dal “Diario di Simona”… Simona Galassi, Campionessa Mondiale di Boxe.. l’esperienza dell’allenare la Mente

Simona%20Galassi%20WBC%20champ galassi02sub galassi_2simona_galassi_21Proponiamo volentieri in questo blog l’esperienza di avvicinamento della Campionessa Mondiale di Boxe Simona Galassi, al mondo del Training Mentale… un avvicinamento in punta di piedi, l’ingresso in un mondo nuovo e poco conosciuto, e probabilmente l’apertura di nuovi orizzonti non solo nello sport…

Il Diario di SIMONA Il Diario di SIMONA

05/02/2013

NUOVE FRONTIERE DELL’ALLENAMENTO: IL TRAINING MENTALE.

A seguito della mia inaspettata e soprattutto pesante sconfitta nella sfida mondiale dell’ottobre scorso è stato necessario   per me sottopormi ad una attenta radiografia (in senso figurato naturalmente !!) che mi guardasse dentro nel profondo per capire cosa mi aveva portato ad essere sul ring così diversa dalla Campionessa che ci saliva poco tempo prima….  certo la lista dei problemi di questa carriera professionistica è molto lunga…le difficoltà economiche, la mancanza di supporti logistici, di datsport_focus_image36ce9dd926e88767c7f795ed938f83e8e certe e di concretezza sono solo alcune tra le motivazioni di usura fisico-mentale che rendono impossibile una programmazione utile e sensata per arrivare al top ad un evento importante come una impresa mondiale…

…però nonostante i continui rinvii e le incertezze della gara, grazie al mio preparatore Davide Carli ero riuscita ad arrivare in uno stato fisico soddisfacente e quindi? cos’è mancato?… è ancora difficile ammetterlo ma ciò che non è salito sul ring quella sera sono state la mia determinazione di sempre, la convinzione e la voglia di soffrire…certo non poco per chi nella vita fa del suo mestiere il pugilato ma purtroppo capita che  per superare momenti difficili si compia l’errore di mentire a se stessi e di andare avanti svuotati delle proprie certezze fingendo di averle come dote naturale ed invece anch’esse sensibili alle carenze di rafforzamento e bisognose di allenamento…

Nel valutare questi aspetti ho parlato con più persone al riguardo e più volte si è accennato all’utilità del training mentale, una nuova frontiera che si sta ampiamente allargando nel mondo sportivo, soprattutto ad alti livelli….       Nella mia testa, profana ed ignorante sull’argomento, mi domandavo di cosa si trattasse e già mi immaginavo a parlare con uno strizzacervelli sul senso della mia vita e del perchè delle mie scelte…beh!! niente di tutto ciò:  l’occasione di incontrare il Dott. Daniele Trevisani e di potermi avvicinare grazie alla sua disponibilità a questo tipo di allenamento mi ha concesso di conoscere un’ interessante strada di potenziamento psicologico su una base applicativa assolutamente pratica:

La lezione si basa infatti su due momenti di allenamento fondamentali e distinte: una parte di allenamento dinamico, in piedi ed in movimento, al sacco,a coppie o in gruppo dove si affrontano ed applicano le tematiche sulla percezione sensoriale, i tempi di reazione, gli atteggiamenti mentali nelle diverse fasi del combattimento e le reazioni, istintive o controllate alle stesse…insomma un modo di rendere cosciente e migliorabile ciò che si  vorrebbe o dovrebbe fare nella strategia del match…

la seconda parte, a terra, è invece dedicata alla meditazione ed alla stimolazione mentale vera e propria cercando di migliorare l’atleta nella capacità di rilassamento , di visualizzazione e controllo mentale…..sono entrata in questa disciplina in punta di piedi, con tantà curiosità ed un pizzico di circospezione ma in poche lezioni ho potuto apprezzare spunti di lavoro interessanti consapevole che l’ allenamento non interessa solo il fisico e che per emergere le doti mentali siano fondamentali anche nello sport….quindi che dire…buon allenamento a tutti!!!

fonte: http://www.simonagalassi.it/diario-simona.php#!prettyPhotoDiario[diarioSimo]/0/

Bambini e Arti Marziali

FACCIAMO UNA BUONA AZIONE! NON CI COSTA NIENTE E POSSIAMO FARE DEL BENE. Allora… FACCIAMOLO!

…che lo sport faccia bene ai bambini (lo dice anche il buon senso) lo si sapeva. Questa ricerca lo dimostra scientificamente. Soprattutto gli effetti su:

  • – rendimento scolastico e propensione allo studio
  • – ossigenazione del cervello
  • – riduzione dello stress
  • – attivazione di nuovi neuroni (azione positiva per la crescita dell’intero Sistema Nervoso Centrale = migliore capacità di concentrazione, fluidità del pensiero, intelligenza corporea, sociale ed emotiva)

Il documento di sintesi nel quale troviamo questi dati è il seguente (immagine formato jpg, è sufficiente cliccarvi sopra per chi desidera stamparlo e divulgarlo):

bambini e sport - arti marziali per bambini

I bambini di oggi sono chiusi nelle loro camere o nelle scuole, attaccati alla tv e alle playstation, ipo-cinetici, stressati.

Alcune discipline tipiche (calcio, nuoto, volley etc), appena vedono qualcuno che spicca, finiscono nel vederli solo come moneta da rivendere appena cresciuti, e non si curano di loro veramente, scartando e mettendo da parte chi non regge il ritmo. E alla fine bruciano il bambino anzichè farlo crescere.
Credo personalmente, e la scienza oggi lo dimostra, che discipline marziali (anche combat con supervisione di pedagogisti) possano dare loro davvero qualcosa di più per crescere sani. Non solo nel corpo ma anche nella mente.

Le discipline marziali sono in grado di generare doti di coordinamento psicomotorio di altissimo livello. Lavorano inoltre sui valori, sulla comprensione di sè e degli altri, sulla relazione, sul rispetto. Questo le rende speciali.

Qualsiasi disciplina, senza distinzione, va bene, purchè condotta da Maestri e Istruttori responsabili che vogliano veramente coltivare il Potenziale Umano dei bambini e non solo forgiare campioni e scartare gli altri.

Se noi esistiamo c’è un motivo. E se questo si realizza nell’aiutare gli altri, e prima di tutto i bambini, abbiamo trovato una delle cause più nobili per cui lottare. Si dimostra di essere dei Fighter soprattutto lottando per delle cause giuste.
Direi che sarebbe bene appendere il volantino in ogni palestra italiana. Cosa ne dite?

Un saluto

dott Daniele Trevisani,

Nota sull’autore. Daniele Trevisani è Master of Arts University of Florida, Esperto in Potenziale Umano e Coaching, Direttore dell’omonimo Studio di Formazione Human Potential & Communication Research. E’ autore del volume Il Potenziale Umano, edito da Franco Angeli. In campo sportivo è diplomato FIF, Sensei 8° Dan Sistema Daoshi, Coach esperto in Bioenergetica e Training Mentale per agonisti internazionali in arti marziali e combat. Sui temi della formazione, del coaching e del potenziale umano è inoltre consulente e formatore di organismi internazionali quali NATO e ONU.

ps… mi sembra doveroso citare questo documento, affinchè tutti lo possano divulgare

  • Fonte: UNESCO, Service des Loisirs, Geneve, 1992.Diritti dei Bambini nello sport
    1 Diritto di divertirsi e di giocare come un bambino
    2 Diritto di fare lo sport
    3 Diritto di beneficiare di un ambiente sano
    4 Diritto di essere trattato con dignità
    5 Diritto di essere allenato e circondato da persone qualificate
    6 Diritto di segire allenamenti adeguati ai propri ritmi
    7 Diritto di misurarsi con giovani che abbiano la stessa probabilità di successo
    8 Diritto di partecipare a gare adeguate
    9 Diritto di praticare il suo sport nella massima sicurezza
    10 Diritto di avere tempi di riposo
    11 Diritto di non essere un campione

Arti Marziali e Combat Sports per la salute fisica e mentale

articolo a cura di Nicola Ferrari, Campione Italiano di Kickboxing Low-Kick-Light Iaksa 2011, Red Belt Sistema Daoshi

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La comunità medica è ormai concorde nel considerare lo stress costante e acuto una delle principali cause di malattie.

come sostenere,quindi, il sempre più stressante stile di vita della moderna società?

Per cercare la miglior risposta a questo quesito ci dobbiamo spostare in oriente,dove affondano le radici delle arti marziali,dei profondi ed antichi valori morali e una concezione dello stile di vita, così  profondamente diversa dalla nostra troppo influenzata dal consumismo e da una moralità sempre più corrotta da falsi valori, venali e materialisti.

