, il lavoro sul fattore umano in ogni campo.

Non basta dire alle persone “lavorate bene” o “siate gentili”, sono messaggi inutili, come dire “fai il bravo”, si è mai visto qualcuno fare il bravo dopo averglielo raccomandato?

Nel turismo è lo stesso. Non bastano messaggi spot, servono veri e propri programmi formativi per la propria struttura turistica. Raggiungere un risultato richiede assimilare un modo di essere. Esiste una vera e propria spiritualità legata al percorso, una visione del cammino che lo trasforma in qualcosa di valore in sè.

Il percorso formativo diventa un modo per evolvere, assume un valore superiore per il solo fatto di essere intrapreso. I percorsi sono fatti di continuità. I risultati arrivano solo in seguito al lavoro continuativo. Questo vale per il miglioramento sul piano fisico, sul piano manageriale (nella leadership, o nella direzione aziendale) e sul piano personale (il lavoro sulla personalità, sulle emozioni, sulla comunicazione).

La formazione riguarda sia gli operatori che il front line e la direzione. Come fossero una squadra di calcio, tutti portano contributo, ai vari livelli. Dimenticare alcuni sarebbe un pò come allenare solo la difesa e lasciare gli altri ingrassare e bere litri birra, poi dire “adesso assieme tutti in campo”.

Serve quindi una “regia di formazione” (vedi link www.studiotrevisani.it/hpm1/ – dove il senso portante del metodo registico è la capacità di far interiorizzare un cambiamento, farlo diventare un percorso, e non solo di conoscere una nozione (fatto di per se sterile). Posso capire cosa significa la parola o concetto “comunicazione verso il turista”, ma non avere una più pallida idea se la mia comunicazione sia veramente corretta o efficace. Possedere un libro tra gli scaffali senza averlo mai letto e capito è del tutto inutile. Tra cambiare e conoscere esiste una enorme differenza. Posso avere studiato un concetto (es: la saldatura, i tipi di metallo, e la tecnica da usare per i diversi tipi) ma non avere mai saldato niente, e non sapere da che parte iniziare se qualcuno mi chiede di unire due tubi.

La pratica, l’acquisizione, richiedono l’assimilazione negli schemi comportamentali – gli schemi motori o verbali sottostanti – e non solo una assimilazione nozionistica o concettuale.  Nel sito http://studiotrevisani.wordpress.com/ sono disponibili numerosi altri concetti utili per affrontare con serietà un progetto di formazione nel turismo.

© Articolo a cura di Daniele Trevisani, www.studiotrevisani.it – Copyright, è probita la copia o divulgazione senza la citazione dell’autore e del sito di provenienza.

1.7. Amplificare l’espressività

 1.7. Amplificare l’espressività

Esprimersi è importante. In letteratura si distingue un’espressività positiva (generativa di idee e progetti) e un’espressività negativa (poter manifestare stati di disagio, lasciare fuoriuscire le emozioni negative), su cui il patrimonio mentale ricevuto dai genitori ha notevole effetto (Kolak & Volling).

Esiste quindi uno sfondo importante del potenziale personale, il Modeling familiare e sociale: esempi, pensieri,  modelli comportamentali e mentali cui siamo stati esposti ci fanno da sfondo e agiscono spesso a nostra insaputa. Tutti subiamo in qualche misura un imprinting psicologico (modellamento precoce al quale siamo stati esposti nella crescita).

In questo substrato si trovano apprendimenti positivi e negativi.

Prendere coscienza di cosa di buono abbiamo assimilato nella nostra crescita (risorse attive), di cosa invece non abbiamo assimilato (risorse assenti), e dei modelli sbagliati appresi, i modelli che ci danneggiano, la spazzatura mentale che ci circola dentro, è un’operazione eccezionale.

Se potessimo passare al setaccio ogni nostra debolezza, timore, paura, insuccesso, riusciremmo ad arrivare alla radice delle credenze “tossiche” per il nostro sistema, le idee acquisite che ci appartengono ma ci danneggiano.

Ogni singola credenza dannosa che ci assedia da dentro è come un sasso nel nostro motore. Rompe gli ingranaggi, inceppa, arresta, frena, distrugge.

Es: la credenza “devo sempre essere il massimo in ogni campo, sempre” a lungo termine sviluppa ansia, manie, depressione, tensione permanente e corrosiva. La sua impossibilità materiale di concretizzarsi genera frustrazione continua, e non solo stimolo positivo. Se lo portiamo dentro, da dove viene? Quando l’abbiamo imparato? Da chi?

