Una mente da analista

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

Il mondo della vendita e del marketing è fatto di scelte.

Come osserva Mick, “il sistema di macromarketing è in larga misura la funzione di molte decisioni di micro marketing prese ogni giorno”1.

E, per ogni micro-decisione, occorre che la mente sia preparata a svolgere analisi rapide, a volte persino istantanee.

La vendita complessa è in larga misura la funzione di molte abilità comportamentali e strategiche micro (come la capacità di condurre una conversazione, o osservare dettagli non verbali) e macro (fare analisi di scenario, planning, realizzare progetti e report).

La mente da analista non si ferma al lavoro a tavolino (deskwork), entra in ogni contatto, in ogni stretta di mano, in ogni riunione, in ogni analisi.

Niente viene trascurato.

Comprende anche abilità macro, quali la capacità di compiere analisi socioeconomiche e di progettare piani complessi, elaborare dati, svolgere un’intera analisi di scenario e impostare una strategia.

Nessuno può pretendere di concludere affari o realizzare progetti complessi senza applicare un atteggiamento di analisi profondo, senza avere e coltivare una “mente da analista”.

Un analista si chiede molto spesso “perché”. Nota segnali e sintomi, sviluppa ipotesi, si documenta, svolge ricerca, vuole capire.

Questo atteggiamento, che ho denominato empatia strategica2, include diversi livelli di comprensione, di attenzione strategica al sistema/cliente al quale ci stiamo avvicinando o che stiamo gestendo:

 

  1. empatia comportamentale (capire i comportamenti del sistema con cui vogliamo lavorare e interagire),
  2. empatia cognitiva (capire come ragiona l’altro),
  3. empatia emozionale (capire gli stati emotivi dell’altro) e
  4. empatia relazionale (capire la rete di relazioni in cui vive l’altro).

 

Immaginate il contrario:

 

  • non capire i comportamenti altrui o non coglierne il senso,
  • subire azioni le cui ragioni ci sfuggono, e ancora,
  • non capire che ruolo gioca la controparte,
  • non capire come ragiona l’altro e dare per scontato che ragioni come noi vorremmo o “come si dovrebbe ragionare secondo la (nostra) logica”.

 

Immaginiamo anche cosa significhi portare con se il fardello di una insensibilità emotiva, l’incapacità di cogliere sfumature, non capire se una persona con cui trattiamo sia triste o felice. Oppure, essere indifferenti verso le reazioni emotive che l’altra persona ha nei riguardi di una scelta o ad alcuni aspetti del progetto che trattiamo, e cosa in specifico la preoccupa, o cosa la interessa.

E ancora, i problema delle gaffe culturali che possono offendere un dirigente straniero centrale per il successo della trattativa.

Altro grande tema: l’insensibilità al quadro “tribale” della decisione, i rapporti di forza in essere, la matrice dei poteri (Power Matrix), il rischio di non capire se stiamo trattando con un vero decisore o con un semplice emissario, un influenzatore, o con un puro “parafulmini”, qualcuno che non ha alcun potere. Perdere tempo non è piacevole per nessuno.

A catena, la mancanza di una mente da analista può portarci a perdere di vista persone e ruoli aziendali che dovremmo coinvolgere in un progetto e magari stiamo trascurando completamente.

E, peggio, non afferrare il sistema nelle sue inter-relazioni, ad esempio non capire che esiste un centro di gravità (persone fisiche, o concetti chiave su cui far leva) in ogni acquisto, in ogni decisione.

Possiamo avere di fronte a noi “clan aziendali” e altre forme tribali che si oppongono al nostro ingresso in azienda così come la compresenza di possibili “amici”, persone che ne vedono invece dei vantaggi.

Larga parte delle trattative complesse consiste nel “portare dalla nostra parte” i centri di gravità della decisione, con – ancora una volta – abilità nel condurre incontri personali e sviluppo di rapporti umani.

In un mondo difficile, solo persone preparate e con una “mente da analista” possono penetrare sistemi ostili, individuare le priorità e la “sequenza di mosse” utili per poter spostare l’ago della bilancia decisionale a nostro favore.

Una mente da analista si chiede “Perché dice questo?”, “Perché lo dice adesso?”, “Cosa c’è dietro a questa domanda?”, “Perché non è qui il dott. X… mentre all’altro incontro era presente?”, “Per quali motivi potrebbero dirci di no?”, “Cosa abbiamo di distintivo da proporre?” E tante altre domande, non stereotipate, mai uguali.