Le arti marziali e gli sport da combattimento, infatti, hanno come obiettivo fondamentale il continuo miglioramento dello stato fisico e mentale permettendo così il raggiungimento di un duraturo stato di “benessere”sia fisico che psicologico (oltre alla necessità di autodifesa),almeno questo è quanto gli antichi maestri professavano e quanto viene tramandato di generazione in generazione. È interessante notare come tale obiettivo coincida con la moderna definizione di“salute”, cioè, “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o infermità“. data dall’OMS, organizzazione mondiale della sanità.

A questo punto È inoppugnabile che i praticanti di arti marziali e sport di combattimento abbiano uno scopo assolutamente degno di essere perseguito e ogni individuo possa essere praticante di arti marziali, vista  l’inesistente necessità di prerequisiti.

Vediamo nel dettaglio alcuni dei benefici che ci permettono di sostenere questa tesi.

-benefici fisici ormai provati da molteplici studi scientifici:

le arti marziali e gli sport da combattimento si possono classificare come attività aerobica quindi la pratica costante comporta una serie di positive modifiche al nostro corpo, le più importanti sono:

  1. modifiche biochimiche dei tessuti cellulari,permettendo cosi,l’aumento dell’apporto di ossigeno nei mitocondri (parte della cellula che produce energia) e il conseguente aumento del consumo di carboidrati (i grassi vengono trasformati in carboidrati nel nostro organismo quindi con carboidrati si prendono in considerazione anch’essi) queste modifiche in pratica fanno si che si formino più difficilmente “accumuli di grasso”
  2. modifiche al sistema cardiocircolatorio con conseguente aumento di resistenza e efficienza del cuore e relativo apparato. Questo è sinonimo di prevenzione di malattie cardiovascolari
  3.  Aumento dell’efficienza ventilatoria e Aumento dei volumi polmonari risolvendosi così problemi come ad esempio asma o riniti
  4.  in oltre con la pratica delle arti marziali si ha un aumento della flessibilità e agilità  delle articolazioni. Questo fa si che ne venga preservata l’efficienza sino in età avanzata.

Alcuni benefici psicologici sono:

  1. l’aumento della sicurezza di sé: affrontare molteplici persone di ogni tipo di corporatura aumenta la sicurezza di sé togliendo molte paure. Questo consente di rimanere calmi permettendo la valutazione della situazione in modo più chiaro e   obiettivo permettendo così il raggiungimento di obiettivi che non ci si sarebbe mai aspettato di raggiungere.
  2. si è notata una diminuzione del livello di ostilità, aggressività e ansia in concomitanza con  l’aumento dell’esperienza del praticante di arti marziali.

Tutto questo è sinonimo di grande miglioramento della qualità di vità e significativa riduzione dell’impatto che lo stress esercita sulla nostra salute,permettendoci così di vivere una vita degna di essere vissuta, nonostante tutti gli ostacoli e le situazioni che ci si trova costretti ad affrontare.

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Bibliografia:

  • Dr. Chiara Biondani, L’ATTIVITA’ FISICA:TRA TERAPIA E PREVENZIONE – ISTRUZIONI PER L’USO
  • Gabriele Borello,5 benefici delle arti marziali,  pubblicato in QNM, 11/01/2011
  • Associazione per la Ricerca sulla Depressione ,Dallo stress alla malattia , di S. Di Salvo, S. Cavalitto e G. Cicuto

Danger Zone: l’eterna sfida tra strikers e grappler

Danger Zone: l’eterna sfida tra strikers e grappler

A cura di: dott. Daniele Trevisani (Facebook: http://www.facebook.com/dr.daniele.trevisani ) esperto in Psicologia e Potenziale Umano per le Arti Marziali e Sport di Combattimento, Coach e Formatore www.studiotrevisani.it – Fondatore gruppo Facebook Praticanti di Arti Marziali e Sport di Combattimento in Italia http://www.facebook.com/groups/129925420366754/

Responsabile 8° Dan metodo Daoshi http://daoshi.wordpress.com/

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Le MMA dividono storicamente gli appassionati in due grandi fazioni. È una filosofia di fondo. Da un lato gli Strikers – che provengono dalla kick, thai, full, karate, etc… e prediligono i colpi, pugni, calci ginocchiate e – generalmente – mal sopportano andare a terra. I Grapplers – venendo dal Judo, Ju Jitsu, Sambo etc… prediligono la lotta corpo a corpo, leve, proiezioni a contatto ravvicinato e molto spesso portano la lotta a terra, dove ottengono sugli strikers un grande vantaggio di esperienza. Basta perà osservare la tabella di allenamento di un professionista di MMA per vedere con quanta disinvoltura si passi da un allenamento di pura boxe ad un allenamento di pura lotta a terra, per poi andare nel regno della thai, poi nella lotta greco-romana, nel BJJ, e chi più ne ha più ne metta.

Attenzione, questo è un articolo di parte.. si perché, confesso, pratico da una vita discipline “in piedi”, dalla Thai e dal Karate, amo le MMA, e…. – influenzato dalla mia storia – preferisco il combattimento in piedi. Il sistema Daoshi che ho sviluppato ha una propria divisa ufficiale intera (Gi) ma questo non tragga in inganno. Lavoriamo soprattutto in piedi. La curiosità però mi ha spinto alla pratica di 14 diverse discipline marziali. Il primo assaggio di cosa volesse dire fare grappling l’ho avuto nel 1991 negli USA dove combattevo nei tornei di Karate Open. Nel mitico garage di un amico, fighter e combattente proveniente dal Taekwondo, abbiamo deciso di provare a capire chi dei due fosse più forte senza regole. Dopo essersi stancato di prendere pugni in faccia, John ha tirato fuori il suo arsenale di Hapkido (a grandi linee, lotta coreana) e mi sono trovato strangolato e in una posizione tale da non riuscire più a muovermi. Abbiamo deciso di mettere assieme le nostre conoscenze e farne un sistema nuovo, per quei tempi, iniziare il combattimento in piedi e continuarlo a terra se necessario. Pugni, calci, ginocchiate, leve, proiezioni, tutti in uno stesso allenamento. Da allora, questa ricerca non è ancora conclusa. Per colmare il divario a terra, negli ultimi 10 anni ho incluso varie discipline di lotta nella mia formazione.  Eppure… dopo una vita spesa a combattere in piedi, a fare kumite, thai, boxe, full, e qualsiasi cosa si possa fare su un ring…  trovarsi le mutande o le ascelle di qualcuno sul naso mi genera un certo fastidio… eppure… rispetto i lottatori come fa un coccodrillo con un anaconda. Qualche volta vince il coccodrillo, qualche volta l’anaconda… ma – se mi è permesso un suggerimento agli strikers, un piccolo suggerimento… se sei un coccodrillo, non sottovalutare mai l’anaconda.

Mi rimaneva dentro una voce, la convinzione che gli strikers fossero superiori. E ancora oggi, non direi mai ad un mio allievo di andare a terra se si trovasse in una rissa da bar o in discoteca. Il rischio che qualche vigliacco ti tiri un calcio in testa da dietro è troppo grande, e i vigliacchi non si fanno scrupoli. Ma lo sport per fortuna ha alcune regole e un bel (anzi, brutto) giorno, mi sembra nel 2005, vedo il Gigante dei Giganti, Ramon Dekkers, con dei pantaloncini ridicoli e attillati, rotolarsi per terra, ma non per via di un colpo, bensì strangolato, e non alla gola… ad una caviglia! Ricarico il video per vedere se non fosse uno scherzo pessimo di qualche disgraziato, un film alterato, non so con che diavoleria. No, era proprio lui, Ramon The Diamond Dekkers, il Turbine dell’Inferno, il Guanto Destro del Diavolo, colui che ha sfidato e vinto i Thailandesi in Thailandia, colui che ha cambiato per sempre la Muay Thai…  irriconoscibile, vittima a terra in balia dell’avversario… finalizzato da una leva alla caviglia… cosa stava succedendo? Il Grappler in questione era Genki Sudo, non uno qualsiasi. Quel filmato avrebbe lasciato pensare che era finita per gli stikers, che tutto era finito, che oramai vinceva solo chi portava la lotta a terra. Ma… un attimo… non è sempre così.

Mi sono ripreso dallo shock solo ricordando con altrettanta chiarezza un video di Wanderlei Silva, ai suoi esordi, presentato come Thai Boxer e Street Fighter, tanti anni fa, dove il Valetudo si faceva ancora a mani nude… lo vidi appena uscito, e mi crogiolavo nell’osservare la facilità con cui a 20 anni Wand distruggeva un Grappler americano con una ginocchiata al viso, mentre questo si lanciava contro di lui per afferrarlo alle gambe. Quel filmato avrebbe fatto pensare che uno Striker può vincere sempre, basta colpire il Grappler appena si avvicina.

Beh, che uno si consideri Striker o Grappler, occorre fare una pausa e riflettere.

Il Grappler può vincere solo se riesce ad entrare nel suo regno, le portate a terra, il wrestling, la lotta. Ma prima di arrivare a quella distanza minima indispensabile esiste una zona di pericolo (Danger Zone) dove i grappler sono estremamente vulnerabili, e una tibiata sul collo, un low-kick al ginocchio, una gomitata d’incontro, una ginocchiata al volto mentre il Grappler cerca la presa (es, un single leg o double leg) sono devastanti, anche per chi pesa il doppio.

