Esistono diversi modi per leggere un libro, e non tutti i libri sul coaching sono uguali

Da oltre 3 anni il testo “Il Potenziale Umano” è il bestseller su IBS (il punto di riferimento in Italia) per la Formazione Aziendale e coaching professionale. A volte va in seconda o terza posizione, poi inevitabilmente torna in prima. E non è certo un lbro del tipo “10 regole facili per….” Lo dico con orgoglio. E con molti lettori ho scambi e conversazioni utili interessanti, per le quali sono sempre disponibile, con piacere.

E con questo? Cosa cambia davvero? Cambia la qualità di chi lo legge, di come lo legge, e del perchè lo legge.

Si va dall’acquisto “per averlo” e poter dire “ce l’ho”, all’acquisto per leggerlo, sino all’acquisto per trarne vera conoscenza e veri stimoli di crescita personale. Ci sono poi altri utenti di queto libro che lo usano, giustamente, per applicare interventi di coaching, di formazione, di counseling, sia nelle aziende (risorse umane) che nello sport e e nella vita.

Devo mostrare, mi sento di doverlo fare, un esempio di un lettore, Caterina, che ha saputo fermarsi su un punto speciale del libro, dove si distingue un approccio al lavoro, qualsiasi lavoro, che può variare tra noia, apatia, e perfezionismo maniacale, per arrivare alla modalità ottimale di vedere il lavoro o l’allenamento, quello dell’eccellenza operativa. Una modalità in cui non ci facciamo troppe “seghe mentali” sul perfezionismo assoluto, ma siamo estremamente e sinceramente interessati, concentrati, focalizzati su quello che facciamo.

Questo è il modo con cui Caterina ha non solo letto, ma rielaborato, per se stessa e a suo beneficio, il testo. E sottolineo, per se stessa, per la sua conoscenza, per la sua utilità, non per un esame universitario.

Ci sono lettori di questo libro che lo applicano ogni singolo e santo giorno. E ci sono lettori “distratti e frettolosi” i questo libro che non sanno nemmeno quali siano le “6 celle del Potenziale Umano”, il modello essenziale su cui si articola tutto il lavoro di ricerca sulle energie umane qui presentato. Altri invece, lo hanno studiato, eccome, e fatto proprio, per lavorare su di sè con un modello avanzato e scientifico, lontanissimo dalle “promesse di facilità” dei vergognosi formatori e coach contemporanei, i figli di “Tony Robbins”, una persona che disapprovo completamente e che senza istruzione universitaria gioca a fare il guru con la vita degli altri.

E’ mia convinzione più ferma che un libro si giudica soprattutto dalla sua bibliografia, dalla ricerca che ha dietro, dalla serietà e scientificità, dal rigore dell’approccio, dalla facilità di lettura e comprensibilità.

Tra i lettori che ne traggono più beneficio ci sono certamente gli imprenditori, manager e atleti che seguo come coach e counselor, per i quali “Il Ptenziale Umano” diventa il libro di studio e di riferimento, e certamente ci sono gli allievi del nostro Master in Coaching e Counseling, in cui il modello e il libro vengono approfonditi, studiati, sperimentati in prima persona.

Posso solo augurare, a tutti, di leggere questo libro come una mappa per la propria crescita, e rileggerne i passaggi fondamentali, e contattarmi, se vorranno, per espormi domande o invece capolavori come quello di Caterina, che voglio mostrare (con il suo consenso già chiesto e acquisito) a tutti. Brava.

 

Distinguere le tipologie di stress. Stress bioenergetico e stress psicoenergetico

Estratto con commenti inediti dell’autore dal testo Il Potenziale Umano

Il potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance, di Daniele Trevisani (Franco Angeli editore)

Lo stress è un fenomeno molto esteso, pervasivo, e colpisce qualsiasi essere vivente. E’ una parte integrante della vita biologica. Essendo così diffuso, viene usato spesso come terminologia “buona per tutto”. Dire “sono stressato” significa tutto e niente, dal punto di vista del capire quale tipologia di stress stia accadendo e cosa in particolare stia colpendo. E’ il caso di imparare a distinguere, nel nostro e altrui interesse

Il contributo del Modello HPM e del capitolo dedicato allo Stress nel libro omonimo, è quello di avere individuato sei specifiche tipologie di stress, ciascuna delle quale ha specifiche caratteristiche.

Lo stress che accusiamo, può quindi essere dovuto ad una sola singola fonte, ad una combinazione di più fonti, fino alla combinazione e interazione di tutte o le fonti individuate dal modello.

La buona notizia, è che una volta individuata la tipologia di stress, possiamo capirla, affrontarla, e smetteremo di cercare colpevoli alternativi. Ci concentreremo su cosa conta davvero. A volte il rimedio può essere cambiare qualcosa di molto tangibile come il cibo. A volte, può riguardare il cambiare qualcosa di molto intangibile, come la nostra spiritualità, i nostri riferimenti, i modelli che prendiamo ad esempio.

Ci concentriamo su questo articolo sui due primi elementi dello stress: quello che colpisce il substrato biologico, e quello che colpisce il substrato psicologico. In pratica, lo stress “basale” della piramide del Modello HPM. Gli altri fattori, altrettanto importanti saranno oggetto di altri approfondimenti.

 Stress bioenergetico (stress fisico)

Riguarda la presenza di un compito o stile di vita che risulta troppo gravoso rispetto alle energie organismiche, fisiche, biologiche.

Tra questi: dormire troppo poco rispetto alle esigenze personali, alterare ripetutamente i ritmi sonno-veglia, svolgere lavori che impegnano eccessivamente alcuni apparati senza sufficiente tempo di recupero (es: apparato visivo), intasarsi di sostanze tossiche (fumo, alcool, cibi spazzatura, farmaci, smog e altro) senza valutarne le dosi e/o senza purificarsi o contrastare i “veleni” con sostanze riparanti o curative (integratori, cibo di qualità, aria sana, rigenerazione fisica).

