Un libro interessante per riflettere sui linguaggi della comunicazione, al di la e oltre la politica. L’efficacia della comunicazione è correlata alla capacità di individuare i linguaggi efficaci, e questo vale per ogni target audience: aziendale, politica, sociale.
Falanga sembra concentrarsi in particolare su una visione critica della comunicazione “di sinistra”, con una prospettiva di critica interna, fatta appunto “da sinistra” (ma il lettore potrà giudicare di persona le posizioni politiche espresse, disinguendole dalla analisi dei meccanismi comunicativi).
L’autore individua correttamente diversi errori comunicazionali, ad esempio, secondo l’autore la comunicazione di sinistra entra in difficoltà non appena viene accusata di “fare un comizio” (p. 71), tende ad andare fuori tema, ad uscire dalla pista comunicazionale, e “finire nell’angolo”. Il problema, come fa notare l’autore, non è tanto il “fare il comizio”, quanto la fierezza e l’orgoglio nel perseguire le proprie posizioni. La parola “comizio” ha subito negli ultimi anni una rivoluzione linguistica, che la ha portata da momento nobile di esposizione fiera delle proprie idee, a momento di percepita falsità e tentativo di manipolazione. Questo e altri meccanismi, se non smontati, rischiano di creare trappole e tranelli comunicativi.
L’autore ragiona inoltre su alcuni sottilissimi meccanismi conversazionali che avvengono nel dialogo politico, altrettanto venefici se non compresi. Ad esempio (p, 75), nelle trasmissioni televisive di dibattito politico, quando un esponente chiama l’esponente avverso”fratello mio”, questa mossa conversazionale può connotare intenzioni di non belligeranza e amicizia, ma finisce per trasmettere una sottile percezione di inferiorità dell’altro (si tratta infatti di un messaggio che in analisi transazionale verrebbe chiamato “top-down”, dall’alto al basso, da genitore a bambino).
E, molto spesso, l’incontro o dibattito televisivo tra personaggi di centro-destra e di centro-sinistra tende a trasformarsi in un incontro tra linguaggi semplificati e più comprensibili, contro linguaggi più intellettuali e meno comprensibili.
Queste e numerose altre riflessioni sono riassunte in 30 concetti chiave, con passaggi ben articolati, che, a mio parere, costituiscono spunti di riflessione interessanti sia per la comunicazione politica (di ogni schieramento) che per la comunicazione persuasiva (problema chiave in ogni operazione aziendale).
La conclusione di questo discorso ruota attorno alla “persona”. Ci riporta al bisogno di formazione e di lavoro sulle identità dei comunicatori (come espone l’autore nel principio 28: “riaddestrarsi alla fierezza, convincersi su basi oggettiva della prporia fierezza, esercitarla senza mezze misure).
Il mio parere di professionista, nel leggere le riflessioni di Falanga, non fa che confermare un dato: la comunicazione è una disciplina, e chi ne fa una professione non può sfuggire. Per aumentare le capacità di comunicazione serve consapevolezza e training, una capacità indispensabile in un teatro bellico-comunicazionale in cui, mai come ora, le competenze personali “forano” gli schermi e convincono, e le incompetenze ed indecisioni personali devastano in pochi secondi qualsiasi idea, magari in se intrinsecamente buona, quando mal comunicata.