Un modello efficace sul potenziale umano

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.

Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Il Potenziale Umano: metodi e tecniche di coaching e training”, Franco Angeli editore, Milano.

 

Chiedersi qual è il proprio potenziale e quanto di esso abbiamo esplorato o raggiunto non è una domanda banale.

Questo accade in alcuni particolari momenti della vita in cui diventa importante per noi realizzare qualcosa, migliorare, ed esprimerci.

Quando questo accade, un sentimento dentro di noi cambia. Dalla realtà esterna iniziamo a spostare l’attenzione verso la realtà interna.

Ci poniamo domande, alcune di queste possono fare male, altre aprire nuovi orizzonti, ma non importa, poiché esse ci mettono positivamente in discussione. Nessuna domanda è inutile quando ragioniamo sul senso e sul significato di chi siamo e cosa vogliamo, quando ci chiediamo se e come vorremmo costruire qualcosa di cui essere fieri (una prestazione, o un contributo agli altri o ad una causa), o semplicemente essere diversi o migliori.

Per molti l’esito di una maggiore attenzione al potenziale personale è il desiderio di esplorarlo, o lasciare un segno, iniziare progetti, potersi guardare alle spalle ed essere fieri di come abbiamo vissuto, di quello che siamo e siamo stati, e dare un messaggio positivo a chi ci seguirà nel viaggio della vita. Per altri invece tutto rimane bloccato in una ruminazione mentale ininterrotta e auto-distruttiva. Le energie bloccate corrodono e distruggono anziché produrre e generare benessere, forza vitale, amore e passione.

La differenza tra i due risultati (crescita e sviluppo vs. ruminazione mentale negativa) sta nell’avere un modello e un supporto che aiuti a individuare meglio i traguardi, e i percorsi da intraprendere per arrivarci.

Insuccessi, cadute, blocchi, errori, fanno parte integrante di questo viaggio, ma il loro accadere non ne sposta minimamente il valore.

Ciò che differenzia un uomo da un sasso è che lo “stare compressi”, sepolti, essere trasportati senza chiedersi dove, o rimanere pressati e immobili, è accettabile per il secondo ma non per il primo.

L’uomo ha un bisogno intrinseco di “volare”, di esprimersi, di “ricercare”, di dare senso alla propria vita, e persino ad ogni propria singola giornata o azione.

Chi nega questo bisogno di espressione e crescita applica uno dei meccanismi psicologici più autodistruttivi che esistono, individuato in letteratura come self-silencing: autosilenziarsi, uccidere le proprie aspirazioni, mettere il tappo ai propri sogni, smettere di credere in qualcosa, pensare che tutto sia inutile, che non valga la pena, che le difficoltà sono troppe, o il mondo in fin dei conti sia sempre andato così.

Bugie. Bugie che ci raccontiamo per non entrare (giusto per usare un altro termine tecnico) in “dissonanza cognitiva”, la condizione di disagio che incontriamo quando ci rendiamo conto che qualcosa nella nostra vita non sta andando come vorremmo, o che potremmo essere migliori o semplicemente diversi. Coltivare il potenziale umano è invece un momento di liberazione.

Esistono implicazioni anche sul piano medico: quando una persona è priva di energie mentali, o non ha più alcun valore o ideale a sorreggerlo, o mancano le competenze per far fronte alla vita, il corpo soffre e può arrivare ad ammalarsi1.

Desiderare di progredire, porsi domande, “chi, cosa, dove, con chi, perché”, è un obiettivo o passaggio inevitabile per ogni anima sensibile.

Dare impulso al viaggio della vita ha sempre senso. Ne può avere sia che si desideri unicamente una propria evoluzione personale, o che invece il percorso sia finalizzato al percorso professionale e aziendale.

Entrambi i viaggi hanno spessore e valore. Ambedue sono degni di attenzione e di supporto, perché una persona ferma e spenta non è utile a nessuno, così come non è utile avere imprese e team incapaci e demotivati.

I team più forti del mondo, e i più grandi campioni di tutti i tempi in ogni disciplina, o i più grandi pensatori della storia, sono tali perchè continuano a porsi domande e non sfuggire” il richiamo della natura”, la pulsione ancestrale che ci parla di evoluzione, che ci spinge a progredire, ad essere migliori.