La Danger Zone – come l’ho definita nel sistema marziale Daoshi www.daoshi.it  è la zona nella quale un combattente – in base al suo repertorio di competenze e quello del suo avversario – è in pericolo e fuori dal suo territorio di comfort tattico. Un consiglio. Stacci poco, vattene prima possibile, non fare il furbo. Non è la tua aria. Stanne alla larga.

Il recente combattimento di Lesnar contro Overeem dimostra che un campione di K1 può annientare un avversario inesperto nello striking in (ad essere buoni) in non più di 20 secondi, se questo si avvicina alla Danger Zone delle ginocchiate e non sta né più lontano né più vicino (dove è possibile far valere la superiorità nella lotta). Viene da chiedersi perché Lesnar abbia cercato di lottare in piedi contro il migliore del suo peso. Ma ci sono questioni di lucidità tattica di cui è facile parlare da fuori, mentre sul ring o in una gabbia le percezioni si alterano. La lucidità tattica è la costante consapevolezza di cosa stia accadendo, di quanto riusciamo a tenere il nostro avversario nella nostra Danger Zone e stare lontano dalla sua.

Nessun terreno è neutro. Porta il tuo avversario là dove sei più allenato, non fare il furbo sul terreno altrui. Se sei abituato a scalare montagne, non metterti in mare senza preparazione.

Vincere oggi dipende da un mix accurato tra (1) capacità di colpire i punti esatti che i grappler espongono durante le loro fasi di assalto, e (2) assalire per primi per colpire i punti che i grappler non sanno difendere. Ci sono altrettante possibilità tuttavia per i grappler, che vogliono lavorare sulla strategia anzichè sulla forza. Finte, takedown speciali, diavolerie di ogni tipo, pur di portare la lotta a terra. Youtube è pieno di video dove giganti vengono demoliti da fighter con 50 kg di meno che usano però maggiore tattica, sia grappler che striker.

Royce Gracie mi ha sorpreso, come tutti, ha vinto e meritatamente nelle MMA finchè gli strikers non hanno imparato a non farsi portare giù, e finchè gli hanno messo contro persone incapaci nella difesa dal takedown.  Uno Striker che vuole fare MMA deve dopo aver imparato le basi necessarie a non farsi portare giù. Ma la storia è storia. 5, 10 o 20 anni di pratica non si cancellano. Saper come cavarsela una volta a terra, non deve essere confuso con il diventare per forza un grappler. Qualcuno che conosco ha visto Alessio Sakara allenarsi alla famosa Gleason’s Gym – la mecca del pugilato a Brooklyn, NY, e non su un tatami.

I grapplers possono vincere solo finchè le regole non permettono di colpire al volto durante le fasi di avvicinamento o a terra, incontrano qualcuno che viene da una disciplina di striking pura e non ha mai studiato altro. A parte i gusti personali,  ricordo tuttavia che ogni tanto una “rantolata” sul tatami con un forte praticante di grappling ti riporta con i piedi per terra (anzi, con il c**o)… e l’umiltà serve a tutti. Personalmente ho avuto l’onore di fare uno sparring leggero e tra amici con Fernando “Pimpolho” Miranda, uno dei più forti combattenti del BJJ mondiale, ed è stato uno spettacolo notare la facilità con la quale una persona può giocare con te poi decidere di finalizzarti quando e come vuole (purchè ovviamente si rimanga nelle regole della non percussione). Ma ho anche fatto sparring e stage, una ventina d’anni fa, con campioni olandesi di Kick e Thai come Bob Schreiber e Rob Kaman, e francamente non saprei… è sempre la storia del coccodrillo e dell’anaconda… direi che è bene rispettare entrambi.

E allora? Tocca studiare… come sempre… tocca praticare tutte le arti. Musashi, il più grande Samurai della storia, praticava anche l’arte della calligrafia e della pittura. Questo faceva di lui un migliore combattente, una forma antica di training mentale che oggi i praticanti MMA moderni hanno perso.

Non hai mai finito di studiare ed è bene che sia così. E tutto sommato, è bello. E’ bello imparare ad accettare che il combattimento sia su più livelli. Per fortuna ho visto tutte le ultime edizioni dell’UFC e noto un cambiamento di tendenza, noto che gli striker si fanno trovare sempre più pronti, hanno contromisure sempre più efficaci all’essere portati a terra. Credo sia sempre questione di regolamenti, il mitico Fedor quando poteva tirava giù la gente con dei ganci da paura, e prima possibile, e teneva il suo Sambo da paura come arma di riserva, sebbene fosse persino più forte come grappler. Vedremo ancora momenti epici di lotta striker contro striker, e grappler contro grappler, ma la sfida striker contro grappler e viceversa rimane sempre la più entusiasmante.

Lasceremo la parola ai prossimi match per vedere l’evoluzione di questa fantastica storia…

Caso di studio 1 per l’analisi di una reale aggressione in strada

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=o3D8S3tswLw]

From the research team of www.daoshi.it – Study material for martial arts and combat sports. A a case study of real street fight. Caso di studio per l’analisi di una reale aggressione in strada. Utile per l’analisi delle tecniche di difesa utilizzate da attacco da più persone e l’analisi del “comportamento del branco” dal quale difendersi.

Riflessioni sul Daoshi

[slideshow]Daoshi® è una  Disciplina Marziale e del Potenziale Umano, basata sull’integrazione di varie discipline e arti, tra cui: Boxe, Muay Thai, Kickboxing, Karate, Judo, Ju Jitsu Goju, Capoeira, Taekwondo, Wushu, Aikido,  unite al Training Mentale, Bioenergetica e altre pratiche psicologiche.

Daoshi è una Disciplina in continua evoluzione. Ad oggi, le  differenti categorie di Daoshi® sono:

  1. Daoshi Kombat™: versione del Daoshi dedita al combattimento con protezioni (guanti o guanti speciali, e altre protezioni. es paratibie) che mette i praticanti in grado di gareggiare in tornei di Kickboxing K1,  Thai, MMA, Valetudo, Ju Jitsu Goju, Sanda, Kumite,  e nella preparazione al Pugilato
  2. Daoshi Total Fighting System™: versione del Daoshi dedicata alla protezione totale della persona e dei propri cari, o alla protezione professionale (sicurezza). Non utilizza generalmente protezioni di alcun tipo (salvo in alcuni casi alcune protezioni speciali militari per operatori speciali),  utilizza tecniche di immobilizzazione, di percussione, di leva, di strangolamento, dal livello minimale (semplice controllo) al livello letale (riservato solo per operatori di Forze dell’Ordine)
  3. Daoshi Bushido™: pratica della “via del Guerriero”, che enfatizza uno stile di vita marziale, lavora soprattutto sul Lifestyle Training, sui valori, sulla ricerca del Potenziale Umano, il Miglioramento Personale e la Crescita Personale
  4. Daoshi Healing™,  Daoshi Bioenergetics™ e Daoshi Mental Training™: pratica crescita personale di natura terapeutica e psicologica, orientata all’unione tra Bioenergetica Loweniana, scuole psicologiche neo-Reichiane e Arti Orientali. Applica soprattutto tecniche di Training Mentale, Psicoenergetica, Bioenergetica, affinamento delle capacità di concentrazione, rilassamento, attivazione mentale, focalizzazione. Utile anche per gli agonisti che lavorano in contesti di sfida massimale e operatori di alto livello nella Sicurezza, Militare e Forze Speciali, in quanto attiva  le competenze di Percezione Aumentata e Extended Cognition o “percezione allargata” utili in contesti di alta difficoltà operativa.

Daoshi non è una federazione, nè una Società Sportiva, è una Disciplina, e collabora con selezionate Federazioni di vari settori sportivi e sociali.

Apertura ad altre discipline e sport: Daoshi è Disciplina aperta soprattutto a chi ha praticato altre discipline marziali e combat e, senza mai rinnegarle, vuole ora guardare oltre il suo settore di provenienza, aprirsi ad altri tipi di studio, e arricchire il proprio campo di conoscenze.

La pratica del Daoshi è compatibile con la pratica di altri sport (es, Calcio, Volley, Basket, Nuoto) in quanto stimola le capacità di concentrazione, lucidità tattica e rapidità. E’ aperta inoltre ai praticanti di altre discipline Marziali e Combat.

Le tecniche vengono applicate sia all’allenamento amatoriale che agonistico. I praticanti delle varianti sportive di Daoshi sono in grado di combattere in tornei di varia natura, come nella Kickboxing (Light, Low-Kick, Full), K1, Muay Thai, nelle MMA, Sanda e Kumite e in varie altre forme di combattimento.

I praticanti più esperti in Daoshi Bioenergetics sono in grado di condurre sessioni private sia di personal training che di risoluzione di una grande varietà di problematiche fisiche, dovute allo stress o alla mancanza di attività fisica corretta.