O ancora: “la fortuna dipende solo dal destino: puoi fare ciò che vuoi, ma tanto tutto è già scritto”, produce disimpegno verso lo studio e l’imprenditorialità, genera lassismo e pressapochismo. Se tutto è già scritto, a cosa serve impegnarsi per qualcosa?

Da dove viene questa spazzatura? Quando e da chi è stata appresa?

Oppure immaginiamo quanto la credenza “devi farcela da solo, se chiedi sei un debole” possa impedire ad un leader di apprendere a delegare correttamente, o invece produrre un accentratore incapace di gestire davvero un team, o di fidarsi nel assegnare un obiettivo.

Un caso ancora: il problema dell’utilizzare larga parte del proprio tempo libero a guardare programmi stupidi in televisione anziché dedicarlo alla propria crescita o a contenuti attivi. Da dove viene? Dove lo abbiamo appreso?

Al Modeling sociale precoce, che non è frutto di una scelta o libero arbitrio, il sistema HPM vuole aggiungere un modeling diverso, frutto di una decisione della persona, un atto di coraggio, un grido di emancipazione. Si tratta di una scelta di come e dove utilizzare il proprio tempo positivamente, di quali credenze liberarsi, di quale “cultura” nutrirsi invece di “digerire” a forza ciò che il sistema culturale dominante a ha sinora passato.

HPM lavora soprattutto come metodo di sviluppo nel quale la persona possa valutare la propria situazione in termini di energie, smontare alcune delle “celle” del proprio sistema, capire come radicarsi, e poi procedere in avanti: essere protagonista del proprio sviluppo. Lavora inoltre come sistema di riferimento per i coach e trainer che vogliono assistere le persone e le imprese in questo viaggio.

Che si usi come sistema di analisi della persona la piramide HPM, o altri sistemi più classici  – come la tassonomia di Bloom centrata sui “saperi”, “saper essere”, e “saper fare” – l’essenziale è localizzare in quale direzione sono possibili avanzamenti, e dove agire.

Trovato un buon livello di ancoraggio, o grounding (radicamento), è possibile per ogni persona osare oltre, dare spazio alla propria espressività.

È decisamente vero, quindi, che l’espressività è un tratto in parte appreso, e riceviamo in eredità un dono (se presente, forte, ben accessibile) o un handicap sociale (se inibita, castrata, amputata).

In particolare la figura paterna ha un ruolo leggermente prevalente nell’esprimersi in progetti costruttivi (espressività positiva), mentre la figura materna ha un ruolo leggermente prevalente nel fare da contenitore emotivo, insegnando l’espressività negativa, cioè la nostra capacità di liberare le emozioni negative e non trattenerle dentro a macerare.

Se il patrimonio genitoriale o culturale non è così fortunato, cosa si dovrebbe fare? Arrendersi? Non è il nostro progetto. E se invece fosse magnificamente fortunato, perché non chiedersi cosa possiamo noi conquistare ancora, al di là di quello che abbiamo ricevuto? E come praticare una self-contribution, o contributo autonomo, invece di adagiarsi su quanto ricevuto da altri? Ciò che si conquista vale sempre più di ciò che si riceve gratis.

Riuscire ad esprimersi in progetti, in risultati, nello sport, nel lavoro, nella leadership, o nel comunicare, è qualcosa che si può decidere di apprendere, non è solo questione di genetica o di fortuna.

Nella nostra visione, dobbiamo concentrarci su quello che possiamo fare, e non solo sui limiti. Esistono sfere della vita che sono in nostro potere, zone di obiettivi su cui si può intervenire. Non farlo è sprecare la vita.

Fare focusing (focalizzare e ri-focalizzare), in questo caso, significa prendere coscienza di nuovi traguardi, fare luce su cosa sia vero e falso, esaminare la quantità di bugie e abbagli annidate nelle presunte sfere di impossibilità e possibilità, fare un bilancio, dirigersi verso nuovi orizzonti.

      


Kolak, Amy M., Volling, Brenda L. (2007), Parental Expressiveness as a Moderator of Coparenting and Marital Relationship Quality, Family Relations, v. 56, n. 5, pp. 467-478, Dec.