I sistemi di contatti e di relazioni in un progetto complesso richiedono visione d’insieme.

Avere visione d’insieme è una capacità, cogliere il senso di un macro-progetto, capire quando è il momento di fare un incontro, individuare quali sono le informazioni critiche che ci servono (Info-Gap), e arrivare ad esaminare il micro-dettaglio di ogni negoziazione.

Le capacità nell’analisi micro sono altrettanto fondamentali: come viene condotta una telefonata, un incontro, una stretta di mano, un’occhiata, un gesto, per poi tornare al macro, e, quando serve, ripensare un’intera strategia.

In altre parole, il successo di un’impresa dipende non solo dalle grandi strategie ma anche dalla capacità di portare a casa risultati in ogni singola vendita, e diventare abili in ogni singola conversazione e contatto che costituiscono la linea di vendita. Buoni numeri arrivano solo da buone azioni.

La linea d’azione della vendita (Action Line), così come la linea d’azione negoziale, richiedono una specifica sensibilità. Sensibilità alla comunicazione “olistica”: ogni azione, comportamento, o non-azione, comunica qualcosa.

Questa sensibilità è da praticare contatto dopo contatto, nelle negoziazioni, negli incontri, nelle telefonate, o nei comportamenti tenuti a tavola.

Riguarda persino il modo di parcheggiare in prossimità dell’impresa cliente, le attenzioni nell’aprire la porta o meno a qualcuno, offrire un caffè o un dono.

I professionisti della vendita strategica e delle negoziazioni complesse adottano un modo di lavorare che è anche un modo di essere.

Colossi aziendali e piccole imprese, nelle loro negoziazioni Business-to-Business, con i distributori, i fornitori, con le reti di vendita, con i buyer aziendali, hanno continui “momenti della verità”: gli incontri faccia a faccia, le discussioni, le mail, le presentazioni, le risposte a domande.

Per ciascuno di essi diventa essenziale curare le abilità di relazione, le capacità personali di analisi e di comunicazione in chi si deve interfacciare con i clienti che contano, sviluppare grandi progetti e vendite importanti.

1 Mick, David Glen; Bateman, Thomas S.; Lutz, Richard J. (2009), Exploring the Pinnacle of Human Virtues as a Central Link from Micromarketing to Macromarketing, in: Journal of Macromarketing, Volume 29 Number 2, June 2009 98-118, Sage Publications.

 

2 Da: Trevisani, Daniele (2005), Negoziazione Interculturale: Comunicazione oltre le barriere culturali. Milano, Franco Angeli.

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©Copyright. Vietata la copia o riproduzione non autorizzata. Per contatti. Altri approfondimenti sul volume sono disponibili alla sezione dedicata alla Vendita Strategica sul sito Studiotrevisani e sul blog Strategic Selling, risorse per la formazione vendite.

 

Strategie di vendita: il primato della comunicazione face-to-face

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.

Un produttore di ingranaggi che vuole vendere prodotti ad un costruttore di macchine non può certo pensare di fare pubblicità televisiva nel prime time “colpendo” 10 milioni di spettatori sperando che in questo “mucchio” vi siano i 3-4 decisori che contano, i responsabili acquisti e dirigenti dell’azienda cliente.

Ogni Business ha di fronte a sé due grandi strade: (1) le comunicazioni pubblicitarie, spesso costose, massificate, dagli enormi budget, figlie di un miraggio fatto di inutili lustrini sfavillanti, e (2) – soprattutto nel Business to Business – la scelta di formarsi come professionisti nel mondo delle negoziazioni interpersonali e incontri umani, tra persone vere.

Per la stragrande maggioranza delle imprese e delle organizzazioni non ha senso investire in pubblicità di massa, a tappeto, occorre imparare a colpire i decisori. Occorre un approccio più mirato.

Un club sportivo che deve ottenere una palestra da un Comune, dovrà convincere lo specifico dirigente, e probabilmente fare azione di sensibilizzazione anche sull’Assessore allo Sport. Non può certo pensare di persuaderli tramite un’inserzione su un giornale.

Dovrà per forza incontrarli di persona, negoziare con loro, vendere loro dei benefici e un’immagine di chi siamo e di cosa vogliamo fare. Dovrà dare garanzie di affidabilità, e la certezza che, come fornitori o come interlocutori, non saremo creatori di problemi per la loro carriera aziendale o politica.