Le tecniche marziali e combat vengono unite, ad un livello superiore, alle metodologie di Crescita Personale e del Potenziale Umano sviluppate dal dott. Daniele Trevisani e pubblicate da Franco Angeli editore nel volume dedicato – link e descrizione del volume:http://www.studiotrevisani.it/hpm2/

Il nostro scopo è soprattutto l’integrazione tra diversi stili e la formazione di istruttori (Mission Pedagogica Primaria). Svolgiamo attività di formazione e corsi soprattutto rivolti ai giovani, con una missione che è prima di tutto sociale.

Il lavoro sul sociale

Abbiamo ideato e sviluppato progetti di “Arti Marziali

e Sport di Combattimento contro la droga” per contrastare l’ingresso e il permanere della droga nelle comunità dove operiamo – progetti “Drug Free Community“. Di questo siamo molto orgogliosi.

Cos’è per noi la vittoria? Non avere campioni del mondo, ma far vivere a pieno i giovani. Ogni paese, frazione o micro – comunità che riusciamo con il nostro sport/disciplina a bonificare dalla droga e dall’apatia e dalla noia è per noi un successo.

Svolgiamo costantemente progetti di formazione gratuita per donne –“Urban Warrior™ , cui partecipano gratuitamente Istruttori e Maestri Daoshi, aperti anche al contributo di Maestri e Istruttori selezionati.

Siamo attivi nella difesa dei diritti dei deboli e degli emarginati, nella difesa femminile, in attività di contrasto al bullismo, anche tramite corsi gratuiti con Maestri provenienti da ogni disciplina.

Il sistema Daoshi è sviluppato dal dott. Daniele Trevisani, praticante di oltre 13 diverse discipline e ricercatore sul Potenziale Umano.

Sul lato Combat, Daniele Trevisani è stato Campione Universitario in Full Contact alla University of Florida (1991-1992), agonista Cintura nera in Taekwondo agonistico, formatore di team di Kumite (Karate), con oltre 25 anni di esperienza di insegnamento

Sul lato scientifico, è Fulbright Scholar presso la University of Florida (USA), laureato in Dams Comunicazione, Master of Arts in Communication, Master in International Marketing, e Diplomato Federazione Italiana Fitness come Preparatore Atletico.

Daoshi e Potenziale Umano: metodi e piani per la Crescita Personale

Il sistema Daoshi® si occupa – nel suo livello più profondo – di sviluppo del Potenziale Umano tramite le Arti Marziali e gli Sport di Combattimento.

Diversi corsi Daoshi sono dedicati anche a Manager e Professionisti del mondo aziendale, tramite attività di formazione in cui i partecipanti apprendono tecniche di controllo mentale, concentrazione, focalizzazione, rilassamento, attivazione mentale, ricentraggio delle priorità, sviluppo delle energie personali.

Sul piano Marziale, scopo primario è la formazione di istruttori e la crescita dei praticanti, coltivando formazione tecnica e culturale, con la possibilità di arrivare sino al loro grado di Assistente Istruttore, Istruttore e Maestro. Per questi livelli sono previsti affiancamenti di codocenza, ed un programma di certificazione della durata di 1 intero anno più stage intensivo ed esame finale, per chi proviene da altre discipline, o la partenza dal livello di principiante per chi inizia senza esperienza marziale, con – in questo caso – un programma minimo triennale.

Il programma Daoshi®  è fondato soprattutto sul potere delle Arti Marziali di favorire la formazione umana del partecipante, dove la ricerca spirituale accompagna una costante ricerca del miglioramento personale sul piano umano e dei valori.

Le basi didattiche del sistema Daoshi®  sono ancorate in valori solidi di rispetto, lealtà ed onestà, secondo i principi ispiratori del Budo, dagli albori delle arti marziali sino ad attuali metodi di combattimento totale quali MMA e Valetudo.

Formazione speciale agonisti di altre discipline e altri sport (calcio, basket, volley, e altre)il Daoshi viene utilizzato come tecnica di allenamento per aumentare le capacità di focalizzazione, concentrazione, attenzione, forza veloce e forza resistente di praticanti di altre discipline marziali, nonché nel Calcio, Basket, Volley, Nuoto, e ogni altro sport con forti componenti agonistiche

Cinture e gradi

Cinture e gradi nel Daoshi indicano le capacità didattiche ancora prima delle capacità tecniche o atletiche. Si può essere geni della matematica ma pessimi insegnanti di matematica, così come esistono atleti eccezionali incapaci di insegnare. Noi valorizziamo soprattutto le capacità didattiche.

 

Il Daoshi premia soprattutto le capacità didattiche e lo sforzo didattico, l’impegno verso la causa comune e la capacità di fare aggregazione o dare un contributo alla causa. Questo non toglie che ovviamente cinture elevate siano in genere anche più capaci tecnicamente, ma se non lo fossero per lo spessore umano, non meriterebbero la Cintura Daoshi.

Le cinture sono attualmente divise in:

  1. Blank: neo-praticanti, o ospiti esterni (esclusi accordi specifici che permettono di mantenere la propria divisa e Cintura), allenamento con Judogi, Karategi o Shorts Thai, a seconda del tipo di allenamento svolto nella sessione
  2. Cintura bianco-gialla, atleti intermedi: con esame su tecniche prevalenti di striking e tecniche base di lotta
  3. Cintura giallo-rossa: atleti praticanti avanzati con eccellenti capacità di striking e di lotta, ed esperienza agonistica. Dal livello seguente, oltre alla Cintura sono previsti Dan di graduazione per ogni categoria:
  4. Cintura blu: l’equivalente della nera nel Karate, Judo o discipline similari. Richiede esperienza didattica sul campo, almeno annuale in affiancamento ad un istruttore avanzato, ed esperienza agonistica. Forti capacità di striking e buone basi di lotta, voglia di insegnare, spessore umano, affidabilità personale e senso di responsabilità dell’insegnare
  5. Cintura rossa: formatore di agonisti. Richiede forti competenze di striking, lotta al suolo, takedown, autodifesa, difesa da attacchi plurimi, esperienza didattica pluriennale ed agonistica, capacità di preparazione di circuiti allenanti
  6. Cintura viola: direttore di istruttori, con capacità di coordinamento e organizzazione di lavoro allenante su più sedi, di preparazione di target differenziati, di leadership nella gestione di istruttori e assistenti istruttori, conoscenze di Training Mentale e Healing
  7. Cintura nera: Maestro, conoscenze striking provenienti da più discipline, takedown e lotta al suolo, armi Daoshi, armi da strada o armi occasionali. Forti competenze di leadership, capacità come Formatore, spessore umano, affidabilità totale, spirito di squadra, volontà di diventare un riferimento nella crescita dei ragazzi e degli istruttori vista come missione primaria e valore assoluto da perseguire, conoscenza del metodo HPM sul Potenziale Umano, conoscenze approfondite di Training Mentale e Healing, Bioenergetica Daoshi e altre capacità che non possono essere qui divulgate.
  8. Grand Master, Cintura nera dal 6° Dan: Oltre a tutto quanto esposto sopra, prevede la facoltà di erogare cinture e graduazioni, con enorme senso di responsabilità. Questo prevede forti doti di autonomia decisionale e capacità di organizzazione di eventi, allenamenti agonisti, allenamenti di avviamento, sviluppo nuovi corsi, preparazione gare. Prevede inoltre capacità di preparazione e gestione team di operatori di sicurezza, gestione della sicurezza in locali pubblici e eventi pubblici, capacità di leadership di team ad alte prestazioni, e svariate altre capacità, prima delle quali la totale affidabilità e devozione verso la causa dell’insegnamento, vista come missione morale e una professione vera e propria. Al momento, l’unico Grand Maste autorizzato è il M° Alfonso de Vito, 6° Dan
  9. Sensei: dall’8° Dan, oltre a quanto esposto sino al grado di Grand Master, qualifica l’impegno orientato alla ricerca scientifica sui processi del Potenziale Umano e la sua applicazione veso praticanti, agonisti, istruttori e Maestri. Il valore è soprattutto come riferimento morale. Richiede la maturazione di tecniche olistiche di sviluppo del Potenziale Umano, interdisciplinari, sia sul campo fisico che psicologico. Qualifica inoltre l’attività di ricerca costante verso lo sviluppo di nuovi programmi formativi e concept didattici, la rivisitazione e riqualificazione tecnica tramite stage e seminari speciali, lo sviluppo di tecniche applicabili in contesti anche diversi da quello marziale (es: Coaching e Counseling di Forze Speciali, Coaching e Pesonal Training di agonisti e praticanti di discipline non marziali e non combat, coaching e programmi di crescita personale individuali). Prevede inoltre capacità di ricerca scientifica e pratica sia agonistica che di insegnamento. Ha il ruolo di Sensei il dott. Daniele Trevisani, impegnato nello sviluppo e applicazione marziale e combat del metodo HPM (il metodo scientifico sul quale si basano le metodologie allenanti del Potenziale Umano).