Lo stress bioenergetico eccessivo e cronico emerge sia in casi di fatica acuta, oltre la soglia di riserva, che come forma di affaticamento cronico o fatica cronica, e va ad intaccare negativamente lo stato psicoenergetico, la volontà, la motivazione, e persino la sicurezza di sé, sino a distruggere progressivamente la salute fisica.

Possiamo essere aggrediti dallo stress da un “atto” o da uno “stile di vita non nostro”. Un’azione può aggredire il nostro corpo in modo acuto (es, fare un trasloco e farsi mal di schiena) o in modo cronico, es deprivarsi dal sonno un poco tutti i giorni. Il nostro corpo non ci parla se non quando siamo in grado di capire i suoi segnali. I segnali ci sono, ma noi non li sentiamo. A volte sono nel respiro che si fa corto o poco profondo, altre volte sono individuabili in tensioni croniche dei trapezi, o degli addominali, altre volte in micro-infiammazioni silenti ma dannose. Imparare ad ascoltare il corpo è una tecnica specifica (focusing) che si può apprendere in specifici corsi di Counseling, Coaching Corporeo, e altre tecniche dedicate.

 Stress psicoenergetico (energie mentali)

Si verifica ogniqualvolta le risorse mentali necessarie sono superiori a quelle disponibili e attivabili. Tra i casi, citiamo la condizione in cui vi sia un compito da svolgere che richiede energie motivazionali superiori a quelle disponibili, ruoli che il soggetto non sente come propri, o ancora manca la linfa vitale del sostegno del gruppo, o vi sono troppe persone che drenano le energie mentali rispetto a quelle che invece apportano energie all’individuo.

Fanno parte dello stress psicoenergetico anche le crisi di ansia (timore e attivazione negativa, generalizzata o specifica per situazioni) e le crisi di senso (perdita di un riferimento o significati nel proprio orizzonte).

Ad esempio, uno studente di chirurgia che non sopporti la vista del sangue e stia studiando medicina su pressione dei genitori si sta sottoponendo a stress psicoenergetico forte. È stress andare a lavorare in un ruolo che non piace e non si sente proprio. È stress fare nel lavoro ripetutamente un’azione in cui non si crede, ad esempio, per un venditore può essere stress ascoltare il cliente, se non crede fermamente nel valore dell’empatia ai fini della vendita.

È stress psicoenergetico ogni lavoro svolto malvolentieri, ogni relazione obbligata, non voluta o desiderata, forzata, ogni situazione emotiva che non corrisponde ai desideri.

Tali situazioni sono sicuramente comuni, ma la condizione di stress si manifesta proprio nel divario tra risorse energetiche in grado di attivarsi per far fronte (almeno momentaneamente) alla situazione, e il compito stesso.

Le tecniche di training psicoenergetico possono incidere favorevolmente sulla capacità di metabolizzare gli stressor, sulla sopportazione, flessibilità, capacità di straniamento e distanziamento, capacità di contestualizzazione degli eventi, sino alla superiorità esistenziale.

Il Principio N. 3 del Potenziale Umano, esposto nel metodo HPM, ci aiuta a sintetizzare questo quadro

Principio 3 – Stress management ed energie mentali

Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:

  1. l’individuo intraprendere azioni che superano le proprie energie totali disponibili, per troppo tempo, e senza recupero adeguato;
  2. l’individuo non impiega tempo e progetti all’interno della area di sfida, chiudendosi progressivamente;
  3. l’individuo non trascorre tempo sufficiente all’interno dell’area di comfort al fine di ricaricarsi e metabolizzare gli stressor;
  4. gli stressor sono di natura forte (per intensità, durata e ripetitività) tale da ledere la tenuta e la capacità di recupero, e l’individuo li affronta da solo, senza supporto emotivo e relazionale adeguato.

Le energie mentali aumentano quando:

  1. l’individuo intraprende azioni e sforzi correlati alle energie disponibili
  2. vengono avviati progetti e iniziative nell’area di sfida, con spirito positivo;
  3. tempo e modalità del recupero e della ricarica di energie sono adeguati;
  4. l’individuo ha supporto emotivo e relazionale per affrontare lo stress.

NB. Questo principio funziona come una formula matematica, è possibile fare analisi accurate tenendo in considerazione i fattori esposti, e capire su quali canali intervenire, solo dopo una forte fase di analisi.

Tra tutti, evidenziamo proprio il punto finale: il supporto emotivo e delle relazioni umane. Possiamo affrontare “quasi” qualsiasi cosa nella vita, se abbiamo qualcuno che ci sostiene, se possiamo avere supporto morale, sostegno morale, sostegno emotivo, in caso contrario, gli stressor ci sovrastano, le forze necessarie per imanere in piedi diventano incredibili e molto superiori alle nostre possibilità pratiche di generarle.

Estratto con commenti inediti dell’autore dal testo Il Potenziale Umano

Il potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance, di Daniele Trevisani (Franco Angeli editore)

 

“Il Potenziale Umano” di Daniele Trevisani. PDF scaricabile per capire meglio un bestseller controcorrente rispetto agli approcci “rapidi e illusori” sulla crescita e sulle performance

Il Delirio Formativo. I titoli sul tema della formazione, management e crescita personale diventano sempre più deliranti e paranoidi (tipo, citando titoli di fantasia ma molto vicini alla verità “diventa Superman in 4 semplici mosse“, “Il successo è li ma tu non lo vuoi” “Vendere qualsiasi cosa a chiunque senza pietà“, “Buttati e non pensarci poi sono affari tuoi” “Se lo fai lo fai“, “Se lo fai l’hai fatto“, “Se non lo fai non l’hai fatto“… e davvero, per pietà, mi fermo qui…)

Un approccio alternativo. Il testo “Il Potenziale Umano” edito da Franco Angeli, continua la sua strada come bestseller controcorrente rispetto agli approcci “rapidi e illusori” sulla crescita e sulle performance. Il metodo HPM, esposto nel testo, è stato utilizzato con successo nella formazione di Forze Speciali delle Nazioni Unite in missioni ONU di peacekeeping, in studi sulle performance, da campioni mondiali di sport di combattimento e arti marziali, da Comandanti, da leader, da Sales Manager, da coach e formatori seri. Con la sua bibliografia, i suoi modelli derivanti dalla ricerca, i suoi principi derivanti da scienze psicologiche così come dalle filosofie marziali e da tanti altri campi di studio, un opera che propone sicuramente un lavoro su di sè forte, ma che ha dato risultati a campioni e grandi istituzioni.