Senza un modello che ci aiuti a trovare le direzioni di crescita, il nostro sforzo può risultare nobile ma vano. Si corre, ci si affanna, si investono tempi ed energie, ma spesso senza una buon mappa di orientamento. Il risultato è un’enorme dispersione.

Un buon modello, invece, aiuta a trovare più rapidamente la strada. Se un modello non offre stimoli, indirizzi e orientamenti, risulta completamente inutile, come orientarsi in una mappa sbagliata o capovolta.

Un modello del potenziale umano, inoltre, può essere utilizzato in progetti concreti di business coaching, di consulenza, di training aziendale, di coaching sportivo, ma anche nel counseling, nei corsi di leadership, nella formazione.

Da quando esiste, l’uomo si sforza di costruire mappe per orientarsi e non perdersi. Abbiamo mappe degli strati più profondi della terra, dei mari, del cosmo, ma – stranamente – non ci vengono fornite mappe efficaci per orientarci nel nostro sviluppo personale o nei territori inesplorati del potenziale umano. Accompagnare le persone in questo viaggio è, per me, un onore.

1 Una logica conseguenza che non possiamo nascondere è che la medicina dovrebbe quindi occuparsi anche di questi fenomeni, unendosi alla psicologia e ad altre scienze, in un unica disciplina del funzionamento complessivo dell’essere umano.

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La visione della persona come sistema energetico

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.

Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Il Potenziale Umano: metodi e tecniche di coaching e training”, Franco Angeli editore, Milano.

 

 

 

Il metodo HPM deriva la propria sigla dal suo obiettivo primario, il Modeling, o “dare forma”, generare impulso, contributo e stimolo alla crescita della persona, dei team e delle organizzazioni.

Il metodo ha due distinte sfere di applicazione, tra di loro collegate:

 

  • crescita del potenziale umano: Human Potential Modeling, e
  • sviluppo delle prestazioni: Human Performance Modeling.

 

Il metodo contiene una concezione dell’uomo come articolazione di energie fisiche e mentali, micro e macro-competenze, progettualità e aspirazioni.

Il metodo individua sei specifiche “celle di lavoro”, sulle quali ciascuno di noi, indipendente dalla sua condizione di partenza, può fare progressi, piccoli o grandi che siano. E, per ogni piccola conquista, si aprono nuovi orizzonti che ci invitano ad andare avanti, in una continua esplorazione di ciò che significa progredire, nel suo senso più profondo.

“Entrare” in queste sei celle ci permette di costruire progetti di crescita seri ed efficaci, siano essi la “liberazione” da ciò che ci frena, o l’aumento delle nostre risorse personali.

L’amplificazione delle energie e abilità di un individuo o di un intero gruppo o impresa, può proiettarci verso nuovi traguardi, e nuovi modi di essere. Prendere piena coscienza dei propri potenziali e lottare per raggiungerli è un’operazione che ha una propria sacralità, al di la del risultato numerico o professionale che ne può derivare.

Capire questo è essenziale oggi per fare del training aziendale serio, essere ricercatori o insegnanti degni di questo nome, ma anche nel coaching, nel focusing (focalizzazione dei fabbisogni di sviluppo), nella consulenza, nei progetti di crescita personale, quando si esamina una persona o un’organizzazione, intesa come complesso di energie circolanti, il suo lato umano, il suo spirito vitale.

Il metodo HPM raggruppa tutti i fattori evidenziati in un modello piramidale (energie fisiche e mentali, micro e macro-competenze, progettualità e aspirazioni) e li considera aspetti allenabili, aumentabili, su cui si può agire.

A questo modello quindi ci apprestiamo a lavorare.

Ne esponiamo di seguito un’anteprima grafica, nella quale si evidenziano le sei specifiche aree di lavoro, ciascuna delle quali viene approfondita, ma sicuramente non esaurita.

Esaurire ogni singola area sarebbe una pretesa troppo grande, mentre aprirvi una discussione e offrire su ciascuna contributi, strumenti utili e operativi, è invece già possibile.