Un contratto da stipulare per un appalto o una fornitura strategica non verranno mai aggiudicati se non attraverso trattative e incremento della conoscenza personale, fiducia, forti legami personali, percezione di benefici.

Ancora, pensiamo a quanta dose di “vendita” e “sviluppo del rapporto umano” vi sia in un colloquio di lavoro, e nella decisione di fidarsi di un certo professionista in ogni campo (medico o avvocato, dentista, fisioterapista, ingegnere o consulente), e persino in un corteggiamento, e nelle tante forme della seduzione.

Riflettiamo. È sufficiente affidare la seduzione o la costruzione della fiducia ad uno spot o ad un volantino, cartaceo o digitale che sia? Possiamo pensare che uno spot faccia per noi il “lavoro” del capire l’altro, entrarvi in relazione, e costruire una relazione solida?

La pubblicità non è inutile, è uno strumento che serve in casi molto specifici, ma non va confusa con la comunicazione in senso lato. Sono due gambe con le quali le aziende corrono, con la differenza che la gamba pubblicitaria è spesso bella e massaggiata e la gamba della formazione alla negoziazione e comunicazione umana, è amputata.

Siamo circondati e bombardati da pubblicità, da tecnologie di messaggistica, sino alla nausea, siamo stati riempiti di bugie e promesse vuote, e non ci fidiamo più. E abbiamo ben ragione di essere stanchi.

Per questo, molto peso è tornato al fattore umano e all’incontro umano, al guardarsi negli occhi, al voler capire con chi stiamo trattando, un momento essenziale per i progetti che contano davvero.

Il business del futuro è il risultato di progetti che le imprese, tramite le persone, conducono assieme ad altre imprese tramite persone umane, in carne ed ossa. È il ritorno del primato dell’uomo.

È in questo campo che si gioca una partita fondamentale. È questo il terreno dove ancora – e sempre più – conta la sensibilità che solo il fattore umano può portare.

Lavorare in partnership con i clienti è una sfida. Significa costruire dal nulla progetti su misura per il cliente, avere la capacità di offrire unicità e consulenza, qualità e soprattutto “valore relazionale aggiunto” che faccia la differenza tra noi e gli altri.

Il mondo degli incontri umani di business face-to-face è più “vero” di quello pubblicitario, è molto più frequente per le piccole, medie e grandi imprese, è un fatto quotidiano, e per le aziende è essenziale formarsi su questo.

Nelle comunicazioni personali, face to face, tutto conta: gli sguardi, le strette di mano, le trattative che le aziende conducono per concludere progetti, affidandosi a poche, selezionate persone in grado di capire situazioni complicate e condurre operazioni negoziali complesse.

In tali progetti si può essere annientati e deprivati di ogni potere negoziale, o “portare a casa” un risultato. Si può costruire o distruggere il futuro.

Sulle spalle e sulle capacità di poche persone, in poche ore di trattativa, si decide il destino di progetti destinati a cambiare intere aziende, il futuro del loro personale e delle famiglie che lavorano.

Lì, sul “teatro” della vendita e della negoziazione, si gioca il destino delle aziende.

E su questo fronte vogliamo stare, e rimanere.

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©Copyright. Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011. Vietata la copia o riproduzione non autorizzata. Per contatti, vedi Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.

Vendite complesse: prepararsi da professionisti.

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.

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Esiste una grande confusione in campo aziendale su cosa sia la formazione. Alcuni pretendono di preparare negoziatori e venditori tramite un paio di ore di lezioni teoriche in cui vengono propinate teorie e concetti astratti, affidandosi a professori universitari che non hanno mai venduto niente in vita loro.

Altri si affidano a persone che li faranno camminare sul fuoco raccontandogli che questo li porterà a dominare l’universo, con l’effetto pratico di fargli bruciare i piedi (se va bene), o li trascinano in meeting di vendita in cui dovranno cantare e ballare come poveri deficienti deliranti.

Altri assegnano incarichi a società di consulenza blasonate (le tante Consulting), e sperano di risolvere il problema (avere negoziatori e venditori preparati) affidandosi a presunti Guru che mostrano diapositive sfavillanti, frasi ad effetto, autori dai nomi esotici e famosi. Utile, ma insufficiente.