Un augurio di buona lettura

dott. Daniele Trevisani

Persone che ti caricano e persone che ti scaricano. Il bilancio delle energie relazionali.

dal testo

Il potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

Di Daniele Trevisani, Copyright

È essenziale che vi sia consapevolezza di come le energie personali sono quotidianamente caricate o scaricate dal contatto con gli altri, e cosa accade nel nostro bilancio energetico personale.

Poter modificare e cambiare la rete di energie relazionali che ci circonda, è un grande atto di assertività. Questo può anche richiedere di tagliare i ponti con alcune persone, o cercare di modificare un rapporto che ci sta consumando o distruggendo, o anche solo una relazione che richiede troppa energia rispetto alle nostre volontà, e non ce ne lascia per altri spazi di vita.

Vediamo un altro esempio grafico di network relazionale nello schema seguente:

Figura 5 – Rete energetica personale

È facile osservare come il bilancio complessivo possa essere favorevole o sfavorevole per il proprio “conto energetico personale”. Se non si tiene conto di come funziona la propria rete, è facile comprendere come una persona possa uscire svuotata da una giornata o da un tempo speso all’interno di un gruppo nel quale troppe persone drenano energie, e poche ne apportano.

Il benessere relazionale di una società o gruppo proviene anche dalla reciprocità complessiva, per cui è sbagliato interpretare le energie relazionali solo a proprio vantaggio. Nella vita di relazione, e nei team, è produttivo e indispensabile porsi l’obiettivo etico del “dare” energie e non solo riceverle.

 


Principio 15 – Energie delle reti relazionali

Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:

  • L’individuo entra in relazione con singoli soggetti o più soggetti con i quali la relazione stessa risulta difficile/sgradevole e assorbe energie;
  • la relazione con soggetti che assorbono energie è prolungata o troppo frequente rispetto alle possibilità di recupero personale;
  • la relazione con soggetti ricaricanti e positivi è assente, ridotta, o infrequente;
  • sono assenti relazioni equilibrate e dotate di reciprocità.

 

Le energie mentali aumentano quando:

  • l’individuo apprende a staccare o distanziare il proprio rapporto con persone le quali assorbono le proprie energie in modo negativo e distruttivo;
  • l’individuo apprende a costruire reti di relazione selettive con persone la cui frequentazione e rapporto induce ricarica di energie mentali e positività;
  • viene ricercato un buon livello di equilibrio e di reciprocità nelle relazioni;
  • l’individuo riesce a costruire o sviluppare una rete di relazioni entro un gruppo le cui energie sono positive ed elevate (E-Group), traendone linfa vitale ed energia.

 

Il problema che poniamo qui va oltre quello della reciprocità: si può dare tanto anche a chi non ha nulla da restituire, e non lo restituirà mai (o quantomeno è scorretto farlo per aspettarsi una ricompensa), facendo ad esempio volontariato sociale.

L’appagamento morale può certamente considerarsi una forma di rientro comunque importante. Tuttavia, nelle relazioni interpersonali in azienda e o nello sport agonistico non si sta facendo volontariato, ma si perseguono obiettivi.

In questi contesti è essenziale porsi il problema di chi sta “rubando” energie, e che strategie o astuzie usa, chi sta dando contributi di energie, quante ne rimangano per i propri scopi personali o professionali. I flussi di energie devono avere una loro giustizia.

 

dal testo

Il potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

Di Daniele Trevisani, Copyright

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Il Potenziale Umano entra nel mondo del Fitness, nei Club e nelle vite dei clienti

Il libro Il Potenziale Umano ha aperto una quantità di riflessioni in molti campi. E’ un libro che sta cambiando il modo di intendere il coaching, il fitness e la cultura del wellness nella direzione di un rapporto mente corpo olistico e nuovo.

Così, ieri sera, al Tempio (Ready to Fight, culla storica della Muay Thai a Ferrara) entro e sul bancone d’ingresso trovo la rivista “Il Nuovo Club”, e con grande sorpresa, vedo il tema del Potenziale Umano al centro esatto della copertina… Ma vuoi vedere che si parla del mio libro? Andiamo a vedere, ed in effetti, è così.

Che soddisfazione! Ma anche che sorpresa trovarlo in una palestra di Arti Marziali e Sport da Ring… proprio li dove appena posso mi alleno, e in un campo dove lo scetticismo domina.

Il pensiero è che l’approccio allo sport sia ancora troppo distante dai concetti di crescita personale, mentre i fitness club e chiunque opera nello sport e nel coaching sportivo, se desidera vendere di più e fare un servizio davvero migliore, deve iniziare a vedere la persona nella sua interezza.

Qui un flash di quanto trovato ma ne esporrò uno stralcio dopo le immagini

 

 

Per un approfondimento di Fitness Coaching e Potenziale Umano, ecco il mio pensiero connesso al volume

© Dott. Daniele Trevisani www.studiotrevisani.it – rielaborato dal testo

Il potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

Applicazione del Potenziale Umano al Fitness e allo Sport per i Centri Fitness.