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Potenziale umano e prestazioni umane sono due aree di studio diverse ma strettamente collegate, così come lo sono le fondamenta di un edificio e i suoi piani superiori.

Nessuno costruirebbe, con un minimo di buon senso, un grattacielo su fondamenta instabili. Il lavoro sul potenziale è, come metafora, simile al lavoro di costruzione di fondamenta solide, mentre le performance ci restituiscono un senso di altezza, di quanto in alto possiamo spingerci.

Ognuno di noi sente il bisogno, prima o poi, di sviluppare il suo potenziale, ma anche di accedere a piani esistenziali superiori, ricercare, crescere.

Possiamo soffocare questa pulsione umana naturale, ma è come cercare di non respirare, prima o poi il bisogno viene fuori, ed è bene ascoltarlo.

Il modello HPM analizza l’essere umano come sistema energetico, una sinergia di forze (fisiche e mentali), la cui amplificazione può aumentare il grado di felicità, successo e potenzialità realizzativa.

Questo sistema complesso è composto da sottosistemi, che possono disporre di uno stato di carica variabile, e funzionare bene o male, con gradazioni intermedie di efficienza ed efficacia.

Per analizzare il potenziale globale della persona, non solo sul piano fisico o intellettuale, ma come essere umano nel suo complesso, abbiamo bisogno di localizzare quali sono i micro e macro-distretti su cui si può agire e come questi interagiscono tra di loro.

Dobbiamo anche saper muovere lo zoom di analisi dal micro al macro, dal particolare al generale, e viceversa.

Esponiamo di seguito una breve sintesi di quali sono i contenuti principali delle sei “celle” di lavoro:

 

  • il substrato psicoenergetico e le energie mentali: riguarda le energie psicologiche, le forze motivazionali, lo stato di forma mentale necessario per affrontare sfide, progetti, traguardi (goal) e obiettivi. Si prefigge di analizzare ed intervenire sulle capacità mentali, come concentrazione, lucidità tattica, abilità strategiche, capacità di percezione, utilizzo della memoria, amplificazione sensoriale, sino alle capacità di vivere le passioni, rivedere il nostro modo di essere, riprendere in mano il proprio ruolo nella vita con maggiore assertività, ripensarsi, creare motivazione in sè e nel team, sviluppare coraggio e perseveranza, utilizzare uno stile di pensiero produttivo e positivo;
  • il substrato bioenergetico e le energie fisiche: inquadra la parte biologica dell’essere umano: il corpo e le energie fisiche, lo stato di forma organis­mico e biologico che sorregge le energie individuali; comprende l’analisi delle energie corporee e il funzionamento dell’organismo, come esso possa essere riparato o “potenziato”, gli effetti dello stile di vita e l’approccio olistico al corpo, l’attenzione alle economie locali (di specifici distretti fisici) e alle energie generali;
  • le micro-competenze: i micro-dettagli che danno spessore al potenziale, le micro-abilità psicologiche e psicomotorie che fanno la differenza in una prestazione manageriale o sportiva, le micro abilità-cognitive (di ragionamento), che creano differenza tra un’esecuzione mediocre, media o invece eccellente, le micro-abilità relazionali e comunicazionali da cui dipende un lavoro di qualità;
  • le macro-competenze personali e professionali: i grandi strumenti (competenze, skills, capacità) che compongono il profilo di un ruolo; le traiettorie di cambiamento che subisce lo scenario che ci circonda, come rimanerne coscienti e in pieno controllo; la gamma delle abilità o portfolio di competenze di un individuo o di un team, e come questo deve essere rivisitato, riqualificato, formato, per essere all’altezza degli obiettivi che ognuno di noi si pone e delle sfide che vuole cogliere;
  • goal e progettualità: la strutturazione dello sforzo per qualcosa o contro qualcosa di concreto (un ideale trasformato in progetto); la capacità di sviluppare un obiettivo in azione, il focus di applicazione delle energie e competenze, la loro traduzione in specifici piani operativi e risultati attesi;
  • visione, principi e valori, missione: ideali, principi morali, sogni, aspirazioni, i motori profondi che dirigono le priorità personali, gli ancoraggi di senso e significato che connettono i progetti ad un piano più profondo, le scelte personali, il senso di missione. Riguarda inoltre lo sfondo primordiale di desideri e pulsioni che spingono il nostro fare ed agire, il senso di causa e – non ultimo – il nostro vissuto spirituale ed esistenziale.