Bloom Benjamin, S., Krathwohl, David R. (1956), Taxonomy of Educational Objectives. The Classification of Educational Goals, by a committee of college and university examiners. Handbook I: Cognitive Domain, New York, Longmans, Green.

Wong, Maria S., Diener, Marissa L., Isabella, Russell A. (2008), Parents’ Emotion Related Beliefs and Behaviors and Child Grade: Associations with Children’s Perceptions of Peer Competence, Journal of Applied Developmental Psychology, v. 29, n. 3, pp. 175-186, May-Jun.

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Copyright, dal Volume:

“Il Potenziale Umano”

Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

 

Amplificare l’espressività

1.7.  Andare oltre l’eredità mentale, e amplificare l’espressività

Esprimersi è importante. In letteratura si distingue un’espressività positiva (generativa di idee e progetti) e un’espressività negativa (poter manifestare stati di disagio, lasciare fuoriuscire le emozioni negative), su cui il patrimonio mentale ricevuto dai genitori ha notevole effetto (Kolak & Volling)[1].

Esiste quindi uno sfondo importante del potenziale personale, il Modeling familiare e sociale: esempi, pensieri,  modelli comportamentali e mentali cui siamo stati esposti ci fanno da sfondo e agiscono spesso a nostra insaputa. Tutti subiamo in qualche misura un imprinting psicologico (modellamento precoce al quale siamo stati esposti nella crescita).

In questo substrato si trovano apprendimenti positivi e negativi.

Prendere coscienza di cosa di buono abbiamo assimilato nella nostra crescita (risorse attive), di cosa invece non abbiamo assimilato (risorse assenti), e dei modelli sbagliati appresi, i modelli che ci danneggiano, la spazzatura mentale che ci circola dentro, è un’operazione eccezionale.

Se potessimo passare al setaccio ogni nostra debolezza, timore, paura, insuccesso, riusciremmo ad arrivare alla radice delle credenze “tossiche” per il nostro sistema, le idee acquisite che ci appartengono ma ci danneggiano.

Ogni singola credenza dannosa che ci assedia da dentro è come un sasso nel nostro motore. Rompe gli ingranaggi, inceppa, arresta, frena, distrugge.

Es: la credenza “devo sempre essere il massimo in ogni campo, sempre” a lungo termine sviluppa ansia, manie, depressione, tensione permanente e corrosiva. La sua impossibilità materiale di concretizzarsi genera frustrazione continua, e non solo stimolo positivo. Se lo portiamo dentro, da dove viene? Quando l’abbiamo imparato? Da chi?

O ancora: “la fortuna dipende solo dal destino: puoi fare ciò che vuoi, ma tanto tutto è già scritto”, produce disimpegno verso lo studio e l’imprenditorialità, genera lassismo e pressapochismo. Se tutto è già scritto, a cosa serve impegnarsi per qualcosa?

Da dove viene questa spazzatura? Quando e da chi è stata appresa?

Oppure immaginiamo quanto la credenza “devi farcela da solo, se chiedi sei un debole” possa impedire ad un leader di apprendere a delegare correttamente, o invece produrre un accentratore incapace di gestire davvero un team, o di fidarsi nel assegnare un obiettivo.

Un caso ancora: il problema dell’utilizzare larga parte del proprio tempo libero a guardare programmi stupidi in televisione anziché dedicarlo alla propria crescita o a contenuti attivi. Da dove viene? Dove lo abbiamo appreso?

Al Modeling sociale precoce, che non è frutto di una scelta o libero arbitrio, il sistema HPM vuole aggiungere un modeling diverso, frutto di una decisione della persona, un atto di coraggio, un grido di emancipazione. Si tratta di una scelta di come e dove utilizzare il proprio tempo positivamente, di quali credenze liberarsi, di quale “cultura” nutrirsi invece di “digerire” a forza ciò che il sistema culturale dominante a ha sinora passato.

HPM lavora soprattutto come metodo di sviluppo nel quale la persona possa valutare la propria situazione in termini di energie, smontare alcune delle “celle” del proprio sistema, capire come radicarsi, e poi procedere in avanti: essere protagonista del proprio sviluppo. Lavora inoltre come sistema di riferimento per i coach e trainer che vogliono assistere le persone e le imprese in questo viaggio.

Che si usi come sistema di analisi della persona la piramide HPM, o altri sistemi più classici  – come la tassonomia di Bloom centrata sui “saperi”, “saper essere”, e “saper fare”[2] – l’essenziale è localizzare in quale direzione sono possibili avanzamenti, e dove agire.

Trovato un buon livello di ancoraggio, o grounding (radicamento), è possibile per ogni persona osare oltre, dare spazio alla propria espressività.

È decisamente vero, quindi, che l’espressività è un tratto in parte appreso, e riceviamo in eredità un dono (se presente, forte, ben accessibile) o un handicap sociale (se inibita, castrata, amputata).

In particolare la figura paterna ha un ruolo leggermente prevalente nell’esprimersi in progetti costruttivi (espressività positiva), mentre la figura materna ha un ruolo leggermente prevalente nel fare da contenitore emotivo, insegnando l’espressività negativa, cioè la nostra capacità di liberare le emozioni negative e non trattenerle dentro a macerare[3].

Se il patrimonio genitoriale o culturale non è così fortunato, cosa si dovrebbe fare? Arrendersi? Non è il nostro progetto. E se invece fosse magnificamente fortunato, perché non chiedersi cosa possiamo noi conquistare ancora, al di là di quello che abbiamo ricevuto? E come praticare una self-contribution, o contributo autonomo, invece di adagiarsi su quanto ricevuto da altri? Ciò che si conquista vale sempre più di ciò che si riceve gratis.

Riuscire ad esprimersi in progetti, in risultati, nello sport, nel lavoro, nella leadership, o nel comunicare, è qualcosa che si può decidere di apprendere, non è solo questione di genetica o di fortuna.

Nella nostra visione, dobbiamo concentrarci su quello che possiamo fare, e non solo sui limiti. Esistono sfere della vita che sono in nostro potere, zone di obiettivi su cui si può intervenire. Non farlo è sprecare la vita.

Fare focusing (focalizzare e ri-focalizzare), in questo caso, significa prendere coscienza di nuovi traguardi, fare luce su cosa sia vero e falso, esaminare la quantità di bugie e abbagli annidate nelle presunte sfere di impossibilità e possibilità, fare un bilancio, dirigersi verso nuovi orizzonti.


[1] Kolak, Amy M., Volling, Brenda L. (2007), Parental Expressiveness as a Moderator of Coparenting and Marital Relationship Quality, Family Relations, v. 56, n. 5, pp. 467-478, Dec.

[2] Bloom Benjamin, S., Krathwohl, David R. (1956), Taxonomy of Educational Objectives. The Classification of Educational Goals, by a committee of college and university examiners. Handbook I: Cognitive Domain, New York, Longmans, Green.

[3] Wong, Maria S., Diener, Marissa L., Isabella, Russell A. (2008), Parents’ Emotion Related Beliefs and Behaviors and Child Grade: Associations with Children’s Perceptions of Peer Competence, Journal of Applied Developmental Psychology, v. 29, n. 3, pp. 175-186, May-Jun.

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Copyright. Articolo estratto dal volume “Il Potenziale Umano”, di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, 2009 (in pubblicazione), esposto per concessione dell’autore. La sua riproduzione è autorizzata solo con citazione della fonte originale. Per info e contatti www.studiotrevisani.it

 

 

1.5. Capsule spaziotemporali e finestre di sensazioni

 1.5. Capsule spaziotemporali e finestre di sensazioni

Per accrescere il proprio potenziale bisogna apprendere nuove abilità, e si tratta spesso di abilità sottili, sfuggenti, impalpabili.

Imparare ad apprezzare le “capsule spaziotemporali” è una delle aree di apprendimento del metodo HPM, centrale sia nei piani di crescita personale, che nello sviluppo delle prestazioni.

Una capsula spaziotemporale è un segmento del tempo e dello spazio dotato di significato proprio. Può trattarsi di pochi minuti di un incontro, o del segmento di tempo di un allenamento, o di un qualsiasi brano di vita. La vita è piena di stupende “capsule” non viste.

In una capsula o frame (finestra, brano di esistenza) possono trovarsi esperienze meditative o fisiche, riflessive, o invece molto attive e dinamiche, valori e significati, da vivere soli o in compagnia.

I sensation seekers (cercatori di sensazioni) sono alla continua ricerca di capsule spaziotemporali positive e ne traggono energie.

La matematica non è opinione.

Se vivi 2 momenti positivi la mattina, 1 al pomeriggio, e 1 alla sera, avrai avuto 4 momenti positivi nella giornata, al di là del loro contenuto. Se questo si ripete per almeno 5 o 6 giorni, avrai una settimana in cui prevalgono sensazioni positive. Se invece nella giornata hai avuto 1 evento negativo la mattina, 1 il pomeriggio, il vuoto esistenziale la sera, e nessun momento positivo di ricarica, avremo una sequenza di giornate che scaricano.

Alla fine della settimana, del mese, dell’anno, e della vita, saremo sempre più scarichi e rintanati in un guscio sempre più stretto. Al punto di non aver nemmeno più la voglia di guardare fuori, o peggio, la forza di cercare.

Ancora una volta, stiamo attenti a non confondere le capacità di rilassamento (un fatto in sé positivo, da apprendere e coltivare) con stasi, apatia e abulia, la perdita di voglia di vivere.

Le capsule non sono pastiglie da digerire per “tirare avanti”, ma momenti dotati di significato in sé e per sé. Hanno valore per come attivano le nostre sensazioni ed emozioni, e non come anestetico di altro che non va. Se ne hanno la proprietà, non è comunque questa la loro funzione.

Una capsula per qualcuno può essere un momento di allenamento in palestra o sul campo, “sentendo” un’attività intensa o che piace, una cena, la scrittura, la lettura di una lettera, o di un passaggio che colpisce in un  libro, un momento di solitudine guardando il tramonto, una preghiera, un gioco, un dialogo profondo tra persone, o qualsiasi altro brano di vita dotato di significato proprio, persino uno sguardo.

Il semplice fatto che un momento di esperienza sia dotato di significati dovrebbe farci rizzare le antenne, visto che senza significati la vita muore e le energie mentali si annullano. Le capsule sono contenitori di significati.

Spesso si ricerca il senso compiuto all’interno della perfezione. Capsule di durata eterna, anziché di durata limitata e praticabile. Questa è una delle più grandi bestialità che un essere umano possa apprendere, e se gli capita di incamerare questo virus, farà bene a disfarsene prima possibile.

Il contrario è saper cogliere il dono limitato. Per dono limitato si intende nel metodo HMP una finestra di sensazioni (Sensation Window – SW), ad esempio la sensazione positiva che si prova quando siamo in presenza di persone che ci piacciono, in quel preciso momento, anche non potendo possedere illimitatamente il tutto, tutto il suo tempo, tutte le sue ore o minuti.

O ancora, la sensazione che può dare un allenamento, persino un brano di un allenamento (training experience), senza per forza dover vincere qualcosa, e dover diventare campioni per forza. Apprezzare il training, oltre che il risultato che ne può derivare, persino indipendentemente da esso, è una nuova forma di competenza.

Di fatto, siamo poco allenati a riconoscere e generare finestre di sensazioni positive, e ben allenati verso quelle negative. Questo produce danni psicologici e fisiologici.

Tra i fattori determinanti del lavoro sul potenziale umano: 1) far apprezzare alla persona i frames esperienziali di cui si compone un’esperienza allenante o formativa, 2) scoprire sensazioni nascoste anche nei momenti più piccoli o apparentemente insignificanti,  3) aumentare la capacità di cogliere, percepire e assaporare il fluire di sensazioni, 4) diminuire le passività e aumentare la capacità di costruire esperienze positive e di crescita.

 

 

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Copyright, dal Volume:

“Il Potenziale Umano”

Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

Capsule spaziotemporali e finestre di sensazioni

1.5. Dalla perfezione impossibile ai segmenti di soddisfazione: capsule spaziotemporali, frames, sensation windows

Per accrescere il proprio potenziale bisogna apprendere nuove abilità, e si tratta spesso di abilità sottili, sfuggenti, impalpabili.

Imparare ad apprezzare le “capsule spaziotemporali” è una delle aree di apprendimento del metodo HPM, centrale sia nei piani di crescita personale, che nello sviluppo delle prestazioni.

Una capsula spaziotemporale è un segmento del tempo e dello spazio dotato di significato proprio. Può trattarsi di pochi minuti di un incontro, o del segmento di tempo di un allenamento, o di un qualsiasi brano di vita. La vita è piena di stupende “capsule” non viste.

In una capsula o frame (finestra, brano di esistenza) possono trovarsi esperienze meditative o fisiche, riflessive, o invece molto attive e dinamiche, valori e significati, da vivere soli o in compagnia.

I sensation seekers (cercatori di sensazioni) sono alla continua ricerca di capsule spaziotemporali positive e ne traggono energie.

La matematica non è opinione.

Se vivi 2 momenti positivi la mattina, 1 al pomeriggio, e 1 alla sera, avrai avuto 4 momenti positivi nella giornata, al di là del loro contenuto. Se questo si ripete per almeno 5 o 6 giorni, avrai una settimana in cui prevalgono sensazioni positive. Se invece nella giornata hai avuto 1 evento negativo la mattina, 1 il pomeriggio, il vuoto esistenziale la sera, e nessun momento positivo di ricarica, avremo una sequenza di giornate che scaricano.

Alla fine della settimana, del mese, dell’anno, e della vita, saremo sempre più scarichi e rintanati in un guscio sempre più stretto. Al punto di non aver nemmeno più la voglia di guardare fuori, o peggio, la forza di cercare.

Ancora una volta, stiamo attenti a non confondere le capacità di rilassamento (un fatto in sé positivo, da apprendere e coltivare) con stasi, apatia e abulia, la perdita di voglia di vivere.

Le capsule non sono pastiglie da digerire per “tirare avanti”, ma momenti dotati di significato in sé e per sé. Hanno valore per come attivano le nostre sensazioni ed emozioni, e non come anestetico di altro che non va. Se ne hanno la proprietà, non è comunque questa la loro funzione.

Una capsula per qualcuno può essere un momento di allenamento in palestra o sul campo, “sentendo” un’attività intensa o che piace, una cena, la scrittura, la lettura di una lettera, o di un passaggio che colpisce in un  libro, un momento di solitudine guardando il tramonto, una preghiera, un gioco, un dialogo profondo tra persone, o qualsiasi altro brano di vita dotato di significato proprio, persino uno sguardo.

Il semplice fatto che un momento di esperienza sia dotato di significati dovrebbe farci rizzare le antenne, visto che senza significati la vita muore e le energie mentali si annullano. Le capsule sono contenitori di significati.

Spesso si ricerca il senso compiuto all’interno della perfezione. Capsule di durata eterna, anziché di durata limitata e praticabile. Questa è una delle più grandi bestialità che un essere umano possa apprendere, e se gli capita di incamerare questo virus, farà bene a disfarsene prima possibile.

Il contrario è saper cogliere il dono limitato. Per dono limitato si intende nel metodo HMP una finestra di sensazioni (Sensation Window – SW), ad esempio la sensazione positiva che si prova quando siamo in presenza di persone che ci piacciono, in quel preciso momento, anche non potendo possedere illimitatamente il tutto, tutto il suo tempo, tutte le sue ore o minuti.

O ancora, la sensazione che può dare un allenamento, persino un brano di un allenamento (training experience), senza per forza dover vincere qualcosa, e dover diventare campioni per forza. Apprezzare il training, oltre che il risultato che ne può derivare, persino indipendentemente da esso, è una nuova forma di competenza.

Di fatto, siamo poco allenati a riconoscere e generare finestre di sensazioni positive, e ben allenati verso quelle negative. Questo produce danni psicologici e fisiologici.

Tra i fattori determinanti del lavoro sul potenziale umano: 1) far apprezzare alla persona i frames esperienziali di cui si compone un’esperienza allenante o formativa, 2) scoprire sensazioni nascoste anche nei momenti più piccoli o apparentemente insignificanti,  3) aumentare la capacità di cogliere, percepire e assaporare il fluire di sensazioni, 4) diminuire le passività e aumentare la capacità di costruire esperienze positive e di crescita.

 

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Copyright. Articolo estratto dal volume “Il Potenziale Umano”, di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, 2009 (in pubblicazione), esposto per concessione dell’autore. La sua riproduzione è autorizzata solo con citazione della fonte originale. Per info e contatti www.studiotrevisani.it

 

1.6. Radicamento solido (grounding) e ali per volare

 1.6. Radicamento solido (grounding) e ali per volare

Le persone hanno bisogno di tante cose: cibo, acqua, amore, denaro oggetti, ma, ancora di più, hanno bisogno di radici su cui poggiare (grounding) e ali per volare, strumenti per raggiungere i propri scopi, sogni, aspirazioni, e non spegnersi.

Lavorare su entrambi i piani è il nostro credo fondamentale. È un lavoro diretto ad un potenziamento generale della persona, ad un suo radicamento solido, un ancoraggio su piattaforme salde, per poi poter guardare in alto.

È un rafforzamento indispensabile, necessità sulla quale non è bene chiudere gli occhi.

Questo bisogno è mosso da due grandi classi di motivi: (1) potenziarsi per il desiderio di raggiungere obiettivi che solo con energie elevate possiamo toccare, (2) sviluppare la resistenza esistenziale, saper incassare, farsi forti e assorbire i colpi che arrivano con forza, quanto più la vita si fa complessa e competitiva, e centrano l’individuo da ogni lato (fisico, psicologico, economico, esistenziale). Colpi a volte durissimi e imprevisti.

Gli unici a non subirli sono coloro i quali hanno abbandonato, sono protetti, o possono permettersi di non avere obiettivi. Anche per loro tuttavia, quando la situazione cambia, farsi trovare forti e preparati piuttosto che deboli e impreparati farà la differenza.

Per tutti gli altri, la giostra è aperta qui ed ora, non è possibile scendere, ma solo imparare a potenziarsi, capire cosa succede, prendere coscienza, smontare i meccanismi del gioco, prendere in mano qualche leva di comando, e governare il timone dell’imbarcazione che ci conduce.

Prepararsi e potenziarsi ha senso non solo peri l’oggi ma anche per un domani in cui vogliamo farci trovar pronti rispetto alle sfide che ancora non possiamo prevedere, l’imprevisto. E, come evidenzia l’umanista e scrittore francese Rabelais, verso il futuro è meglio essere preparati.

 

Bevo per la sete che è da venire

François Rabelais (1494-1553)

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Copyright, dal Volume:

“Il Potenziale Umano”

Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

 

Radicamento solido (grounding) e ali per volare

1.6. Radicamento solido (grounding) e ali per volare

Le persone hanno bisogno di tante cose: cibo, acqua, amore, denaro oggetti, ma, ancora di più, hanno bisogno di radici su cui poggiare (grounding) e ali per volare, strumenti per raggiungere i propri scopi, sogni, aspirazioni, e non spegnersi.

Lavorare su entrambi i piani è il nostro credo fondamentale. È un lavoro diretto ad un potenziamento generale della persona, ad un suo radicamento solido, un ancoraggio su piattaforme salde, per poi poter guardare in alto.

È un rafforzamento indispensabile, necessità sulla quale non è bene chiudere gli occhi.

Questo bisogno è mosso da due grandi classi di motivi: (1) potenziarsi per il desiderio di raggiungere obiettivi che solo con energie elevate possiamo toccare, (2) sviluppare la resistenza esistenziale, saper incassare, farsi forti e assorbire i colpi che arrivano con forza, quanto più la vita si fa complessa e competitiva, e centrano l’individuo da ogni lato (fisico, psicologico, economico, esistenziale). Colpi a volte durissimi e imprevisti.

Gli unici a non subirli sono coloro i quali hanno abbandonato, sono protetti, o possono permettersi di non avere obiettivi. Anche per loro tuttavia, quando la situazione cambia, farsi trovare forti e preparati piuttosto che deboli e impreparati farà la differenza.

Per tutti gli altri, la giostra è aperta qui ed ora, non è possibile scendere, ma solo imparare a potenziarsi, capire cosa succede, prendere coscienza, smontare i meccanismi del gioco, prendere in mano qualche leva di comando, e governare il timone dell’imbarcazione che ci conduce.

Prepararsi e potenziarsi ha senso non solo peri l’oggi ma anche per un domani in cui vogliamo farci trovar pronti rispetto alle sfide che ancora non possiamo prevedere, l’imprevisto. E, come evidenzia l’umanista e scrittore francese Rabelais, verso il futuro è meglio essere preparati.

 

Bevo per la sete che è da venire

François Rabelais (1494-1553)

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Copyright. Articolo estratto dal volume “Il Potenziale Umano”, di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, 2009 (in pubblicazione), esposto per concessione dell’autore. La sua riproduzione è autorizzata solo con citazione della fonte originale. Per info e contatti www.studiotrevisani.it

Sondaggio sui valori della vita

Sondaggio anonimo, a scelta libera (è possibile barrare più caselle), per confrontarsi con alcune grandi scelte (chi lo compila potrà inoltre vedere i risultati complessivi, immediatamente, proprio al termine della compilazione)

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