I Dieci Comandamenti del LifeCoaching, FitCoaching e approccio al Coaching nel Centro Fitness

  1. Il problema critico di ogni persona e di ogni organizzazione è quello di potersi esprimere (self-expression), sviluppare progetti e idee di cui essere fiero ed orgoglioso (self-achievements), avere pieno accesso e rendere concreto il proprio potenziale personale (self-actualization), e…dare senso alla vita (life-meaning). Se non teniamo in mente questi punti abbiamo sbagliato in partenza. La gente non vuole sollevare pesi per il gusto di farlo o muovere cavi e macchine perchè non sa cosa fare, vuole gustarsi l’esperienza, vuole socializzare, vuole avere un corpo di cui essere fiera. La gente non va in palestra per sentirsi soffocare, vuole respirare. Le persone non cercano macchine per le macchine o corsi per i corsi, vogliono il beneficio che ne deriva, vogliono sentirsi vive… una ragazza non fa aerobica solo per sudare, vuole uscire con le amiche e amici sentendosi più snella. Nel club si cerca socialità, amicizie, uscire dalle 4 mura di casa, sentirsi vivi, avere un posto di sfogo delle tensioni, allontanarsi dallo stress del lavoro, si cerca ascolto o attenzione mentre tutti ti vorrebbero persuadere, si cerca allentamento dalle pressioni. Ognuno ha il proprio sfondo motivazionale diverso. Dobbiamo connetterci con il vero motivo (in profondità) che muove le persone verso i centri fitness, le motivazioni profonde, lo “sfondo pulsionale”, non ignorarlo.
  2. Il LifeCoach aiuta il cliente a fissare gli achievements, a chiarire cosa desidera cosa lo realizza (actualization), ad esprimersi fisicamente e psicologicamente con sessioni allenanti produttive, scelta di discipline e time management settimanale e mensile (fissare goals e rivederli), definire un programma annuale di lavoro o comunque di periodo sufficiente a generare impatto, abbinate uno stile di vita efficace diretto verso i propri obiettivi.
  3. Il nostro potenziale personale è sfuggente, tante volte ci è accanto, senza che noi ce ne accorgiamo nemmeno. Come un seme di una quercia contiene già l’intera pianta, come un ruscello che può diventare fiume, la missione dell’uomo è valorizzare se stesso ed esprimere tutto ciò che di positivo ha da dare. Il coach vede ciò che il cliente può diventare e non solo il cliente come ci appare ora. Vede la statua nel blocco di marmo, aiuta a farla emergere, giorno dopo giorno, con grande passione. Vivere le passioni e vivere con passione è sentire la vita pulsare. Non farlo significa castrarsi da soli, amputarsi, darla vinta alla morte prima del tempo. O, cosa peggiore, perdere senza lottare, dirsi no, da soli. Il LifeCoach vede ogni cliente come un seme di una pianta che curerà con amore, non importa quale sia il suo stato attuale di sviluppo, principiante, agonista, bello, brutto, simpatico, antipatico: è una persona da aiutare in un percorso che il cliente stesso non conosce nemmeno e ancora meno pensa sia possibile. Non può saperne abbastanza di fitness e wellness altrimenti farebbe il coach o il medico. Facciamogli vedere nuovi orizzonti di benessere fisico e mentale, aiutiamolo a raggiungerli.
  4. Essere pienamente umani significa riempire di senso la vita stessa, un dono prezioso, una vita che ci scorre dentro e a lato… come un fiume, che volte non lasciamo fluire, o il cui corso viene strozzato, bloccato… a volte dagli altri, o – quello che è peggio –  da noi stessi. Il LifeCoach individua e si attiva per identificare i blocchi che impediscono al potenziale del cliente di esprimersi. Localizza i ragionamenti improduttivi, le credenze sbagliate (es, non io.., è troppo difficile… non adesso… non lo posso fare a prescindere), sostiene il loro superamento, accompagna, mostra, aiuta, supporta, in altre parole, fa! Agisce sul piano olistico, non solo fisico ma soprattutto psicologico.
  5. Il LifeCoach opera per programmi, traduce un progetto in tempi, fasi, aree di lavoro, sessioni, obiettivi, azione. Non si creano miracoli senza continuità. I LifeCoach non sono “venditori di facilità” ma sono venditori di continuità e puntano alla fidelizzazione, al “ciclo di vita del cliente” e non al suo mese.
  6. Dobbiamo stimolare passione attraverso le sensazioni… le sensazioni allenanti, istante dopo istante, generano la sensazione complessiva di un allenamento. La passione è per ciò che possiamo essere, per le vite che potremmo vivere, per le sensazioni che potremmo avere, passa attraverso la sensazione che la persona ha muovendo il corpo, usando le macchine o i cavi e gli attrezzi, guardandosi allo specchio, valutando i cambiamenti nell’umore con cui esce dalla palestra e persino a come ci si alza la mattina. Il LifeCoach conosce ed individua i metodi motivazionali per far si che il cliente si impegni in un programma almeno annuale di sviluppo e di attività di crescita personale. Agisce per fidelizzare il cliente verso un programma di lungo periodo e non ad un approccio mordi e fuggi. Opera sull’ingegneria delle sensazioni (sensations engineering) per far si che ogni sessione allenante e ogni attività extra-sportiva correlata (alimentazione, riposo, tempo libero), inserita nel programma, offra sensazioni positive e di crescita.
  7. I clienti dei centri fitness vivono un’enorme quantità di aspettative, di sogni psicologici e drammi psicologici associati al vissuto del Centro fitness – essere più belli, stare meglio, diventare più seduttivi, sentirsi giovani, incontrare persone, sentirsi vivi, sentirsi all’altezza dello stare nel Centro – e noi dobbiamo entrare è in contatto con questi sentimenti ed esigenze profonde, non starne alla superficie. La fase d’intervista periodica al Cliente è il metodo fondamentale del coaching, e questa non va condotta solo all’inizio in modo approfondito, ma riproposta a tratti in ogni singola sessione di lavoro (Come senti questo esercizio? Senti lavorare il muscolo? Come è andata questa sessione? Dove senti progressi e dove no?).
  8. Il credo assoluto di un buon LifeCoach e di un buon FitCoach è che ognuno di noi ha un enorme patrimonio di risorse, sia latenti che costruibili attivamente, la sacralità dell’essere umano e il forte bisogno di non sprecare nemmeno una vita, nemmeno un giorno, nemmeno un minuto, in qualcosa che non sia legato ad una visione positiva e di crescita.