 

Ognuno di questi stati o “celle” può avere un certo livello di “carica”, trovarsi “pieno”, “abbondante”, ben coltivato, ben esercitato, o essere invece “scarico”, deprivato, depotenziato, impoverito, o persino trascurato e maltrattato, denutrito, abbandonato.

Al crescere della carica nei diversi sistemi aumenta l’energia complessiva della persona, dei team, e delle organizzazioni da loro composte, con effetti molto tangibili: risultati, prestazioni, capacità di decidere, di incidere e produrre cambiamento positivo. Questi risultati dipendono dallo stato dei diversi sistemi, dalla capacità di coltivarli e nutrirli.

La loro condizione locale e l’interazione tra le diverse “celle” può produrre il massimo del potenziale o presentare sinergie negative, o danni e malfunzionamenti che impediscono all’essere umano di esprimersi.

Le risorse personali e il potenziale individuale possono essere “lette” ma soprattutto amplificate attraverso un lavoro serio sulle sei aree.

Sul piano manageriale e sportivo, nei team e nelle aziende, le implicazioni sono altrettanto evidenti: lo stato di forma mentale e fisico delle persone, la loro carica motivazionale, le loro competenze, la loro progettualità, il loro spessore morale, fanno la differenza tra persone o team spenti, e persone, team o organizzazioni capaci, forti, motivate, piene di energia ed entusiasmo, desiderose di affrontare sfide e dare contributi veri.

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Il tema dominante del nostro pensiero

Il tema dominante di tutto il nostro pensiero va ricentrato, e presto.

Articolo copyright dott. Daniele Trevisani  Studio Trevisani, Consulenza, Coaching, Formazione

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Dobbiamo spostarlo dal baratro infetto di banalità in cui il pensiero comune, la televisione, i media commerciali, le letture stupide, e la cultura mediana cercano continuamente di spingerci per non farci pensare.

Dobbiamo mettere al centro la sacralità dell’essere umano e il forte bisogno di non sprecare nemmeno una vita, nemmeno un giorno, nemmeno un minuto, in qualcosa che non sia legato ad una visione positiva, di emancipazione e di crescita.

E, per crescere o reindirizzare il pensiero, le buone intenzioni non sono sufficienti. Un metodo serve e aiuta a canalizzare questo sforzo positivo.

Le sei aree primarie del metodo HPM (divise in tre macro aree: energie, competenze, direzionalità) valgono sia per le prestazioni fisiche che per quelle mentali o intellettuali. Ed inoltre, si prestano ad una analisi delle performance sia individuali che di gruppo.

Vorrei esprimere un concentrato di senso in una frase su cui discutere:

Le performance sono un grande banco di prova per la condizione umana…

ci parlano dell’anelito umano a crescere,

esplorare nuovi orizzonti, ricercare.. capire chi sei…

 

Ogni gara o competizione mette in moto i principi delle performance, ogni sfida aziendale, sportiva, o personale, ogni progetto sociale, ci costringe a valutare il nostro stato di preparazione e le nostre energie.

Le buone intenzioni valgono poco se non diventano un progetto.

Il viaggio verso la crescita delle energie umane, fisiche e mentali, è un percorso di esplorazione appena iniziato.

Ognuno può progredire partendo da qualsiasi stato o condizione.

Una persona depressa può iniziare a vedere una luce, e questo è già progresso, tanto quanto il miglioramento di un record mondiale.

Una persona immatura può maturare… chi si sente inadeguato in un lavoro può cambiare, ri-orientarsi, formarsi…

Un’impresa in crisi può generare nuove idee o trovare nuove strade, così come un’impresa vincente può fare da traino ad intere nuove aziende e diventare fonte di utilità sociale per tutti.

Qualsiasi sia la condizione di partenza, non smettere di credere in se stessi, nella possibilità di crescere, di migliorare, di fare dei salti in avanti, è la sfida primaria.

Il miracolo della vita è talmente grande che va celebrato e non sprecato, e come sottolinea Einstein:

Ci sono solo due modi di vivere la propria vita: uno come se niente fosse un miracolo; l’altro come se tutto fosse un miracolo.

Albert Einstein (citato in Michael J. Gelb, Il Genio che c’è in te).

Ogni volta che alleni il tuo corpo o la tua mente, rendi omaggio al miracolo che in quel giorno ti sei potuto allenare e formare, mentre altri più sfortunati, non possono.

Ogni giorno che incontri un pensiero buono, ringrazia e fallo tuo.

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copyright dott. Daniele Trevisani  Studio Trevisani, Consulenza, Coaching, Formazione

La relazione tra energie personali e aspirazioni personali

Autore: Daniele Trevisani. Estratto dal volume “Il Potenziale Umano“, Franco Angeli editore, Milano, 2009, Copyright

2.2. Gli effetti positivi delle immissioni di energie sui livelli di performance e di aspirazione

In termini di psicologia positiva notiamo che l’immissione di energia in una qualsiasi cella può apportare maggiori energie al sistema, e quindi riflettiamo sul fatto che esistono molteplici modi e strade, enormi opportunità, per poter accrescere le energie personali e fare coaching e formazione di qualità.

La liberazione da una catena, o “togliere un sasso dal proprio zaino”, può aprire le strade della volontà per una scalata ulteriore. In generale, le immissioni di energie in un certo stadio aumentano il livello di fiducia in se stessi, autostima e percezione di autoefficacia. Aumenta il senso di libertà.

Le osmosi energetiche portano ad una maggiore propensione dell’indi­viduo verso l’assunzione di rischio positivo, di accettazione di sfide che prima il soggetto riteneva impensabili o troppo pericolose. Per rischio positivo intendiamo azioni che non siano minate da un livello di aspirazione malato, superumano e maniacale, condotte col cuore ma anche con la ragione.

I livelli di aspirazione sono decisamente correlati alle energie circolanti.

Gli studi scientifici di Bresson individuano il livello di aspirazione come “il risultato che un soggetto si dà per un fine da raggiungere, in un compito che ammette diversi gradi di realizzazione”[1].

A bassi livelli di energie personali corrispondono bassi livelli di aspirazione. Le energie si abbassano drasticamente, e i compiti o goal che l’individuo sente di poter gestire si richiudono sempre più entro una nicchia, sino ad implodere, se la tendenza non viene invertita.

Quando mancano le energie, ogni rischio assume sembianze mostruose, persino lo scendere in strada, o l’incontrare altre persone. Al contrario, forti osmosi energetiche positive (contaminazioni positive tra energie fisiche, mentali, competenze, volontà) conducono alla voglia e consapevolezza di poter accettare sfide e rischi superiori, persino lanciarsi con un paracadute, o condurre una operazione chirurgia al cervello (per un medico), o accettare la sfida di avere figli in un mondo difficile (per ogni genitore), o iniziare a pensare di potersi laureare, per qualcuno che aveva rinunciato a questa idea non sentendosi all’altezza, e tante altre occasioni di crescita.

Per questo motivo, nel metodo HPM, quando i canali per introdurre energie sono bloccati da un certo lato (poniamo i valori, o le competenze), è possibile sia teoricamente che concretamente aggirare questo ostacolo. Potremo partire dalla base delle energie fisiche, o da altri canali aperti o apribili, per incrementare le energie totali del sistema. È un lavoro sperimentato e funzionante nella pratica, di cui troviamo crescente supporto teorico.

Avviare il lavoro, e sbloccare i meccanismi, è più importante che fare un lavoro ingegneristicamente perfetto ma – nei fatti – solo teorico, vuoto.

L’effetto di trascinamento e di osmosi positiva avrà riverberi anche sugli altri stati altrimenti inaccessibili per via diretta.


[1] Bresson, F. (1965), Rischio e personalità. Il livello di aspirazione, in Trattato di Psicologia Sperimentale, a cura di Paul Fraisse e Jean Piaget (1978), Einaudi, Torino, p. 458. Edizione originale: Traité de Psychologie Expérimentale. VIII. Langage, communication et décision, 1965, Presses Universitaires de France, Paris.

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Copyright, Articolo estratto con il permesso dell’autore, dal volume di Daniele Trevisani “Il Potenziale Umano“, Franco Angeli editore, Milano.2009. Pubblicato con il contributo editoriale di Studio Trevisani Communication Research, Formazione e Coaching.

Comunicazione e neuroscienze: nuovi punti di contatto per potenziare le risorse personali

Estratto sintetico dal volume: Trevisani, Daniele (2009), “Il potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance”, 240 p., editore Franco Angeli, Milano

Scheda completa del volume su IBS (Internet Bookshop Italia) al link:

http://www.ibs.it/code/9788846498625/trevisani-daniele/potenziale-umano-metodi-e.html?shop=4636

© dott. Daniele Trevisani, www.danieletrevisani.com –estratto dal cap. 2, pag. 55-56,

2.3. Potenziare la corteccia prefrontale sinistra

Le neuroscienze insegnano che il cervello risponde agli stimoli con meccanismi molto simili a quelli dei muscoli: le aree usate frequentemente lavorano, si rafforzano, si “irrobustiscono”, si potenziano; le aree inutilizzate diminuiscono di tono e volume sino a divenire quasi inesistenti (chi ha avuto lunghe ingessature si è potuto rendere conto direttamente di quanto il non-utilizzo produca riduzione del volume della zona ingessata).

Lo stesso meccanismo accade nella mente. Una sequenza di momenti positivi e sensation windows positive (SW) allena e tiene attiva la corteccia prefrontale sinistra, la cui attività si correla a emozioni positive (gioia, capacità di cogliere le positività, sensazioni, energia, coscienza)[1]. Al contrario, una sequenza di SW negative allena la corteccia prefrontale destra, maggiormente specializzata nel cogliere emozioni negative.

Addirittura, i neuro-scienziati hanno dimostrato un effetto sull’induzione di percezione e ricordo positivo, tramite stimolazioni magnetiche dirette (repetitive transcranial magnetic stimulation) della zona orbitofrontale sinistra[2].

In termini di coaching formativo, non volendo confondere i ruoli (le  stimolazioni tramite attrezzature biomedicali sono sfera medica), preferiamo indurre una uguale e maggiore capacità (persino più duratura) tramite apprendimento esperienziale, per vivere i goal e obiettivi positivi, generando stimoli allenanti ed esistenziali adeguati. Questi effetti non sono banali.

Va da se che se alleniamo molto un braccio e l’altro no, avremmo degli scompensi. Così come se avessimo una gamba potente e muscolosa e un’al­tra de­bole e avvizzita, la nostra camminata sarebbe zoppicante, e l’equilibrio dell’or­ganismo si farebbe deficitario. Ogni disequilibrio fisico porta a ripercussioni negative su tutto l’apparato scheletrico e muscolare, ed ogni disequilibrio mentale a malfunzionamento del pensiero, malessere e sofferenza psichica.

Il funzionamento ottimale dipende perciò anche dalla capacità di creare equilibri e simmetrie, e un potenziamento “stupido”, che non tenga conto degli equilibri, ma cerchi solo “potenza”, è dannoso, distruttivo.

Lo stesso accade nella mente. Dobbiamo imparare ad allenare e stimolare la corteccia prefrontale sinistra e in generale a vivere le emozioni positive non solo in seguito ad eventi enormi (lotterie, vincite) ma anche e soprattutto in attività che altrimenti non coglieremmo. Dobbiamo programmare spazi e tempi in cui farlo. È questione di sopravvivenza.

Disintossicare la mente non è quindi più solo arte ma anche scienza.

È importante quindi non solo generare spazi e tempi dedicati, ma anche cogliere sensazioni positive (sensation windows), esperienze che sfuggono anche se limitate o non eterne, e il dono che ne deriva.

La vita ci offre continuamente doni, anche se limitati.

Per dono limitato si intende la sensazione che anche un semplice gesto o atto può portare per pochi istanti, senza pretendere che esso duri per sempre.

Ed ancora, apprendere a cogliere energie da una capsula spaziotemporale (il dono di un frame), fa parte di nuove abilità da coltivare in sé e negli altri.

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Daniele Trevisani

da:

Copertina volume Il Potenziale Umano, di Daniele Trevisani
Copertina volume Il Potenziale Umano, di Daniele Trevisani

[1] Vedi, tra i contributi di ricerca sul tema: Davidson, R. J. (1998), Understanding Positive and Negative Emotion, in LC/NIMH conference proceedings “Discovering Our Selves: The Science of Emotion”, May 5-6, 1998, Decade of The Brain Series, Library of Congress, Washington DC.

[2] Schutter, D. J., van Honk, J. (2006), Increased positive emotional memory after repetitive transcranial magnetic stimulation over the orbitofrontal cortex, Journal of Psychiatry and Neuroscience, Mar. 31 (2), pp. 101-104 (Department of Psychonomics, Affective Neuroscience Section, Helmholtz Research Institute, Utrecht University, Utrecht, NL).

Età fisica ed età mentale

Si avvicina l’uscita del volume Il Potenziale Umano, e nel frattempo volevo condividere e ragionare assieme su una idea di base, che inserirò nel prossimo libro: L’età mentale diversa dall’età fisica. Non è una novità, ma serve qualche approfondimento.

Una persona mentalmente giovane coltiva sogni e aspirazioni, una persona mentalmente vecchia (al di la del suo corpo) ha smesso di sognare e volare con la fantasia, il suo fuoco si sta estinguendo. E questo non solo nell’individuo, ma addirittura in intere aziende o – più su – in intere nazioni.

Una società vecchia vive del passato e nella burocrazia, è ammantata da emozioni negative (paura, sarcasmo, cinismo), difende i propri piccoli spazi di potere ma non guarda oltre. Compie performance difensive, e non proattive. Una società giovane si pone senza paura dei traguardi e ha la forza di emozionarsi per essi. Osserva il mondo in modo attivo, desidera darvi un contributo, non sta seduta a guardarne lo sfacelo e non si intimidisce di fronte alle sfide. Non ha pura di ciò che non conosce ma lo vuole studiare, sperimentare.

Lo stesso accade nelle aziende e nei team sportivi.

Diventa quindi molto interessante per ogni ricercatore vero e per chiunque di noi avere un modello che ci aiuti a rimetterci in moto (per fini personali), o aiutare un team ad ottenere le performance che desidera (per un coach), o ancora lavorare sul funzionamento ottimale delle persone, per scopo terapeutico e di qualità della vita, al di la delle performance che possono ottenere.

La performance come benessere, ascesa, salita, esplorazione: viaggio verso l’Optimal Functioning Il funzionamento ottimale (Optimal Functioning) è la connessione tra aree di ricerca sui problemi (la patologia, l’area negativa) e aree di ricerca sulle performance (le aree dei goals, o positive). Questo nesso è indispensabile per far luce sui metodi che lavorano sul potenziale dell’uomo e dei team (sia sportivi che aziendali).

Ho potuto osservare con grande frequenza che raramente una persona o un team che “funzionano male”, internamente e psicologicamente, offrono prestazioni esterne positive, o se lo fanno questo non dura a lungo.

Dovendo studiare il funzionamento ottimale dell’uomo impegnato in una performance, e lavorando come formatore per migliorare la condizione che di volta in volta trovavo, sono emerse anche interessanti riflessioni sul funzionamento “sbagliato”, sulle patologie e sugli errori che le persone compiono, consapevolmente o meno. Esempi di errori comuni:

1 • l’utilizzo di un archetipo sbagliato; es, per un venditore, considerare se stesso come un “forzatore di acquisti”, anzichè un problem-solver. Questo impedisce di attivare il potere della relazione di aiuto che fornisce energie utili per vendere. Il problema vale anche per uno sportivo, che entri in campo con la voce interiore “non posso assolutamente sbagliare”, anziché “voglio divertirmi e dare il meglio di me”;

2 • il mancato esame dei propri apprendimenti: chi mi ha insegnato a fare le cose come le faccio ora? Da chi ho appreso? Siamo sicuri che vada tutto bene così? Cosa devo disimparare se voglio crescere?