Ruoli diversi

  • Ronin: Agonista esterno, ospite, che può mantenere tutte le caratteristiche della Scuola di provenienza (gradi, cinture, divise). Può optare per allenamenti occasionali o  praticare congiuntamente anche Daoshi ampliando il proprio repertorio ed ottenere in seguito una doppia certificazione (dalla scuola di provenienza e dalla scuola Daoshi)
  • Research Committee, Certified Research Partner: attestazione onorifica per Maestri di altre discipline, centrata sullo spessore umano, che attesta contributi culturali al Comitato di Ricerca Daoshi sulle Arti Marziali e Combat (Daoshi Martial Arts Research Committee), mantenendo la propria attività prevalente nella disciplina di base. I membri si distinguono per avere operato concretamente nello spirito di ricerca multidisciplinare del Daoshi, cercando di dare contributi culturali alla crescita di praticanti e istruttori (es, partecipazione a stage multidisciplinari), al di la di qualsiasi scuola o disciplina di provenienza e oltre qualsiasi barriera culturale, e massima apertura mentale. Ne fanno parte il M° Maurizio Medici (per la sua enorme esperienza pratica e didattica nel Wushu), e il dott. Lorenzo Manfredini, psicologo allenatore della Nazionale Italiana di Apnea e formatore di Campioni del Mondo in sport estremi.
  • Ethical Committee: Comitato Etico, valuta azioni e comportamenti di chi opera nell’insegnamento e nei praticanti. Valuta l’intangibile. Pochi sguardi in grado di investigare l’animo delle persone. Ne è Direttore il Comandante Antonio Greci, cultore di discipline del Potenziale Umano, psicologia e crescita personale, formatore in leadership e tecniche di comando e controllo, esperto in leadership, Comandante di Navi di Marina Mercantile Internazionalii.

Ogni allievo, nel sistema Daoshi, viene osservato nelle sue doti di potenziale istruttore, imparando gradualmente a divulgare il metodo, affiancare i nuovi arrivati, e trasmettere cultura e conoscenza, soprattutto sul piano morale ancora prima che fisico.

Nel Daoshi viene svolta una continua opera di formazione-formatori, stage per istruttori e agonisti.

Il successo del Daoshi si misura

  1. nel numero di ragazzi sottratti alla strada, alla noia, all’apatia, e indirizzati verso una via di crescita personale nello sport e arti marziali
  2. dal numero di istruttori e Maestri che esso riesce a creare, e dal fatto che essi diventino veri Formatori del Potenziale Umano e non semplici insegnanti di tecniche.

Togliere i sassi dal proprio zaino ed aumentare le energie personali

Di Daniele Trevisani –  www.studiotrevisani.itwww.daoshi.it – esperto in Potenziale Umano e Formazione, Sensei 8° Dan Sistema Daoshi

© Articolo elaborato dall’autore, con modifiche, dal volume “Il Potenziale Umano” di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato sulla rivista Samurai Bushido, Marzo 2011.

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Esiste un momento sacro nella vita, in cui una persona decide se vuole o meno correre, o stare sul divano, o magari alternare le due cose, e se corre, vuole imparare ad accorgersi se ha o meno uno zaino sulle spalle, decide di guardarvi dentro. Può fare male, ma è un dolore che produce crescita.

Chi lo fa, si impegna per individuare i sassi e zavorre e distinguerli dalle cose buone, e lavora per iniziare a buttare fuori sassolini e macigni, liberarsi dalle zavorre, alleggerirsi, e correre più libero.

Questo momento è sacro, ma ad oggi nessuna istituzione lo promuove, anzi, è decisamente temuto. I liberi pensatori hanno sempre fatto paura.

Le performance sono forme di pensiero pratico e voglia di vivere in azione.

Esiste una vera sacralità dell’esistenza, come recita un capo Indiano:

Nascere uomo su questa terra è un incarico sacro.

Abbiamo una responsabilità sacra,

dovuta a questo dono eccezionale che ci è stato fatto,

ben al di sopra del dono meraviglioso

che è la vita delle piante, dei pesci, dei boschi,

degli uccelli e di tutte le creature che vivono sulla terra…

(Shenandoah Onondaga)[1]

Ognuno di noi ha ricevuto un’eredità mentale e genetica da chi lo ha preceduto, un patrimonio di risorse, per alcuni ricco e pieno di frutti, per altri disastrato e pieno di debiti non pagati, con la quale fare i conti. Di questo non abbiamo né colpe né meriti, è il nostro punto di partenza.

Da questo punto in avanti, tuttavia, si avvia la responsabilità della persona nel compiere suoi progressi, tentativi anche piccoli, una responsabilità potente e individuale del volere realizzare se stessi, provare a farlo, o progredire per quanto sia possibile, senza accettare la stasi o la passività (passività da non confondere invece con capacità di rilassamento, un tratto invece positivo).

E quando parliamo di potenziale umano o espressività, non esiste punto di arrivo o traguardo finale. Si tratta di un atteggiamento costante di amore per la vita e per la ricerca.

La scienza è un’amica importante, perché dimostra che esistono possibilità enormi di emancipazione umana e crescita del potenziale personale.

Una grande quantità di studi provano che è possibile mettere mano attivamente alla propria espressività e alle abilità, sia generali che specifiche. Ma per farlo occorre volontà e lavoro allenante.

Lo studio autonomo o di gruppo, la crescita voluta, le esperienze, ma anche il lavoro allenante, formativo, di coaching, di counseling, di training, sono forme per alimentare le nostre ali per volare. Amplificare il potenziale umano significa dare ali a chi non le ha, e aiutare le persone che già volano a volare ancora più in alto. Praticare Arti Marziali e Sport da Ring è già di per se un dono che la vita non ha offerto a tutti. Tante persone nella fame, nella miseria, nei regimi totalitari, o per handicap fisici, non hanno questa possibilità.

Ma quando si ha una chance di praticare e di vivere, bisogna usarla. Vivere significa esprimersi, e apprendere ad esprimersi. Con le tecniche giuste, anche persone con handicap hanno potuto amplificare la propria espressività, nel caso specifico l’espressività comunicativa, grazie al ricorso a training particolari basati su tecniche efficaci.

Ad esempio, se parliamo di comunicazione verbale, il prosodic modeling[2] – tecnica che allena la persona a gestire meglio il parlato, il ritmo e intonazione, la buona scansione delle sillabe – migliora la capacità di esprimersi bene, di generare frasi compiute e comprensibili, e ha prodotto effetti scientificamente dimostrati. Il miglioramento è un fatto concreto e possibile.

Ed ancora, è scientificamente dimostrato che le tecniche teatrali nelle loro varie forme (incluso il role-playing, lo psicodramma, le simulazioni) possono essere usate con successo nella formazione in azienda, e anche per aumentare l’espressività di ragazzi con problemi, con risultati tangibili, reali, forti.

Gli studi dimostrano efficacia su variabili determinanti dell’espressività, quali listening skills (capacità di ascolto), eye contact (gestione del contatto visivo), body awareness (consapevolezza corporea), coordinamento fisico, espressività facciale e verbale, focalizzazione e concentrazione, flessibilità mentale e problem solving skills, capacità di interazione sociale, ma anche tratti psicologici quali la self esteem (autostima)[3].

Sono ambiti localizzati, dettagli di un puzzle di crescita, ma sono avanzamenti possibili e mostrano una via, una possibilità reale.

Questo per noi significa tanto: le persone possono andare oltre la posizione di partenza ereditata e oltre lo stato in cui si trovano, qualsiasi esso sia: (1) problematico o patologico, (2) normale o mediano, (3) eccellente o agonistico.

Sicuramente chi si impegna in programmi di sviluppo, su qualsiasi stadio di partenza, sta facendo uno sforzo intenzionale per andare oltre l’eredità ricevuta, e ha un merito. Lo ha anche chi li supporta, i coach, trainer o terapeuti che vi si impegnano. Lo hanno anche i leader se e quando nelle imprese fanno crescere le persone. I leader sono coloro che sviluppano le persone e non solo risultati.

Espressività è liberazione di sé, energia, possibilità di emancipazione, dare aiuto e contributi agli altri e ai loro sogni, così come ai nostri.

Le performance e l’apprendimento sono atti di espressività che non arrivano ad un punto per poi fermarsi, sono piuttosto momenti di azione, seguiti da altri di riflessione, ricarica, e poi ancora ricerca di altre zone di espressività e altre crescite, altri progetti positivi, e ancora riposo, contributi, espressione, in un susseguirsi direspiro vitale”, un battito di vita profondo e potente.

Ci si può esprimere in una poesia, in una corsa, in un progetto aziendale. Ci si può esprimere aiutando il prossimo, nel volontariato, o in una ricerca spirituale. Ci si può esprimere nello sport, nel piacere dell’atto fisico, nel sentirsi parte di qualcosa, nell’insegnare.

Ci si può esprimere nel raccontare con vividezza un racconto o una favola ad un bambino. Non è necessario far soldi o vincere le olimpiadi per esprimersi. Ci si può esprimere nelle professioni, nel lavoro, nell’impresa, ma diventare ricchi non è sempre sintomo di successo vero, anzi, persone che hanno raggiunto obiettivi spirituali, come Gesù, San Francesco, i monaci buddisti, e altri illuminati, hanno deciso che il loro metro di misura fosse altro.

È questa la vera emancipazione: decidere quale sia il nostro metro di misura senza ingoiarlo a forza da altri, non assorbirlo passivamente e impregnarsi da quanto certa società vorrebbe a forza, il consumismo, l’esaspe­razione, il comportamento “produci-consuma-muori”.

Ma, quello che conta ai fini formativi, è che – qualsiasi sia il target o l’obiettivo – l’espressività sia percepita come fattore altamente “lavorabile”, così come lo è, più in generale, ogni ambito della crescita e del potenziale umano.

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Note sull’autore: il dott. Daniele Trevisani (www.danieletrevisani.com), praticante di oltre 10 diverse discipline, è inoltre Maestro di Kickboxing, Sensei (8° Dan DaoShi® Bushido), formatore di atleti e istruttori di Muay Thai, Kickboxing e MMA, Formatore e ricercatore in Psicologia e Potenziale Umano, è consulente NATO e dell’Esercito Italiano, Master of Arts in Mass Communication, University of Florida. Insignito dal governo USA del premio Fulbright per i propri studi sulla comunicazione e potenziale umano. Ha realizzato docenze in oltre 10 Università Italiane ed estere, ed è il tra i principali esperti italiani nella ricerca sul potenziale umano, nella formazione di istruttori e trainer per le discipline marziali e di combattimento.


[1] Onondaga, Audrey Shenandoah (1995), Nascere uomo, in Il Grande Spirito parla al nostro cuore, Red Edizioni, Milano.

[2] Young, Arlene R.  et al. (1996), Effects of Prosodic Modeling and Repeated Reading on Poor Readers’ Fluency and Comprehension, Applied Psycholinguistics, v. 17, n. 1, pp. 59-84, Mar.

[3] Bailey, S.D. (1993), Wings To Fly: Bringing Theatre Arts to Students with Special Needs, Woodbine House, Rockville.

Preparazione psicologica prima di una gara di Kickboxing e sport da ring, Kumite o Arti Marziali

La preparazione psicologica prima di una gara di Kickboxing o Sport da Ring, Arti Marziali e Forme

Di Daniele Trevisani – Fulbright Scholar, Formatore, Sensei 8° Dan Sistema Daoshi, www.studiotrevisani.it

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© Articolo elaborato dall’autore, con modifiche, dal volume “Il Potenziale Umano” di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano. Approfondimenti del volume originario sono disponibili anche al link www.studiotrevisani.it/hpm2

Chi è interessato a riprodurre o citare l’articolo deve chiederne autorizzazione scritta all’autore, via email. L’indirizzo di email è visibiile sul sito www.studiotrevisani.it – Non sono ammesse modifiche al testo.

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Che si tratti di arti marziali o sport da ring, prima di una gara si genera “attivazione” psicologica.

L’attivazione può prendere due strade:

  • Attivazione positiva: vivere l’evento nei suoi lati più belli, sentendone soprattutto i lati positivi
  • Attivazione negativa: l’evento si carica di ansia, tensione, distrugge le energie mentali, rende la persona incapace di esprimere liberamente se stessa e tutta la sua preparazione.

Per tantissimi motivi, i praticanti nelle società occidentali vivono soprattutto nel secondo stato. Nessuno insegna veramente loro cosa fare, al di là del dare consigli derivanti dal buon senso.

Vi sono invece tecniche applicabili:

Esercizio di visualizzazione (visual imagery)

La tecnica consiste nella visualizzazione positiva: ogni giorno, per 30 minuti, occorre creare uno “spazio mentale vuoto” nel quale ricercare la condizione migliore. Se ci alleniamo ogni giorno per il corpo, lo stesso dobbiamo fare per la mente.

Occorre distendersi su un divano, o su un letto con doppio cuscino (non spiegherò in dettaglio tutti i motivi di questi accorgimenti, che hanno motivi tecnico-fisiologici che non ho qui il tempo di approfondire).

Occorre inoltre coprirsi e non avere luci forti sugli occhi. L’esercizio di visualizzazione va svolto ad occhi chiusi. Occorre inoltre una musica di sottofondo rilassante (es, musiche Reiki, o altre musiche sinfoniche, orientali, o classiche, niente di “agitato”).

  1. Nella prima fase occorre concentrarsi solo sul respiro, respirare lentamente e profondamente, senza troppo sforzo.
  2. Nella seconda fase (derivante dal Training Autogeno) si avvia la pratica delle ripetizioni mentali: occorre ripetere mentalmente e molto lentamente la frase “il mio corpo è pesante (5 volte), e io sono calmo, tranquillo, sereno. Il mio corpo è pesante, e io sto bene”. Vi sono numerose varianti a queste frasi, ma l’essenziale è che siano frasi positive, sul “sentirsi bene” nel presente e non nel futuro (evitare di dire, ad esempio, “ed io starò bene”, ma dire “e io sto bene).
  3. Fase di visualizzazione positiva: vedersi mentalmente mentre ci si prepara negli spogliatoi, mentre si viaggia verso la destinazione, mentre ci si riscalda, mentre si combatte, e vedersi in tutte queste fasi esattamente come dovremmo essere: felici, rilassati, appagati di quello che stiamo facendo senza nessuna ossessione per il risultato, ma solo sentire il piacere di quello che stiamo vivendo. Nel combattimento, vedere i colpi fluire, vedersi padroni del proprio corpo e della situazione, vedersi al meglio di come possiamo essere. Nelle forme, vedersi muovere esattamente come vorremmo, vedere il proprio corpo che fluisce nel movimento, alternando velocità e rallentamento, pienamente padroni.
  4. Fase di visualizzazione negativa: vedersi mentalmente mentre ci si prepara negli spogliatoi in modo agitato e teso, con movimenti bruschi, osservarsi mentre si viaggia verso la destinazione, mentre ci si riscalda tesi e nervosi, mentre si combatte incapaci di fare quello che sappiamo fare, e vedersi in tutte queste fasi esattamente come non vorremmo essere: tesi, ossessionati per il risultato, nervosi. Nel combattimento, vedere i colpi che non partono, vedersi incapaci diparare e schivare, vedersi poco padroni del proprio corpo e della situazione, vedersi al meglio di come possiamo essere. Nelle forme, vedersi sgraziati, vedersi scivolare o sbagliare.
  5. Ritorno alla visualizzazione positiva: ripetere la fase di visualizzazione positiva
  6. Fase di meditazione: fermare qualsiasi intenzione di visualizzare o pensare qualcosa in particolare, lasciare che la mente vaghi, lasciare che i pensieri vadano e vengano, qualsiasi pensiero sia, lasciarlo venire, accettarlo, e lasciare che se ne vada e un altro lo sostituisca, sino ad arrivare ad un sentimento di rilassamento (in genere, arriva dopo alcune sessioni).
  7. Fase di ripresa: muovere lentamente mani e piedi, stirarsi ad occhi chiusi, rialzarsi lentamente, stirarsi ancora, riprendere a muoversi lentamente.

Questa sequenza è la prima che faccio svolgere nei miei corsi di training mentale e coaching. Ve ne sono molte altre che non possono essere descritte perche prevedono azioni fisiche che pratico sulla persona – compressioni, trazioni, e altre tecniche derivanti dalla psicologia organismica, che non possono essere facilmente descritte ma vanno provate su di sé per essere capite.

Al di la della tecnica che useremo, dobbiamo capire però la radice del problema: la generazione dell’ansia e la sua gestione.

L’ansia, uno dei mali più drammatici della società contemporanea, è stret­tamente correlata allo stress.

L’ansia è – nella nostra visione – il prodotto di un incremento di attivazione mentale (arousal) mixato ad emozioni negative (paura, angoscia, timore, apprensione). La sola attivazione mentale, di per se positiva, acquisisce nell’ansia sfumature negative e innesca un dialogo interiore tutto centrato sugli eventi negativi, producendo un “sequestro emotivo” della persona.

L’ansia può essere uno stato permanente o prodursi in relazione ad alcuni eventi scatenanti o trigger (eventi che l’individuo vede come problematici, es, parlare in pubblico, stare in situazioni pubbliche, o prendere un aereo, una galleria, o in ambiti sociali e nella vita di relazione).

Alcuni autori erroneamente espongono il concetto di “ansia positiva”, intesa come fonte di energie. In realtà è corretto trattare come fenomeno ipoteticamente positivo unicamente l’arousal (aumento dell’attivazione mentale), mentre l’ansia – espressa come un correlato tra attivazione ed emozioni negative – porta con sé numerosi rischi dal punto di vista psicoenergetico.