La disgrazia del mondo del coaching sta nell’impreparazione. Per essere veramente coach nel campo del wellness, fitness e sport, occorre esperienza sul campo, occorrono competenze psicologiche e competenze relative alle scienze sportive e ai mondi psicologici del Cliente. Qualsiasi sia il punto di partenza di ciascuno (che sarà ad esempio di provenienza atleta, o psicologo, o diplomato in scienze motorie e affini), è indispensabile darsi da fare per procurarsi “l’altro pezzo” di competenze mancanti.

È essenziale inoltre essere padroni di un metodo di lavoro, che nella nostra elabroazione prende il nome di HPM: Human Potential/Performance Modeling, ovvero, dare corpo (modeling) alle potenzialità e alle performance delle persone.

I programmi di formazione sviluppati dall’autore e già disponibili sono finalizzati a questo scopo, ma diamo un’occhiata più da vicino alle sue aree di lavoro.

Il metodo di Sports Coaching e Fitness Coaching HPM concentra l’attenzione su tre aree di lavoro principali:

Figura 1 – Le variabili primarie delle performance e del potenziale su cui agisce il lifecoaching

 

(1) energie personali: le forze interiori di natura biologica e psicologica, energie fisiche/corporee ed energie psicologiche; il lavoro allenante sul piano fisico e mentale che il coach attiva per il cliente;

(2) competenze: le capacità, abilità (skills), i “saper fare” da generare nel cliente, costruibili tramite preparazione, training, coaching, con l’aiuto di specifiche regie allenanti, regie formative, o regie di cambiamento;

(3) direzionalità: la canalizzazione di energie e competenze del cliente verso “qualcosa” di importante, la ricerca di senso, la visione, causa, lo spirito con cui ci si allena, ideali, volontà, obiettivi, goals, missioni, aspirazioni su di sè o sulla propria vita. In questa viene compreso il senso di orgoglio e di onore per le proprie azioni, le scelte di vivere uno stile di vita legato al fitness o all’essere attivi, e atti di vita, capaci di elevare la persona oltre la mediocrità, il che significa darsi obiettivi e raggiungerli, anche sfidanti, e sul piano esistenziale, come per un padre voler gareggiare con il figlio alla pari, o per una madre sentirsi ancora giovane nell’andare a prendere a scuola il figlio; per un ragazzo sentire il proprio corpo come un aiuto e non un peso, per una ragazza essere sicura di sè, migliorare la propria autostima e la sicurezza in sè, e, non da meno, amare il dono della vita che vive tramite il corpo e rendergli omaggio.

Ci piace dare l’immagine del fatto che un lavoro serio e integrato su queste aree sia una lotta, una battaglia positiva, una guerra all’ignoranza, alla stasi, al pressapochismo, all’ipocrisia, alle catene, all’apatia del vivere spento… un viaggio verso la libertà e l’emancipazione di se stessi e degli altri.

In un mondo apatico, il recupero di uno spirito guerriero e combattivo è quanto mai urgente, soprattutto per cause nobili e positive, come la salute, il benessere fisico e psicologico. Una persona sana e forte psicologicamente e fisicamente è una miniera di energie per la società, è una persona in grado di aiutare, di contribuire, e quindi la nostra causa ha un fine di elevazione sociale importante.

Questo insieme di aree – se deve diventare metodo di lavoro – ha bisogno di strumenti utili per chi agisce come trainer, coach, formatore, psicologo, o counselor, ma anche come manager e leader, chi deve iniettare spirito propulsivo nel centro fitness o in un club sportivo.

Lavorare su se stessi e avere un metodo per farlo è estremamente utile anche per chi decide di agire sul proprio sviluppo personale.

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Dott. Daniele Trevisani

Formatore Senior, consulente, Coach, Master of Arts in Communication alla University of Florida (USA). È titolare dell’omonimo studio www.studiotrevisani.it ed è tra i principali protagonisti della ricerca sul Potenziale Umano. È inoltre esperto in tecniche di coaching e di formazione per la leadership e gli sport di combattimento, fitness e wellness. È stato docente a contratto del corso di Teorie e Tecniche della Formazione della Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Bologna, ed inoltre Mental Trainer in settori agonistici di sport di squadra e arti marziali, istruttore di fitness e direttore di club sportivi. Opera come coach e dirige le attività di formazione formatori e formazione e certificazione di coach nella Scuola di Coaching STEP.

Impariamo ad allenare le “finestre di sensazioni positive”

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Copyright a cura di: Dott. Daniele Trevisani – Senior Trainer, Coach, Ricercatore www.studiotrevisani.it

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Se è vero che allenare il braccio sinistro e tenere bloccato quello destro provoca un potenziamento del sinistro e un sottosviluppo del destro (e viceversa), funziona così anche per la struttura della mente?

 

Questo tema sviluppato dal ricercatore e formatore italiano Daniele Trevisani, esperto in psicologia della formazione, è esposto nel recente volume “Il Potenziale Umano” edito da Franco Angeli, da cui ricaviamo una rielaborazione.

 

Per una nuova Psicologia del Coaching, serve una connessione forte con le neuroscienze da abbinarsi ad un recupero della psicologia umanistica.

 

Ogni istante viviamo specifiche Sensation Windows, finestre di sensazioni emotive, concetto sviluppato da Daniele Trevisani, e queste colpiscono una parte specifica della mente a seconda della loro natura e grado di potenza.

 

Le neuroscienze insegnano che il cervello risponde agli stimoli con meccanismi molto simili a quelli dei muscoli: le aree usate frequentemente lavorano, si rafforzano, si “irrobustiscono”, si potenziano; le aree inutilizzate diminuiscono di tono e volume sino a divenire quasi inesistenti (chi ha avuto lunghe ingessature si è potuto rendere conto direttamente di quanto il non-utilizzo produca riduzione del volume della zona ingessata).