3 • Sè negati: che ruolo vorrei giocare, in campo o nella vita? Sto giocando il ruolo che desidero, o mi sto auto-castrando? Posso provarci? Mi sto auto-impedendo? Sto rispondendo alle aspettative degli altri o do ascolto anche alle mie?

Queste e altre osservazioni possono dare luce ad una nuova forma di scienza di confine, che non sia esattamente nè una scienza dello sport, nè una scienza psicologica, nè un primato delle patologie (es: psicoterapia o medicina), nè una scienza dell’educazione e della formazione, ma una scienza della condizione ottimale dell’essere umano e dei team. In pratica, una scienza che cerchi il denominatore comune del funzionamento positivo umano.

Qualcosa di simile (uscire dal confine ristretto dello studio sulle “patologie”, e da una visione di “malattia”) sta cercando di fare anche la “psicologia positiva” , nuova area di studio della psicologia che studia fenomeni come la felicità, il benessere, la fiducia, la tenacia – area il cui interesse primario è tuttavia verso il funzionamento psicologico, e non per l’intera sfera delle performance umane.

Una scienza delle energie umane e delle performance non è ancora stata realizzata e sviluppata in modo compiuto: ogni disciplina, nel proprio recinto, ne sfiora una parte, ma risulta per tutti difficile cogliere l’unità del senso.

La fatica, le frustrazioni, le cadute, fanno quindi parte del percorso, anche del mio. È parte del gioco. Anche del mio…

Ps…. Sapere di non essere soli in un percorso di ricerca aiuta!

Pensiero positivo, non solo problem solving

piccola riflessione ….

….se ci si focalizza solo sulle cose che non vanno, drammi e tragedie piccole o grandi, o problemi – si atrofizza, dentro –  la capacità di pensare positivo…

… la mente è come un muscolo, a seconda di quali parti si allenano, essa risponde sviluppando le aree allenate, o atrofizzando le aree non utilizzate

.. credo molto nel fatto che i problemi non vadano nascosti (essere ipocriti con se stessi non serve), ma abbiamo il dovere di coltivare la progettualità positiva. Il dovere di pensare a soluzioni, di dare contributo a se e agli altri.

La capacità di costruire va tenuta allenata anche e soprattutto nei momenti di difficoltà, e in ogni attimo della vita, per non parlare poi della formazione aziendale, che va tenuta costruttiva: le persone possono essere invitate non solo a risolvere problemi ma a generare qualcosa…  

….ogni sforzo e tentativo prodotto nel generare speranza e qualcosa di positivo, rafforza le strutture mentali che alimentano la creatività e le emozioni positive (corteccia prefrontale sinistra) e  indebolisce la rete neurale negativa (la corteccia prefrontale destra)…

.. serve allenamento anche in questo, la mente è un organo estremamente sensibile e saperla usare è una nuova arte e una nuova scienza,una frontiera  possibile, attiva, produttiva…

Training per pensare

Esistono molti modi per fare training. Uno dei principali è insegnare alle persone a risolvere problemi. Un altro lato della medaglia è invece insegnare a costruire il nuovo. Se ci si focalizza solo sulle cose che non vanno, drammi e tragedie piccole o grandi, o problemi, ci si atrofizza-  dentro –  la capacità di pensare positivo.

Ci concentriamo solo sul “tappare le falle” e non sul “costruire qualcosa”.  

Credo molto invece che i problemi non vadano nascosti, ma abbiamo il dovere di coltivare la progettualità positiva.

La capacità di costruire va tenuta allenata anche e soprattutto nei momenti di difficoltà, e in ogni attimo della vita, per non parlare poi della formazione costruttiva, dove le persone possono essere invitate non solo a risolvere problemi ma a generare qualcosa… è solo un pensiero… ma riguarda un atteggiamento di fondo che possiamo e dobbiamo coltivare…

Fate un esperimento: ascoltate i discorsi, nei bar, o in azienda, e guardate se parlano di “tappare falle” o di costruire qualcosa di nuovo…. stili di comunicazione e stili di pensiero sono collegati.

un saluto Daniele