Si distingue nella letteratura tra:

  • ansia di stato (collegata ed eventi specifici, es., prendere l’ascensore), e
  • ansia di tratto (componente ansiosa più permanente, insita nella personalità dell’individuo, con componenti che possono essere sia di derivazione genetica che apprese durante la vita).

Il training psicoenergetico adeguato consiste in diverse linee di attacco:

Ü eliminare l’arousal connesso agli eventi scatenanti o trigger, tramite tecniche di rilassamento, refraiming cognitivo o ristrutturazione cognitiva; eliminare l’ansia situazionale nei contesti precisi in cui si presenta (es., prima di una lezione, prima di un discorso pubblico);

Ü associare gli eventi scatenanti o trigger ad emozioni positive, con una ristrutturazione cognitiva profonda, es. trasformare l’ansia da lezione in gioia per l’essere protagonista di una relazione d’aiuto, gioia del dare e dell’aiutare il prossimo a capire o a crescere; questo richiede smontare la componente competitiva insita nella prestazione didattica (io contro loro) e sostituirla con la componente della relazione di aiuto (io per loro);

Ü affrontare la componente ansiosa della personalità e quella appresa (ansia di tratto). Questo può richiedere di andare alla ricerca del disagio trans-generazionale (assorbimento di ansia dai genitori e altri referenti importanti nel passato della persona) e degli schemi mentali appresi che la producono e mantengono in vita. Quando sono stati appresi? Da chi? Come rimangono attivi? Quali relazioni personali e culturali la mantengono elevata? Quali abitudini dobbiamo sradicare? Quali inserire? Un lavoro profondo richiede anche la ricerca dei messaggi genitoriali o sociali assimilati che la alimentano (es.: devi riuscire a qualsiasi costo), delle credenze disfunzionali che vivono nella mente dell’individuo, e come virus mentali la danneggiano, dei prototipi cognitivi personali (relazioni tra valori, credenze, atteggiamenti) che la nutrono (es.: devi sempre essere perfetto altrimenti non vali).

Principio 4 – Ansia ed energie mentali

Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:

  • si innesca nell’individuo attivazione (arousal) associata ad emozioni negative, rispetto a compiti, situazioni, aspetti della vita o dell’esperienza;
  • l’individuo possiede una componente elevata di ansia di tratto (ansia caratteriale) assimilata durante la crescita o alimentata da prototipi di pensiero e credenze disfunzionali,  da modelli di pensiero assorbiti dai genitori o dalla società non localizzati e schermati;
  • l’individuo subisce ansia situazionale, e non pratica attività di riduzione localizzata tramite tecniche di rilassamento o altre forme di training;
  • l’individuo non affronta il fenomeno della propria ansia di derivazione trans-generazionale (trasmissione del disagio psichico) in modo sistematico;
  • l’individuo non ricerca ed affronta i propri prototipi cognitivi disfunzionali (sistemi di pensiero) produttori di ansia e gli stili di vita che la alimentano.

Le energie mentali aumentano quando:

  • l’attivazione (arousal) per azioni o eventi viene ripulita dalle componenti emotive negative;
  • l’individuo riesce a localizzare e ridurre l’ansia di stato (ansia legata a task specifici e situazioni specifiche);
  • vengono svolti con successo interventi di riduzione dell’ansia di tratto (elemento ansioso della personalità, ansia caratteriale);
  • vengono localizzati e riconfigurati i prototipi di pensiero che alimentano l’ansia e il disagio psichico, anche di fonte traumatica, transgenerazionale o culturale;
  • vengono praticate attività costanti e programmatiche di riduzione dell’ansia, con un programma specifico seguito professionalmente, volto anche alla rivisitazione dello stile di vita.

Dott. Daniele Trevisani

Note sull’autore:

dott. Daniele Trevisani (www.danieletrevisani.com), Fulbright Scholar, consulente in formazione aziendale e coaching (www.studiotrevisani.it) insignito dal Governo USA del premio Fulbright per gli studi sulla Comunicazione nel 1990, è Master of Arts in Mass Communication alla University of Florida e tra i principali esperti mondiali in Sviluppo del Potenziale Umano.

In campo marziale e sportivo, è preparatore certificato Federazione Italiana Fitness, praticante di oltre 10 diverse discipline, Maestro di Kickboxing, Sensei 8° Dan Sistema DaoShi® Bushido www.daoshi.it formatore di atleti e istruttori di Muay Thai, MMA, Kickboxing, Karate  (Kumite), Taekwondo, Full Contact, Sanda, K1, Autodifesa. E’ stato agonista negli USA nei trofei di Karate Open Interstile e campione universitario USA alla University of Florida.

Formatore e ricercatore in Psicologia e Potenziale Umano, è consulente NATO e dell’Esercito Italiano. Laureato in Dams-Comunicazione, è inoltre specializzato in Psicometria all’Università di Padova.

Ha realizzato docenze in oltre 10 Università Italiane ed estere, ed è il tra i principali formatori italiani nella formazione risorse umane, formazione formatori, coaching, formazione di manager, di istruttori e trainer.

Formazione Aziendale: Assimilare tecniche formative dalle Arti Marziali e Sport di Combattimento

formazione e arti marzialiallenamento all'agonismospirito combattivoleadership e team buildingpreparazione fisica e mentale

Utilizzare per la Formazione Aziendale i metodi derivanti dagli sport di combattimento e dalle arti marziali

Il gruppo Daoshi è attivo nella formazione innovativa che utilizza i metodi e le tecniche delle Arti Marziali e degli Sport di Combattimento (es, Kickboxing, Thai Boxe, MMA) per ricavarne approcci e metodologie utili nella formazione aziendale.

In particolare, per quando riguarda il fronte del Potenziale Umano, della Leadership, la capacità di lottare e combattere in sfide che traggono ispirazione dalla metafora del ring ma trovano elementi comuni in ogni sfida aziendale, in ogni vendita complessa, in ogni progetto determinante per il futuro dell’impresa.

Dalla collaborazione tra esperienze diverse nascono idee innovative. E’ il caso dei programmi sviluppati in collaborazione con il dott. Lorenzo Manfredini, psicologo esperto in psicologia degli sport estremi, Direttore dell’associazione S.T.E.P.

Associazione STEP Consapevole – Counseling, Training Mentale e Psicocorporeo, Coaching e Psicologia del Potenziale Umano

Integrating Business Training with Sports Experience

Le arti marziali e gli sport di combattimento sono un canale di apprendimento privilegiato e una grande metafora della vita, dalle quali la formazione aziendale può ricavare metodi veri, nuovi, efficaci.

L’esperienza di formazione sportiva e manageriale si fonde nella capacità unica di realizzare progetti di formazione per aziende, fondati sul concetto di Potenziale Umano, di Sfida Positiva, di Step di Sviluppo Consapevole.

In tale ambito, il gruppo Daoshi collabora con l’associazione di Formazione e Counseling S.T.E.P. Consapevole, diretta dal dott. Lorenzo Manfredini, psicologo e allenatore della Nazionale Italiana di Apnea, esperto in psicologia dello sport, bioenergetica, psicoterapia e tecniche del Potenziale Umano, per realizzare progetti di formazione aziendale su misura, tarati sulle esigenze di specifici team aziendali, in grado di fare la differenza rispetto a formazione statica e passiva, puramente teorica, che caratterizza il panorama attuale della formazione manageriale.

I programmi riguardano una grande sfera di aree, tra cui:

  • Allenamento alla varietà e al lavoro in condizioni di incertezza
  • Le zone allenanti e le tecniche per generare stimoli al cambiamento
  • Il potere delle stimolazioni innovative
  • Formazione aziendale per la leadership
  • Condurre i gruppi efficacemente con carisma
  • Essere coach e creare spirito di squadra
  • L’agonismo positivo in azienda, la sfida, la motivazione
  • Carisma e autorità
  • Team ad alte prestazioni e team building
  • Sviluppo personale
  • Comunicazione efficace nei team
  • Creare team-players e sviluppare i potenziali personali
  • Resistenza e Resilienza
  • Mental Training: i metodi di Training Mentale utilizzati in campo sportivo per favorire concentrazione, lucidità, consapevolezza tattica e situazionale

I metodi derivano da una forte base scientifica e pratica, visualizzabili anche nella letteratura specifica pubblicata dagli autori. In particolare:

Arti Marziali e Sport da Ring come forma di rigenerazione: la sacralità che nessun altro può capire

Di Daniele Trevisani – Fulbright Scholar, Formatore, Sensei 9° Dan Sistema Daoshi

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© Articolo a cura di Daniele Trevisani, rielaborato dall’autore, dal volume “Il Potenziale Umano”, Franco Angeli editore, Milano www.studiotrevisani.it – Non sono ammesse modifiche al testo. Testo riproducibile solo con citazione della fonte come sopra.

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Voi uomini bianchi pretendete che noi ariamo la terra, che tagliamo l’erba,

che da questa otteniamo del fieno e lo vendiamo, affinché diventiamo ricchi.

Voi uomini bianchi conoscete solo il lavoro.

Io non voglio che i miei giovani uomini diventino uguali a voi.

Gli uomini che lavorano sempre non hanno tempo per sognare,

e solo chi ha tempo per sognare trova la saggezza

(Smohalla)[1]

Chi pratica arti marziali e sport di combattimento crede in qualcosa. Chi smette, è perché ha finito di credere. Classico sentir dire “chi te lo fa fare di andare a prendere dei pugni” o “andare a fare quei gesti strani”… ma chi lo vive da dentro sa che quelle ore hanno un valore sacro che a volte non vale nemmeno la pena spiegare. Tra di noi però vale la pena parlarne e anzi approfondire il discorso.

Io credo fermamente che il valore delle Arti Marziali e Sport di Combattimento vada oltre il gesto fisico e muscolare. Credo fermamente nel potere che ha un buon allenamento nel farti “staccare” dalla schifezza che circonda a volte le vite di ciascuno e collegarti alla parte buona della vita.

Credo fermamente nel potere curativo, fisico e psicologico, dei nostri sport, e che per vivere le arti marziali si debba vivere ogni allenamento a livello viscerale, con il cuore e non con il cervello, come un momento di rigenerazione e non confonderlo con uno dei tanti impegni che ci stressano.

Sapersi rigenerare diventa ancora più importante che dare prestazioni di picco. Questo soprattutto per chi intende dare prestazioni a lungo, e chi affronta con serietà un lavoro sulle performance. Le energie non sono infinite e vanno ricaricate. Costruire capsule temporali di rigenerazione è arte e scienza.

Il corpo e la mente hanno enormi capacità ma hanno bisogno di recupero.

La gestione dello stress e la ricerca del senso richiedono un lavoro sullo stile di vita, un’evoluzione permanente che si applica ogni singolo giorno, ed esige anche dei momenti di stacco dalla quotidianità e dalle pressioni. Le arti marziali e gli sport da ring permettono questo stacco fisico e mentale. Mentre fai un allenamento in sala pesi o macchine (o qualsiasi altro sport “di moda”) la tua testa può continuare a vagare sui problemi del lavoro, puoi continuare a parlare di cazzate con gli amici o finti amici, mentre combatti no. Mentre fai una forma difficile no. Li la testa è obbligata a staccare e viene a crearsi una capsula di spazio-tempo eterna, che non ha inizio né fine, sinchè hai fiato per andare avanti.

Per questo, qualsiasi luogo dove si praticano arti marziali o sport da ring è sacro. È sacro perché lì dentro, nel sudore, nella “bolla di concentrazione”, le persone cercano di elevarsi dallo stato di apatia della massa e cercano di migliorarsi o aiutare gli altri.

Nessun altro può capire quanto sia sacro sputare in palestra il veleno che hai accumulato nella giornata, e dedicarsi a picchiare un sacco o fare uno sparring o fare delle forme, come fossero una forma di preghiera. Un ringraziamento al fatto di essere vivi. Un momento in cui stai facendo delle ricerche su te stesso.

Ogni attività di coaching può trarre beneficio da ciò che i praticanti avanzati di arti marziali considerano necessario e indispensabile per esercitarsi: apprendere a staccare dalla routine giornaliera, trovare un luogo sacro, magico, speciale, o semplicemente tranquillo, per raggiungere una condizione diversa dove esprimersi.

Si tratta di uno spazio-tempo che prende molte sembianze. Il luogo fisico o psicologico del “ritiro” rigenerante o spirituale, il luogo della meditazione, o dell’ozio meditativo, o del pensiero, l’antro magico in cui fermarsi a riflettere, la grotta che simboleggia il luogo fuori dal tempo, o la pausa di riflessione necessaria per inquadrare meglio la rotta.

I setting fisici, e non solo psicologici, hanno rilevanza fondamentale per facilitare questo distacco, come evidenziato nelle arti marziali, parlando del Dojo o palestra o spazio di allenamento;

Tradizionalmente il Dojo era un luogo sacro. In realtà il Dojo è l’espressione esteriore di uno stato interiore che dobbiamo acquisire fermando il nostro mondo, arrestando il dialogo interiore. Ciò che rende sacro il Dojo è penetrare in uno stato sacro attraverso l’abbandono del nostro pensiero quotidiano, delle nostre inquietudini, dei disturbi, delle ossessioni, del tran tran delle nostre tiranniche menti, sempre incapaci di smettere di muoversi di qua e di là[2].

Nel sistema HPM dedicato al potenziale umano (www.studiotrevisani.it/hpm2)  ci riferiamo a questi luoghi-momenti come a “capsule spazio-temporali” dedicate alla rigenerazione di sé. L’esigenza di trovare un nome per questi momenti deriva dal fatto che sono momenti che tutti i praticanti seri vivono, ma spesso non abbiamo un’etichetta per definirli. Avere un nome per un momento così speciale è fondamentale. Se non sai il nome di una persona farai fatica a chiamarlo in modo diretto, se ne conosci il nome si girerà appena lo chiami.

Quando noi chiameremo le nostre ore passata ad allenarci “capsule spazio-temporali di rigenerazione”, sapremo meglio ciò che vogliamo raggiungere.

E, parliamoci chiaro, dopo anni di pratica un praticante serio vede subito, a colpo d’occhio, chi sono i praticanti che stanno vivendo l’allenamento “da dentro” la capsula spazio temporale, immersi in una sacra bolla di concentrazione, o sono li con la stessa presenza mentale con cui sarebbero a giocare a carte.

A noi stessi può capitare di non riuscire ad “essere li con la testa” durante un allenamento, ma questo stesso fatto di riconoscere che sta succedendo, può aiutarci a lasciare andare sullo sfondo i pensieri che ci concentrano, e immergersi piano piano nella parte sacra dell’allenamento, quella dove il tempo e lo spazio si fermano ed esiste solo la più assoluta concentrazione. Credo che questo momento abbia una sua sacralità.

Lo stesso tipo di attività, lo stacco dal quotidiano, può essere ottenuto attraverso esperienze di contatto con la natura, ritiri manageriali e ritiri sportivi, nella preghiera, o in una attività particolarmente gradita.

Al di là della specifica pratica, ciò che rimane sostanziale è la necessità di trovare gli spazi e i luoghi (gli spazio-tempi) in cui rigenerarsi, e non confonderli con attività che lo fanno solo apparentemente, es.: shopping, fumare, guardare programmi stupidi, e altre attività pseudo-ludiche che in realtà consumano anziché rigenerare, avviluppano invece di liberare, stressano anziché allentare le tensioni.

Fare chiarezza su questa differenza tra tempo di rigenerazione vero – il tempo sacro del dojo o del ring vissuti come dovrebbero essere – e i tempi di annientamento mentale in cui sprechi la tua vita, è una nuova sfida che i fighter possono cercare di inserire al centro del proprio bersaglio da colpire. Un bersaglio mobile e sfuggente, ma che una volta inquadrato prima o poi manderemo al tappeto.

Dott. Daniele Trevisani

Note sull’autore:

dott. Daniele Trevisani (www.danieletrevisani.com), Fulbright Scholar, consulente in formazione aziendale e coaching (www.studiotrevisani.it) insignito dal Governo USA del premio Fulbright per gli studi sulla Comunicazione nel 1990, è Master of Arts in Mass Communication alla University of Florida e tra i principali esperti mondiali in Sviluppo del Potenziale Umano.

In campo marziale e sportivo, è preparatore certificato Federazione Italiana Fitness, praticante di oltre 10 diverse discipline, Maestro di Kickboxing, Sensei 8° Dan Sistema DaoShi® Bushido www.daoshi.it formatore di atleti e istruttori di Muay Thai, Kickboxing, Karate  specializzato in Kumite, Taekwondo Full Contact, Sanda, K1, Thai e MMA. E’ stato agonista negli USA nei trofei di Karate Open Interstile e campione universitario USA alla University of Florida.

Formatore e ricercatore in Psicologia e Potenziale Umano, è consulente NATO e dell’Esercito Italiano. Laureato in Dams-Comunicazione, è inoltre specializzato in Psicometria all’Università di Padova.

Ha realizzato docenze in oltre 10 Università Italiane ed estere, ed è il tra i principali formatori italiani nella formazione risorse umane, formazione formatori, coaching, formazione di manager, di istruttori e trainer.


[1] Citazione tratta da: Recheis, K., Bydlinski, G. (2004), Sai che gli alberi parlano? La saggezza degli Indiani d’America, Ed. Il Punto d’Incontro, Vicenza.

[2] Tucci, A. (2005), Concentrazione e meditazione nelle arti marziali, Budo International, settembre, p. 62.