Altri ancora puntano sul “fai da te”, facendo affiancare i giovani a venditori anziani, senza filtro, con l’effetto pratico di propagare e disseminare tutti i loro errori per generazioni e generazioni.

Più che una formazione classica, serve una forte “sensibilizzazione”, qualcosa che vada oltre le regole stereotipate. Ad esempio, imparare a vedere come noi reagiamo alle comunicazioni altrui, come funziona il nostro dialogo interno[1], capire come esaminare una conversazione e cogliere le sue mosse strategiche, preparasi ad essere analisti.

La formazione seria è una forma di apprendimento molto forte, parte da un’autoanalisi che nessun PowerPoint può sostituire, e ci chiede di fare i conti con chi siamo veramente.

Al contrario dei seminari tenuti dai “corsifici”, un buon coaching in profondità (coaching personale o team coaching) può aiutare la persona e il team a prestare attenzione a ciò che prima gli sfuggiva, e questo non ha niente a che fare con la formazione classica.

Bisogna aiutare le persone a muoversi da professionisti, a “pensare” come professionisti. La ricerca del Potenziale Umano che si nasconde in ogni persona non è né facile né immediata, lo sappiamo tutti benissimo. Ma, a volte, cerchiamo scorciatoie che non esistono.

Le situazioni in cui la comunicazione cambia le cose sono tante.

Possiamo avere un colloquio di lavoro nel quale si decide una svolta nella vita, nel quale far emergere chi siamo e cosa valiamo.

Gli effetti di ogni parola e di ogni gesto saranno sommatori e decisivi.

Lo stesso bisogno di essere comunicatori efficaci tocca il problema di trovare un finanziatore per progetto, o un sogno da concretizzare.

Tante situazioni, un denominatore comune: il risultato delle attività di comunicazione e negoziazione cambia la vita. Affrontare questo mondo intrigante richiede l’esame di molte variabili. Ma cerchiamo prima un tratto comune e valutiamo quali sono le poche certezze di cui disponiamo.

Una prima consapevolezza di fondo è il bisogno di una grande serietà in chi opera nel mondo della comunicazione e della negoziazione complessa: essere coscienti del fatto che dagli esiti di una trattativa strategica dipendono svolte di tipo professionale, effetti che cambiano la vita, propria o altrui.

Se condotte bene, gettano le basi per un futuro migliore. Se condotte male, producono danni enormi.

Una seconda certezza: per comunicare bene serve formazione specifica, l’abito mentale di chi si prepara alla negoziazione, dedica ad essa risorse mentali, la gestisce come un’attività professionale e strategica (approccio mentale del Get-Ready Mind Set), e non trascura i dettagli[2].

Una terza certezza è il bisogno di curare la “macchina” del venditore, negoziatore o comunicatore, ancora prima di preoccuparci delle sue prestazioni esterne. Una persona che sta bene, piena di energie fisiche e mentali, avrà ottime chance di esprimere anche il suo potenziale comunicativo. Al contrario, una persona fisicamente debilitata o esaurita, e psicologicamente stanca o che si sente fuori ruolo, non farà altro che errori continui.

Come sottolinea un collega e amico, importante psicologo e counselor italiano, allenatore della nazionale italiana di Apnea e di campioni del mondo di apnea, quando ci si “immerge” nelle relazioni e nelle negoziazioni si va incontro, come fa un apneista, anche a se stessi e al proprio inconscio.

Possono emergere paure o incongruenze, ansie e timori ragionevoli o irragionevoli, coscienti o subcoscienti.

Se questi ci bloccano, ci rallentano, ne subiremo gli effetti negativi.

Al contrario una persona che abbia fatto un lavoro profondo su di sé può “immergersi” tranquillamente sia in acqua che nella più difficile trattativa, senza perdere in consapevolezza emotiva e rimanendo sostanzialmente sereno nonostante l’ambiente difficile che lo circonda[3].


[1] Per il dialogo interiore nelle situazioni di consumo e scelta di acquisto, vedi Bahl, S. e Milne G. R. (2010), Talking to Ourselves: A Dialogical Exploration of Consumption Experiences, in Journal of Consumer Research, Vol. 37, June 2010.