 

Lo stesso meccanismo accade nella mente. Una sequenza di momenti positivi e sensation windows positive (SW) allena e tiene attiva la corteccia prefrontale sinistra, la cui attività si correla a emozioni positive (gioia, capacità di cogliere le positività, sensazioni, energia, coscienza). La corteccia prefrontale sinistra ha la capacità di elaborare le emozioni positive. Più ne elabora più si potenzia. Più si potenzia, più è in grado di elaborarne. Si crea un circolo virtuoso. La persona diventa sempre più brava nel cogliere gli elementi positivi e ottimistici nella realtà che lo circonda.

 

Al contrario, una sequenza di SW negative allena la corteccia prefrontale destra, maggiormente specializzata nel cogliere emozioni negative. Più ne elabora più si potenzia. Più si potenzia, più è in grado di elaborarne. Si crea un circolo negativo per cui la persona diventa sempre più brava nel cogliere gli elementi negativi e pessimistici nella realtà che lo circonda.

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E allora cosa possiamo fare?

Possiamo allenare ogni giorno la parte della mente che ci permette di cogliere le cose positive della vita.

  • Possiamo allenarsi alle sensazioni corporee con esercizi fisici e con esercizi mentali.
  • Possiamo immergerci nell’acqua e imparare a sentire ogni singolo centimetro della pelle avvolto e accolto.
  • Speciali sessioni di allenamento di Bioenergetica possono aprire le porte della percezione positiva.
  • Possiamo percepire il mondo in modo diverso se impariamo ad esercitare la percezione positiva del pensiero lasciandoci guidare da un coach professionale.
  • Possiamo imparare a cogliere ciò che la vita ci nasconde alla vista.
  • Possiamo diventare molto abili a cogliere “segnali sottili”.
  • Possiamo anche cambiare ambiente e cambiare relazioni se l’ambiente attuale non ci nutre, ma sarà inutile se non affiniamo le nostre capacità mentali.

L’importante è non accettare la stasi, e se vuoi un braccio più forte, allenalo!

Il “braccio mentale” della corteccia prefrontale sinistra, una volta allenato, ti aprirà porte che ora nemmeno puoi pensare.

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Copyright a cura di: Dott. Daniele Trevisani – Senior Trainer, Coach, Ricercatore www.studiotrevisani.it

 

L’articolo contiene primariamente estratti dal volume “Il Potenziale Umano” (Franco Angeli editore) di Daniele Trevisani. Una scheda completa del volume è disponibile sul sito dell’editore al link http://www.francoangeli.it/ricerca/Scheda_libro.aspx?ID=16275

Inquadrare e saper affrontare le diverse tipologie di stress

stresspotere personaleenergie mentali

Articolo Copyright. Estratto dal volume Il Potenziale Umano, di Daniele Trevisani – www.studiotrevisani.it – www.danieletrevisani.com

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Lo stress è una relazione dinamica tra (1) compiti, stimoli, carichi, input, situazioni da affrontare, task e (2) livelli di energia (fisica e mentale), associata a competenze, disponibili nell’individuo per fronteggiare questi input.

Nell’accezione comune, lo stress viene rappresentato come un disagio, una fatica difficile da superare serenamente.

Per un soggetto in stato di deprivazione ed energie ridotte, può essere stressante anche alzarsi dal letto per prendere una medicina. Per un soggetto dotato di energie elevate, può essere persino divertente combattere su un ring per due ore consecutive, o svolgere una negoziazione pressante e difficile, vedendola né più né meno come una bellissima occasione di sperimentazione, di esperienza, un esercizio piacevole, un’occasione di apprendimento.

Le energie mentali non sono stimolate ma anzi esaurite dal pensiero stesso di intraprendere azioni che fuoriescono completamente dalle proprie possibilità. Anche negli sport estremi, chi li affronta sa di avere una chance, si allena per fronteggiare l’estremo, si prepara.

Tra le varie forme di stress, lo stress emotivo è tra i più pericolosi in quanto non produce segnali evidenti come lo stress fisico.

La fragilità emotiva, unita a stress emotivo, produce danni enormi

 

Principio  – Stress management ed energie mentali

Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:

  • l’individuo intraprendere azioni che superano le proprie energie totali disponibili, per troppo tempo, e senza recupero adeguato;
  • l’individuo non impiega tempo e progetti all’interno della area di sfida, chiudendosi progressivamente;
  • l’individuo non trascorre tempo sufficiente all’interno dell’area di comfort al fine di ricaricarsi e metabolizzare gli stressor;
  • gli stressor sono di natura forte (per intensità, durata e ripetitività) tale da ledere la tenuta e la capacità di recupero, e l’individuo li affronta da solo, senza supporto emotivo e relazionale adeguato.

 

Le energie mentali aumentano quando:

  • l’individuo intraprende azioni e sforzi correlati alle energie disponibili;
  • vengono avviati progetti e iniziative nell’area di sfida, con spirito positivo;
  • tempo e modalità del recupero e della ricarica di energie sono adeguati;
  • l’individuo ha supporto emotivo e relazionale per affrontare lo stress.

 

Per migliorare l’azione di contrasto e gestione dello stress, in chi vuole sviluppare performance e avanzare nel potenziale personale, è indispensabile localizzare alcuni tipi specifici di stress. Il modello HPM permette di far emergere alcune tipologie specifiche.

Le anticipiamo segnalando già che le tipologie di stress esposte sono approfondite nella pubblicazione specifica

  1. stress fisico bioenergetico: carichi di lavoro fisico che l’organismo, in base al suo livello di energie attuali, non sopporta. Include errori alimentari, stili di vita dannosi, sostanze tossiche, riposo scarso o disturbato
  2. stress psicoenergetico: livelli di stress mentale e ansia cronici, o acuti. Ripetersi costante di giornate dense di preoccupazioni in cui non si vede via di uscita, assenza o impotenza di persone e canali di sfogo e condivisione delle proprie preoccupazioni, ansie, desideri, stati fisici e mentali
  3. stress da micro-competenze insufficienti: mancanza di competenze di dettaglio necessarie per portare a termine con successo un compito
  4. stress da macro-competenze insufficienti: quando il ruolo che si vuole o deve giocare nella vita presenta necessità di conoscenze che non abbiamo e non stiamo facendo il possibile o il dovuto per colmare e anticipare questo divario di competenz<e
  5. stress progettuale: eccesso di iper-strutturazione del tempo, mancanza di progettualità, tanti sogni e pochi o nessuno di essi diventano realtà
  6. stress valoriale: assenza di valori di riferimento, assenza di riferimenti, perdita di senso, non credere più in niente

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Articolo Copyright. Estratto dal volume Il Potenziale Umano, di Daniele Trevisani – www.studiotrevisani.it – www.danieletrevisani.com

Capacità di gestione emotiva e leadership emozionale

energie mentalileadership emozionalegestione emotiva

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Saper riconoscere le proprie capacità psicologiche e utilizzarle in relazione allo sviluppo delle energie mentali. Questo e molti altri aspetti vengono trattati nell’articolo, il cui scopo consiste nell individuazione e nell’ apprendimento delle  capacità emotive, utili a creare uno stato di leadership interno, che si rispecchierà nelle scelte e nei comportamenti di tutti i giorni.

Le emozioni sono un vissuto permanente di ogni essere umano. La Self-leadership emozionale consiste nella capacità di vivere le emozioni come una risorsa, siano esse positive o negative, e non solo come un sottoprodotto della vita.

Questo prevede alcune capacità psicologiche che si possono apprendere:

  •  riconoscere i propri stati emotivi (abilità di riconoscimento, detection skills);
  •  saper ancorare il proprio stato emotivo a precise fonti, esperienze o vissuti (localizzazione emozionale), riconoscere da dove vengono le propri emozioni;
  •  disinnescare gli stati emotivi negativi e allontanarsi da emozioni negative croniche o superiori alle nostre capacità di elaborarle (scudo emozionale, emotional shielding);
  •  aumentare la positività dei vissuti emozionali riuscendo a gioire e trarre emozioni positive anche da piccoli eventi (micro-eventi) o grandi eventi della vita (gioia situazionale, sensation windows);
  •  aumentare la solidità emotiva opposta ad una fragilità emotiva, soprattutto in condizioni in cui la fragilità emotiva può bloccare o annebbiare l’individuo, rendere confuse le sue azioni e reazioni.

 

Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:

  • l’individuo non è consapevole degli stati emotivi che sta vivendo;
  • l’individuo non è consapevole delle cause che producono un certo stato emotivo;
  • l’individuo non è in grado di proteggersi dalle emozioni negative, vivere con maggiore distanziamento le esperienze negative, e i vissuti emotivi negativi impediscono di raggiungere i propri obiettivi e risultati (fragilità emotiva);
  • l’attenzione è imprigionata sui vissuti negativi, in relazione a micro-eventi e macro-eventi personali (traumi emotivi irrisolti);
  • l’individuo non ha appreso a generare stati, situazioni, momenti, eventi (micro e macro) che possono generare emozioni e sensazioni positive;
  • l’individuo viene trascinato negli stati emotivi da persone ed eventi, senza riuscire ad arrestare i trascinamenti (essere in balìa degli eventi e delle persone).

 

Le energie mentali aumentano quando:

  • si genera consapevolezza degli stati emotivi vissuti (coscienza emotiva), della loro tipologia, intensità e localizzazione, con buona capacità di riconoscimento e di labeling (dare un nome alle emozioni e distinguerle);
  • si genera consapevolezza delle cause degli stati emotivi vissuti;
  • si acquisiscono capacità di protezione dalle emozioni negative, si apprende a far si che esse si manifestino e fluiscano senza bloccare il corso della propria vita e azione;
  • viene condotto un lavoro serio e programmatico per risolvere traumi emotivi passati (gravi o meno gravi) e quelli generati dall’operatività quotidiana, con un supporto umano (evitare l’elaborazione di traumi in solitudine o senza supporto);
  • l’individuo apprende a nutrirsi di emozioni positive, percepire le positività, generare le occasioni di positività, produrre un clima emotivo positivo;
  • l’individuo sa riconoscere e bloccare i trascinamenti emotivi, non è in balìa di eventi e persone, è meno soggetto ai “tiranti emotivi” generati dall’ambiente e dalle relazioni.

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Fare i conti con la propria identità: i ruoli multipli

ruoli multipliLa propria identitàequilibrio, energie mentali

Ti è mai capitato di dover scegliere tra due o più obiettivi, oppure tra diverse situazioni conflittuali? Come fai a capire quella a tuo parere più giusta, quella che ti avrebbe reso più felice e appagato?  

In questo articolo affrontiamo le difficoltà derivanti dalle molteplici identità, relative ai ruoli assunti da una determinata persona, nei diversi ambiti personali e professionali, con l’obiettivo di guidare gli individui al raggiungimento di un equilibrio capace di far emergere nuove energie mentali, utili a perseguire i propri scopi.

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Le autoimmagini pongono il problema dell’identità, il senso profondo di “chi e cosa siamo”, e fanno emergere la presenza della “molteplicità dei sistemi di appartenenza degli attori sociali”, delle identità multiple, il fenomeno per cui diverse identità e ruoli sono compresenti nell’individuo stesso, e spesso sono in conflitto per la gestione delle risorse (tempo, denaro, attenzioni).

Queste identità possono convivere (a volte solo apparentemente) ma entrano normalmente in conflitto. Ad esempio, l’identità di padre può richiedere di uscire prima dal lavoro o di non assumere un nuovo incarico (perché già saturi), mentre l’identità di professionista, basata su stereotipi di manager onnipotente, super-efficiente, richiede che un nuovo incarico vada assolutamente accettato e ricercato, non ci si faccia scappare l’occasione. Per scegliere bene e rapidamente dobbiamo sapere bene chi siamo.

Perseguire obiettivi ambiziosi nel percorso di carriera e nell’ascesa professionale può andare in conflitto con l’ambizione di essere un buon padre o madre. Dividere bene “chi siamo” nei vari momenti della giornata, e rispettare i confini tra i diversi ruoli personali, è un’abilità sociale e professionale da non dare per scontata.

Ogni energia e tempo possiedono limiti, ed si possono generare conflitti tra le diverse identità. Le domande interiori sono costanti, ad esempio: dedicarsi alla carriera o alla famiglia (e se ad entrambe, con che equilibri)? Dedicare la prossima serata agli amici o al mio sè intellettuale (lettura)? Dare spazio all’avventuriero o al pantofolaio, nella prossima vacanza? Andare in palestra o stare a casa?

Ogni volta che si presenta una scelta, le identità latenti emergono.

Riuscire a compiere una sintesi tra le diverse identità e ruoli, evitare di disgregarsi, trovare una centratura personale, è fondamentale.

Finché non si sono “fatti i conti” con i propri sé multipli, e ricercato un equilibrio consapevole tra le identità multiple compresenti in ciascuno di noi, appare difficile trovare una armonia interiore e vi saranno conflitti interni permanenti (dissonanze cognitive).

Queste dissonanze interne porteranno a pensare “sono qui ma dovrei essere là” in ogni occasione: sono qui al mare con la famiglia (identità genitoriale) ma dovrei essere a dedicarmi a quel progetto di lavoro (identità professionale), ma vorrei anche leggere un libro (identità intellettuale), e via così. I conflitti interni non risolti assorbono e consumano energie.

Per superarli è necessario applicare un training di “cultura dei confini” nel quale il soggetto apprenda a creare barriere mentali tra le attività (da non confondere con il tentativo goffo di dirsi “smetti di pensarci”), tramite una vera ristrutturazione cognitiva dei tempi personali.

Imparare a trovare le energie mentali per vivere anche fuori da un mondo ideale è una competenza utile per ogni persona e per ogni performer. Questa capacità psicoenergetica è la capacità di sostenere imperfezioni e abilità di adeguamento ad ambienti ostili, vivere un mondo difettoso per natura e in situazioni carenti senza che queste lacune facciano soccombere le forze e la volontà. Vivere nell’impossibilità di perfezione è una nuova arte.

Abbiamo detto, tuttavia, che inseguire un sogno è importante, per cui le abilità di adeguamento sono una capacità apprezzabile, ma ancora di più lo è capire quando è ora di cambiare e trovare il coraggio di farlo.

L’analisi complessiva dei fattori di identità e di ruolo permette di scomporre larga parte del disagio esistenziale. Il coaching potrà quindi rimuovere le aspettative su di sé che non possono veramente essere raggiunte. Potrà sostituirle con qualcosa di sfidante ma perseguibile e sano.

Potrà anche supportare i processi utili per trovare un equilibrio forte e fissare nuove mete raggiungibili con le proprie risorse, maggiormente coerenti con un principio di realtà, ripulite da illusioni e modelli proposti dai mass media e dalle aspettative altrui.

Il coach può e deve facilitare l’impegno dell’individuo verso la propria formazione, indipendentemente dal fatto che il risultato venga poi raggiunto o meno, e ristrutturare il concetto di apprendimento, da male necessario a piacere di scoperta.

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Coinvolgere i decisori chiave nelle azioni di vendita consulenziale: Il Key Leader Engagement

decisori nella vendita e acquisto© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

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Chi sono le persone che devono saper coinvolgere i decisori chiave?

  • Sanno muoversi nelle multinazionali così come nelle periferie dei paesi emergenti e, se serve, nei ghetti. Sanno gestire incontri diplomatici e con informatori, legali e illegali.
  • Sanno muoversi anche tra i magazzini, nei reparti di produzione, nei meandri aziendali che non si vedono in genere nelle copertine patinate delle brochure istituzionali.
  • Possono tranquillamente arrivare a contattare l’amante di un dirigente per ottenere informazioni, o carpire un dato da un colloquio con un impiegato alla macchina del caffè.

Non tutte le trattative si svolgono nei grattacieli New York, al contrario di quanto si vede nei film, in tutte esiste qualche componente tribale e sotterranea con la quale fare i conti.

I venditori consulenziali Senior sono, metaforicamente, più simili a dei Samurai, o meglio dei Ninja, allenati al combattimento in ogni condizione, preparati, addestrati, forti, e capaci di usare la strategia, più che la forza bruta.

Sanno mappare i sistemi decisionali. Sanno muovere leve e strategie alternative per raggiungere il risultato.

Sono negoziatori in grado di muoversi su mercati diversi e interna­zionali, interculturali, poiché – come tutti sappiamo – i business puramente intra-nazionali sono sempre meno frequenti o destinati a chi fa pura sub-fornitura.

Le vendite semplici, o vendite distributive, diventano rare, relegate alla bottega, in via di scomparsa, alla Grande Distribuzione, al Business-to-Consumer, e nemmeno in questi campi nulla viene più lasciato al caso.

Molti nuovi business arrivano soprattutto dai mercati emergenti, paesi in via di sviluppo, o da tecnologie nuove ed ignote, in cui qualsiasi logica conosciuta può saltare, e nessun corso universitario ti può preparare abbastanza.

Servono quindi capacità trasversali: ad esempio, la capacità di mappare i sistemi decisionali.

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Nell’analisi della Power Matrix (la matrice del potere), la rete di rapporti in corso permette al Team di Vendita o al Venditore Senior di individuare dove sono gli spazi di manovra, capire che segnali lanciare e a chi; con chi è bene farsi vedere o non farsi vedere, e perché.

Un negoziatore Senior o venditore Senior dopo aver mappato i poteri, deve saper praticare attivamente Key Leader Engagement (KLE), la capacità di coinvolgere (engage) i Key Leaders o decisori chiave di una partita negoziale. Ovunque vi siano strategia e poste elevate in gioco, la capacità di Key Leader Engagement è vitale. Può anche ricorrere ad “agenti” o delegare parte del lavoro di KLE da eseguire. In questo caso, tali agenti devono essere assolutamente competenti e consci del territorio delicato nel quale si stanno movendo. Devono sapere qual è l’End-State (Stato Atteso) del loro progetto, chi o cosa devono influenzare, che impressione desiderano creare di noi, dei competitors, e delle forze in campo.

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

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