[2] La preparazione mentale a compiti successivi, e l’utilizzo delle risorse mentali, nella Consumer Research, è stata affrontata in un articolo specifico. Vedi Bosmans Anick, Pieters Rik e Baumgartner Hans (2010), The Get Ready Mind-Set: How Gearing Up for Later Impacts Effort Allocation Now, in Journal of Consumer Research, Vol. 37, June 2010.

[3] Manfredini, Lorenzo (2010), Appunti di counseling, materiale didattico riservato, Associazione Olos e Istituto di Dinamica Mentale, Ferrara.

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©Copyright. Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011. Vietata la copia o riproduzione non autorizzata. Per contatti, vedi Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.

Le 6 aree di sviluppo per la crescita delle risorse personali

Autore: Daniele Trevisani. Estratto dal volume “Il Potenziale Umano“, Franco Angeli editore, Milano, 2009, Copyright

Le azioni di sviluppo del potenziale umano si dividono in:

  1. sviluppo bioenergetico: si prefigge di accrescere le energie del corpo, le forze fisiche, lo stato di salute, forze su cui poggiano tutti gli altri sistemi; vengono individuate sia azioni globali (es.: migliorare lo stato di forma fisico) che azioni localizzate su specifici micro-obiettivi, es.: aumentare la resistenza aerobica, migliorare la postura, rivedere l’alimentazione. Gli interventi si dividono in azioni (1) di riparazione (terapeutiche) o (2) di potenziamento; esse riguardano (a) economie dei distretti locali del corpo e (b) azioni centrate sull’economia corporea complessiva;
  2. sviluppo psicoenergetico: crescita delle energie psichiche, motivazione, volontà, spinta interiore ad agire e a progredire; rimozione di blocchi psicologici e stili di pensiero che impediscono di raggiungere il potenziale, individuazione delle auto-limitazioni, irrigidimenti cognitivi, credenze culturali autolimitanti o dannose per sé e per il team; lavoro di consapevolezza dei potenziali, riduzione dello stress negativo, incremento di autostima, lucidità decisionale, chiarezza delle proprie risorse interiori; il lavoro è sia sull’economia cognitiva generale (es.: ridurre l’ansia generalizzata, aumentare l’autoefficacia generale) che su economie di specifiche aree psicologiche in azione, es.: lavorare sull’ansia in un public speaking, o l’ansia pre-gara, o la visualizzazione mentale dell’evento;
  3. sviluppo delle micro-competenze: è un lavoro specifico, inteso come innestato all’interno di una matrice di obiettivi legati al ruolo. Richiede di individuare fattori che creano differenza tra un’esecuzione (1) scarsa, (2) normale o media, (3) un’esecuzione di alto livello (il nostro obiettivo finale). Gli esempi possono essere tanti. Es.: localizzare i dettagli che differenziano una vendita da principiante vs. una vendita di alto livello (dove sono esattamente le differenze?); capire le “distintività” (azioni, dettagli, micro-atteggiamenti, micro-comportamenti) che mette in campo un combattente professionista rispetto ad un dilettante, nella preparazione, e durante un incontro. O la differenza che c’è tra un rigore tirato bene e un rigore tirato male, o tra una riformulazione corretta e una sbagliata (per un terapeuta), o per un cuoco, il tempo ottimale di cottura e uno leggermente peggiore. La ricerca di dettagli delle performance può essere applicata in ogni campo. Possiamo localizzare le micro-competenze di un direttore, di un venditore, di un atleta, di un medico, di uno psicologo, di un negoziatore, di un educatore. Il lavoro sulle micro-competenze richiede sia una fase di riconoscimento (detection aumentata, stimolo della capacità di percezione e localizzazione) che una fase di formazione (lavorare sulle variabili prima isolate); produce inoltre un forte incremento della sensibilità ai dettagli, dell’attenzione, della capacità di trovare “cose concrete su cui lavorare”;
  4. sviluppo delle macro-competenze: le macro-competenze sono la connessione tra (1) il repertorio globale di abilità della persona e (2) il ruolo che quella persona vuole ricoprire. Le due sfere possono di fatto collimare perfettamente, o invece essere scollegate o ridotte (il che mette la persona in sicura difficoltà). Possono anche essere sovrabbondanti e anticipatorie dei futuri cambiamenti (creando agio e una condizione di maggiore elasticità e sicurezza). Prevedono l’esame del ruolo, delle aspirazioni, delle traiettorie, la rilevazione di gaps (lacune) e incoerenze professionali, analisi di bisogni di revisione o cambiamento significativo del proprio lavoro o della posizione professionale, dei ruoli giocati in campo; richiede valutazione e anticipazione dei mutamenti organizzativi cui dare risposta; sviluppo di una coerenza tra proprio profilo professionale e propri obiettivi di vita o obiettivi aziendali da raggiungere, tra le proprie aspirazioni e le opzioni reali dell’azienda e del team, ricerca di spazi nuovi di espressione;
  5. sviluppo della vision e del piano morale: localizzazione degli ancoraggi morali forti, dare spessore morale e senso alla vita e all’azione, costruzione e revisione di un piano di lungo periodo, costruire una linea di tendenza ideale, sognare e idealizzare una traiettoria di crescita positiva; coltivare saggezza nelle scelte, cercare un ancoraggio a valori guida, revisione della mappa di credenze morali e consolidamento di una filosofia di vita positiva. Comprende la ricerca di nuovi stimoli all’autorealizzazione, connessione a valori umani positivi e forti, senso pieno del fare e dell’esistenza, ricerca di un senso profondo dei progetti, trovare motivi e direzioni per cui vale la pena impegnarsi; e persino nuove aree di obiettivi esistenziali o/o professionali che diano sapore e senso alla vita, idee e pensieri ispirativi sui quali la persona non aveva ancora riflettuto.
  6. sviluppo di mete, traguardi, goal e progettualità necessaria: definizione di obiettivi precisi da raggiungere, misurabili, tempificabili; progettualità su risultati concretamente raggiungibili; sviluppo della capacità di gestione di tempi (time management) e progetti (project management), gestione efficace delle proprie risorse, capacità di concretizzazione, di realizzazione, abilità nel calare nella realtà un concetto o un obiettivo, trasformare una visione d’insieme in to-do-list (lista delle cose da fare); capacità di tradurre un ideale o un proprio valore in un piano di azione.

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Copyright, Articolo estratto con il permesso dell’autore, dal volume di Daniele Trevisani “Il Potenziale Umano“, Franco Angeli editore, Milano.2009. Pubblicato con il contributo editoriale di Studio Trevisani Communication Research, Formazione e Coaching.

1.6. Radicamento solido (grounding) e ali per volare

 1.6. Radicamento solido (grounding) e ali per volare

Le persone hanno bisogno di tante cose: cibo, acqua, amore, denaro oggetti, ma, ancora di più, hanno bisogno di radici su cui poggiare (grounding) e ali per volare, strumenti per raggiungere i propri scopi, sogni, aspirazioni, e non spegnersi.

Lavorare su entrambi i piani è il nostro credo fondamentale. È un lavoro diretto ad un potenziamento generale della persona, ad un suo radicamento solido, un ancoraggio su piattaforme salde, per poi poter guardare in alto.

È un rafforzamento indispensabile, necessità sulla quale non è bene chiudere gli occhi.

Questo bisogno è mosso da due grandi classi di motivi: (1) potenziarsi per il desiderio di raggiungere obiettivi che solo con energie elevate possiamo toccare, (2) sviluppare la resistenza esistenziale, saper incassare, farsi forti e assorbire i colpi che arrivano con forza, quanto più la vita si fa complessa e competitiva, e centrano l’individuo da ogni lato (fisico, psicologico, economico, esistenziale). Colpi a volte durissimi e imprevisti.

Gli unici a non subirli sono coloro i quali hanno abbandonato, sono protetti, o possono permettersi di non avere obiettivi. Anche per loro tuttavia, quando la situazione cambia, farsi trovare forti e preparati piuttosto che deboli e impreparati farà la differenza.

Per tutti gli altri, la giostra è aperta qui ed ora, non è possibile scendere, ma solo imparare a potenziarsi, capire cosa succede, prendere coscienza, smontare i meccanismi del gioco, prendere in mano qualche leva di comando, e governare il timone dell’imbarcazione che ci conduce.

Prepararsi e potenziarsi ha senso non solo peri l’oggi ma anche per un domani in cui vogliamo farci trovar pronti rispetto alle sfide che ancora non possiamo prevedere, l’imprevisto. E, come evidenzia l’umanista e scrittore francese Rabelais, verso il futuro è meglio essere preparati.

 

Bevo per la sete che è da venire

François Rabelais (1494-1553)

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“Il Potenziale Umano”

Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance