Potere personale di agire, di pensare, di provare: la lotta per la liberazione della Semiosfera

Potere personale di agire, di pensare, di provare: la lotta per la liberazione della Semiosfera (autore: Daniele Trevisani)

Certe anime sono come spugne.

Non si riesce a spremerne nulla

se non quello che hanno assorbito dagli altri.

Kahlil Gibran (da Scritti dell’ispirazione, traduzione di E. Dornetti, Feltrinelli)

Se la parola potere personale significa qualcosa, questo non è associabile solo a denaro o materia, oggetti piccoli o grandi, ma ha molto a che fare con il potere di decidere in autonomia cosa pensare, che priorità darsi o non darsi, cosa leggere, come vivere, cosa inserire nel proprio piano di vita. Le aziende e in generale qualsiasi gruppo si “impregnano” di concetti e ne lasciano l’odore sugli abiti di chi vi transita, e si finisce per abituarsi ad osservare non più con i propri occhi.

Provate ad esaminare una vostra giornata, anche quella di oggi o di ieri. Chiedetevi da quali pensieri dominanti ha avuto. Quali preoccupazioni sono state attive e vive in me?. Chiedetevi anche quali enormità di possibili altre idee o pensieri, attività e progetti, non ne sono stati parte. ad esempio: quante ore o minuti avete dedicato alla meditazione? Probabilmente poco o niente, se non abbiamo assorbito dagli altri una sensibilità per la meditazione. Quanto abbiamo dedicato al fare shopping? Quanto a lavorare? Quanto alle relazioni cui veramente teniamo?

Ed ancora: quanto al nostro benessere spirituale? Quanto al nostro benessere fisico e al potenziamento del corpo? Quanto al nostro desiderio di conoscenza?

Quanta parte di questa giornata è stata – chiamiamola così – “amministrativa” (nel senso di amministrare l’esistente), e quanta invece “di ricerca”, dedicata ad esplorare curiosità, idee, progetti, o fermarsi un attimo a chiedersi in che direzione vogliamo vada la vita?

Procedere verso la liberazione del potenziale, significa anche coltivare uno stile di vita diverso, o portare avanti un nostro sogno veramente costruttivo e non obbligato da altri

E allora, quanta attività mentale di questa giornata è frutto di pensiero autonomo?

Quanta materia grigia sprecata… riflettiamoci, quanto spazio neuronale viene occupato da cose che ci sono entrate senza che noi lo volessimo? Se vi dico “Sharon Stone”,  “Microsoft”, “Spider Man”, “Superman”,  “Armani”, “Audi o “BMW”, “Coca Cola”, sapete cosa sono? Avete numerosi neuroni e sinapsi dedicati a memorizzare questi nomi e questi brand, ma siete sicuri di averlo voluto voi? O ne siete stati in qualche modo contagiati?

La Semiosfera (sfera di significati, così definita dalla scienza semiotica)[1] è qualcosa che ci circonda, ci avviluppa. Bene, è venuto il tempo di entrare anche in altre sfere e decidere di quali significati nutrirsi, senza respirare a forza l’aria di una camera chiusa.

Un primo piccolissimo passo fattibile è andare in una biblioteca o libreria, e iniziare a sfogliare o acquistare qualche volume in qualche area che non abbiamo mai coltivato. Poi possiamo provare nuove musiche mai prima ascoltate, musiche etniche di ogni dove, o ancora fare ricerca in internet su concetti partendo da una enciclopedia, finché qualcosa non ci sollecita. Questo tanto per allenarci. Poi – e non è facile ma nemmeno impossibile – possiamo trasferire questa attitudine verso il progetto di rimettere mano allo stile di vita e di pensiero, alla Semiosfera attuale, e costruircene una un pò più nostra, un pò più autonoma, un pò più decisa e meno subìta.

L’autonomia del pensiero libero è qualcosa che va allenato, anche con piccoli atti e gesti.

Il pensiero autonomo è la possibilità di interessarsi e conoscere anche e soprattutto concetti e idee “altri” rispetto a ciò che la cultura (praticamente, o di fatto) obbliga a conoscere. Ad esempio, posso decidere di non voler sapere niente di reality show e loro personaggi, e farmi una cultura comparativa sulle diverse arti marziali, o sulle religioni, o su diverse medicine psicosomatiche e modi di curare il corpo. Posso fare moltissimo, se sviluppo un pensiero autonomo, sempre e comunque rispettando il principio di orientare queste energie verso fini positivi e costruttivi.

Questo pensiero autonomo è largamente dipendente dal monitor interiore.

Migliorando la qualità e precisione del monitor interiore è possibile aumentare il potere personale.

Ricordiamo che il monitor interiore è in sostanza un sistema di autodiagnosi, di lettura di se stessi e di ciò che siamo veramente, del nostro stato e condizione.

Il monitor interiore scansiona in continuazione le nostre capacità fisiche, psicologiche, creative, culturali e professionali, i valori della cultura nella quale siamo inseriti, e li mette a confronto con le nostre aspirazioni. Spesso finisce per reprimerle. Rare volte, lancia un lasciapassare, un semaforo verde. Il problema, come abbiamo notato, è che questo monitor non è preciso. Ci dice se possiamo provare o non provare un’azione o un’idea sulla base di letture distorte, ci dice se e cosa è giusto o sbagliato o verrà accettato o meno dagli altri soprattutto sulla base della cultura dominante (qualsiasi essa sia).

Più siamo in grado di tarare con efficacia questo monitor e ripulirlo da incrostazioni, più siamo in grado di sviluppare il nostro potenziale e il potere individuale. Una provocazione può essere utile. Qual è il tuo VO2 max attuale. Quale potresti invece raggiungere se ti allenassi bene e progressivamente?

Se non sai cosa è il tuo VO2 max, è perché questo concetto è fuori dalla tua Semiosfera. Bene. Questo dato indica la tua capacità aerobica, è “quasi” un indicatore della tua forza vitale fisica, della tua resistenza fisica. Potresti concetti, opinioni e significati associati a “parole” come Obama, Berlusconi, sapere cosa è Google o Nokia, o avere una tua teoria sulla morte di Lady Diana, magari sapere tutto di un certo gruppo musicale, e niente del tuo parametro vitale più importante? Bene, non fartene una colpa. Neanche io lo sapevo. Il tuo e il mio monitor interiore sono stati allenati a conoscere e misurare concetti diversi da quelli che ti servono davvero. I parametri che a te e a me farebbe comodo misurare sono altri. È ora di riprendersi in mano le redini del gioco.

Il VO2 max è solo una piccola provocazione. Potrei chiederti se hai valutato…. se ti sembra dare più benefico in termini di rilassamento… praticare Tai Chi, Pranayama, o Dao-Shi. Tu potresti guardarmi storto. Chiaramente, bisogna che questi ed altri concetti legati alle tecniche del benessere personale siano entrati nella tua Semiosfera, per poter dare una risposta. E non solo. Bisogna che siano diventati azione: essere andati a fare una lezione di prova di tutte e tre le diverse discipline. Ciò che non è nella Semiosfera personale non entra neanche nell’azione personale: non si agisce se non all’interno dei mondi che si conoscono. Più che mai, quindi, la conoscenza diventa libertà di azione.

Ed ancora: se uno ti chiedesse quale è il tuo livello di stress in questo momento della vita, e quanto è vicino o lontano dalla tua soglia ottimale, se sei in fase di overreaching o di stallo, e ti chiedesse un numero tecnico scientifico, non una sola impressione. Cosa gli diresti? Come tutti, non sapresti da che parte sbattere la testa, andresti a tentoni, su un parametro vitale corrispondente ai giri del motore e ai giri massimi che un motore può sopportare. Le lancette del contagiri di una qualsiasi macchina ce l’hanno. Noi no, se non in termini vaghi, impressionistici, imprecisi. Perché?

Un altro indicatore del fatto che la nostra Semiosfera è ricca di porcherie e povera di significati e conoscenza che ci servirebbe veramente.

Il nostro potere personale sta nel riprendere in mano i contenuti della nostra Semiosfera personale, lavorarla, metterci dentro quello che è utile, buttare fuori l’inutile. È ora di lottare, è ora di battersi per questi concetti, per noi e per tutte le persone cui teniamo, e per una umanità più libera e pulita.

______

Autore dell’articolo: Daniele Trevisani, Studio Trevisani, Copyright riservato per anteprima editoriale. Articolo riproducibile e divulgabile solo con autorizzazione scritta dell’autore. E’ autorizzato riprodurre parti dell’articolo citando la fonte e il il link dell’indirizzo web dell’articolo



[1] Approfondimento: Il termine venne coniato da Juri Lotman, semiologo russo Jurij Michajlovič Lotman (1922 -1993), capofila della cosiddetta scuola di Tartu, in Estonia, ispirato dai termini di Vernadskij: biosfera e noosfera e propose quello di semiosfera. La nozione si ispira al concetto di biosfera per indicare lo spazio di significati in cui è virtualmente immerso ciascun sistema linguistico. La Semiosfera è il terreno in cui avviene la genesi, lo scambio e la ricezione di ogni informazione, in essa circolano testi, simboli, oggetti di consumo, modi di vestire, di parlare, di pensare..

Vedi anche

Hoffmeyer, Jesper. Signs of Meaning in the Universe. Bloomington: Indiana University Press. (1996)

Kull, Kalevi. “On Semiosis, Umwelt, and Semiosphere”. Semiotica vol. 120(3/4), pp. 299-310. (1998)

Lotman, Yuri M. “O semiosfere”. Sign Systems Studies (Trudy po znakovym sistemam) vol. 17, pp. 5-23. (1984)

Witzany, Guenther. “From Biosphere to Semiosphere to Social Lifeworlds.” In: Guenther Witzany, “The Logos of the Bios 1”, Helsinki, Umweb. (2006)

La dieta comunicazionale: sarò fascista, comunista, talebano, integralista… ma non toccate i bambini…

…che fatica portare alcuni concetti al centro dell’attenzione quando il problema che tutti ci pongono come fondamentale sia cambiare il nuovo cellulare o come passare al digitale terrestre sennò sei morto…

… ma finchè toccano noi, amen… o quasi… il problema è quando toccano i bambini…

… non parlo degli odiosi fenomeni che tutti conosciamo e che faccio addirittura fatica a pensare o parlarne, ma di modalità ben più subdole di manipolare in negativo la crescita dei bambini e amputarne il potenziale intellettuale (se va bene) o instillare loro paura e ansia progressiva e distruggerli da dentro (ben più comune)… e a chi serve questo? nella letteratura sulla psicologia della persuasione è dimostrato che gli ansiosi si controllano meglio di chi sta bene … quindi, vediamo come si fa a creare una generazione lobotomizzata e ansiosa…

… qualche anno fa, vedendo Harry Potter al cinema, con amici e loro figli, piano piano mi rendo conto di essere al centro di quella che io ppiano piano percepivo… iniziavo a  sentire… come una enorme truffa comunicazionale, nella quale un prodotto “tinto” di favola per bambini assume sempre più i connotati di un film del terrore o a sfondo satanico… ma venduto con un packaging colorato e simpatico… come una di quelle bombe per bambini fatte a forma di gioco, che il bambino prende poi gli scoppia in mano… per amputarlo… così… scivolando di scena in scena, vedo spezzoni che nemmeno Dario Argento avrebbe pensato immettere nei suoi film… ricordo tuttova vaghe immagini schifose,  i protagonisti affogati ad occhi aperti entro un lago scuro… lividi… messaggi e immagini che fa fatica e digerire un adulto, figuriamoci un bambino… poi ricordo un bambino di fianco a me, prima con la faccia scura, poi inizia a piangere dalla paura… mi guardo dattorno e nessun genitore sembra capire cosa sta succedendo… vorrei alzarmi e dire… cazzo, mandate fuori i bambini da questo cesso di sala di merda o no!!!... … ma non capite che ve li stanno massacrando?

…per fortuna il papà di questo bambino si alza e lo porta fuori… è l’unico.

….più o meno nello stesso periodo per dimostrare di avere coraggio, i bambini guardavano (di nascosto o meno) il film The Ring… un elogio sistematico alla coltivazione della paura… buona parte dei bambini che ho saputo essere stati nutriti con questa dieta comunicazionale in quel periodo avuto incubi per mesi e alcuni per anni… nessuno dice niente… tutto va bene, tutto passa…

… bisogna prepararli al mondo la fuori, dicono alcuni (giustamente, lobotomizzati, ansioni e controllabili). Ma vaffanculo a questo tipo di preparazione… se vogliamo preparare i bambini e i giovani, pensiamo ad una dieta comunicazionale diversa…

… questi ex bambini ora sono adolescenti e si nutrono di High School Musical e altri programmi pensati per un target-audience di teenager americani, dove subdolamente sono esposti di continuo ad una modalità conversazionale dura, assertiva, competitiva, fatta di continui attacchi reciproci… di competitività interpersonale estrema, protagonisti idioti che conducono stili di vita idioti… guardano MTV o altri programmi dove la maggior parte dei contenuti è generata da creativi strafatti di alcool e cocaina…. i nuovi pedagogisti…

…l’insalata è completata dalla lettura di riviste per teenager che spiegano alle 13 enni nella rubrica sesso, come fare godere il fidanzato…

… non credo di essere stato abbastanza chiaro nè efficace… non credo sia facile parlare di queste cose che qualcuno cerchi di farti sentire fuori dai tempi… chi se ne frega… il bollino rosso sui programmi vale tanto quanto la scritta sui pacchetti di sigarette: niente.

… ma non basta; nelle sale cinematografiche i provini (scusate, sono vecchio… i trailer) proiettati prima dei film per bambini contengono immagini per loro devastanti… e nessuno dice niente…

… vedi i cartoni animati per bambini, e conti i colpi per minuto che i personaggi si danno, sparandosi, accoltellandosi, bastonandosi… e ti chiedi perchè nei cartoni americani che importiamo ci si debba per forza picchiare… (io sono un Maestro di Muay Thai e arti di combattimento, e so bene il valore positivo del combattimento, delle arti marziali, della boxe, ma qui si mostra ai bambini come divertente dare una bastonata in testa a qualcuno, è un’altra cosa, è proprio altro…)

… tra i programmi più visti dai bambini e adolescenti ci sono i Simpson, qualcuno di voi ha mai capito fino in fondo quale messaggio implicito stia passando? provate a guardarne bene una puntata…

… mi fermo, avrei tanto altro da dire… ci sono i gruppi rock satanici, il Grande Fratello che mostra come approdo ideale di un ragazzo lo stare svaccati in un divano a sparlare di qualcuno… o non fare un cazzo…  in questa finta democrazia politically correct (uguale Ipocrita) tutti hanno paura di farsi dare dei “fascisti” non appena parlano di proibire qualcosa, di vietare qualcosa, di mettere la censura a qualcosa… sono prontissimo a prendermi del fascista, anzi ne sono orgoglioso, se questo potesse essere utile a schermare i bambini e  i ragazzi dalla tanta spazzatura che gli intasa ogni giorno la mente, invece di nutrirli… si, sono un fascista, sono un nazista, sono un comunista, sono un talebano, sono tutto quello che vorranno… purchè qualcuno inizi a porre una soglia minima di idiozia ai programmi, soprattutto quelli prodotti da una azienda che il popolo italiano paga e smettano di gettare merda nella testa dei bambini… i non so quanti mila dipendenti (forse 40 o 50.000… non so la cifra esatta…) della Rai, sono mantenuti dal popolo italiano e dalle famiglie, dobbiamo ricordarlo sempre… e dobbiamo ricordarglielo… così come sono mantenuti dal popolo italiano i guadagni di Mediaset e Sky, attraverso la visione pubblicitaria (farsi penetrare la mente da messaggi pubblicitari è una forma di pagamento, se qualcuno non lo avesse ancora capito)

… ho parlato in un altro post di una possibile proposta (proposta indecente, ovviamente, nazista, fascita, comunista, talebana, integralista), un possibile patentino di responsabilità sociale per chi produce TV, programmi e altro materiale destinato ai bambini…

– vedi http://potenzialeumano.wordpress.com/2009/07/10/bambini-e-televisione-e-altri-contenuti-mediatici-proposta-utopica-di-un-patentino-di-responsabilita-sociale/

… un saluto fascista, comunista, talebano, imperialista, oltranzista, …tutti gli …ista che ci sono, ma che lascino stare i bambini…

Daniele Trevisani

ps. non voglio creare ansia non necessaria, ma anche tu, che leggi in questo momento, e anch’io, dovremmo porci il problema della NOSTRA dieta comunicazionale: a cosa DECIDIAMO di dedicare le nostre ore quando scegliamo un programma, che libri SCEGLIAMO, se  leggiamo o non leggiamo, che contenuti possono farci bene e quali invece intossicarci la mente… ma per favore, scegliamo, valutiamo, non siamo recettori passivi…


Pulsioni d’acquisto: ragioni di un’analisi

1.1.       Pulsioni d’acquisto: ragioni di un’analisi

Perché le persone acquistano? Sotto l’influsso di quali forze avvengono le scelte di mercato? E soprattutto, perché affrontare questo tema è così cruciale per la competitività delle aziende?

La vita di ogni persona e di ogni azienda è costellata da momenti d’acquisto. Nonostante questo dato incontrovertibile, la psicologia del consumo costituisce uno dei fenomeni meno studiati e meno tradotti in azienda, in buona parte a causa dell’impostazione classica che vedeva nel consumatore un soggetto razionale, che agisce secondo criteri logici. Capovolgendo quest’impostazione, rivolgeremo la nostra attenzione soprattutto alle dinamiche psicologiche, ai moventi nascosti, al “dark side” del consumo.

Per raggiungere gli obiettivi previsti, riteniamo necessario fornire una prima griglia di impostazione del lavoro, che divide i comportamenti di acquisto in base a motivazioni conscie, subconscie ed inconsce.

Fig. 1.1 – I tre livelli della motivazione d’acquisto

conscio-subconscio-inconscio


Questa prima revisione ha profonde implicazioni a più livelli: (1) per la comunicazione aziendale, (2) per le strategie di creazione del valore nella progettazione di un prodotto/servizio, e (3) per l’educazione al consumo.

Una seconda considerazione ci spinge a rivolgere la nostra attenzione all’area della psicologia dei bisogni. L’atto di acquisto si lega innegabilmente a qualche forma di problema esistente nell’individuo (es: risolvere un dolore fisico tramite una medicina), o di aspirazione da raggiungere (es: in un’azienda, l’acquisto di un macchinario per aumentare la produttività), sia che si tratti di un bene povero che di un genere di lusso. Questi problemi o moventi sono il nesso che collega il prodotto alla scelta di acquisto.

Il comportamento degli individui, orientato a diminuire i problemi che li circondano, determina, in un certo momento del tempo, la nascita di una pulsione, un impulso d’acquisto, uno stimolo alla risoluzione dello stato di tensione[1]. Una strategia aziendale che non tenga in seria considerazione quali impulsi d’acquisto inserire nelle proprie offerte, non ha alcuna prospettiva di successo.


[1] Vedi Rook, D.W. (1987). The buying impulse. Journal of Consumer Research, 14 (September), 189-199.

_____________

(c) Testo Copyright by Daniele Trevisani, Studio Trevisani Communication Research & Human Potential

Fonte: Trevisani, Daniele (2002) Psicologia di Marketing e Comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management. Franco Angeli, Milano, 2001. (256 pag.) Best Seller in Psicologia di marketing.

Link per acquisto online del volume sul sito IBS Italia

1.15. L’abito mentale delle performance, lo spirito guerriero nella vita di ogni giorno (lezioni dai Samurai)

1.15.    L’abito mentale delle performance,  lo spirito guer­rie­ro nella vita di ogni giorno (lezioni dai Samu­rai)

Chi si impegna per produrre performance umane deve assumere un preciso abito mentale. È l’assetto del guerriero, del Samurai, del combattente, del ricercatore concentrato, del missionario che crede in una causa.

È l’atteggiamento focalizzato di chi desidera ottenere qualcosa che reputa importante e – durante l’esecuzione – non si lascia distrarre da altro. Di chi ha un valore e lotta per esso. Di chi fa della causa una parte di sé.

Non riguarda solo  enormi imprese, ma anche e soprattutto la vita di ogni giorno. Il più grande Samurai di ogni tempo, Musashi[1], così descrive l’abito mentale di chi vuole intraprendere la vita del Samurai:

 

Chi voglia intraprendere la via dell’Hejò (strategia)

tenga a mente i seguenti precetti.

Primo: Non coltivare cattivi pensieri.

Secondo: Esercitati con dedizione.

Terzo: Studia tutte le arti.

Quarto: Conosci anche gli altri mestieri.

Quinto: Distingui l’utile dall’inutile.

Sesto: Riconosci il vero dal falso.

Settimo: Percepisci anche quello che non vedi con gli occhi.

Ottavo: Non essere trascurato neppure nelle minuzie.

Nono: Non abbandonarti in attività futili[2].

 

È eccezionale notare come anche oggi questo abito mentale sia dotato di enorme suggestività per chi intende sviluppare il proprio potenziale. Ci parla, infatti, di un atteggiamento di fondo.

È l’atteggiamento di serietà con cui un calciatore professionista rimane persona umile, cura alimentazione e riposo, rispetto al divo del calcio che assume atteggiamenti da star e si presenta tardi agli allenamenti.

È lo spirito di una ragazza che decide di sputare (esatto, sputare) sul modello proposto dai media di cosa sia una ragazza “arrivata” (fotomodella,  star televisiva, protagonista di reality show, anoressica, o bambola da chirurgo plastico) e piuttosto si impegna nello studio, in una professione utile, o in campo sociale, mandando a quel paese il modello che fa coincidere carriera con arcata dentale, natiche e scollatura.

È il coraggio di un ricercatore che intraprende vie di ricerca e sperimentazione inusuali ma dalle quali pensa di poter dare una aiuto al mondo, piccolo o grande, anche andando contro i baroni accademici e lo status quo.

È la saggezza del lottatore che cura attentamente il suo recupero prima di gettarsi in una nuova battaglia, consapevole del fatto che se non avrà riposato abbastanza non potrà sostenere molte battaglie e si brucerà.

È la passione di chi si impegna per una causa, fatica, fa rinunce ma non le rimpiange, e si sacrifica per qualcosa di cui forse non vedrà nemmeno i frutti in vita.

Ma non tutto è solo sacrificio. Le performance sono anche contribuzione, gioia, celebrazione, divertimento, piacere, il gusto di fare qualcosa di importante, essere parte di qualcosa, di lasciare un segno, di compiere imprese assieme a qualcuno e fare team. O la voglia di essere ciò che possiamo essere.

I veri performer sanno anche celebrare i propri risultati e vivere a pieno.

Ciascun precetto di Musashi si riferisce anche oggi ad una o più aree della psicologia delle performance e mantiene una validità assoluta:

 

Primo: Non coltivare cattivi pensieri. L’esercizio di un atteggiamento mentale positivo, il pensiero positivo, la concentrazione su ciò che di buono e utile vogliamo ottenere, allontanarsi da pensieri negativi o dal male; la ricerca di quello che oggi chiamiamo uno “stile cognitivo” efficace.

 

Secondo: Esercitati con dedizione. Oggi chiamato training, formazione, tecniche di allenamento e addestramento, e soprattutto, la necessità del performer di applicarsi in un active training, cioè in esercitazioni attive e non solo analisi teorica, e farlo con dedizione, nel tempo, e con continuità.

 

Terzo: Studia tutte le arti. L’approccio enciclopedico, la contaminazione positiva che deriva dall’andare fuori dai propri recinti e studiare le cose più disparate, interessarsi anche di ciò che altre discipline indagano, il contrario della chiusura in un recinto professionale o disciplinare, male odierno, il contrario delle sette, e della cultura dell’egoismo.

 

Quarto: Conosci anche gli altri mestieri. La capacità di muoversi ed agire anche in campi esterni, l’allargamento del proprio repertorio professionale, sapersi muovere anche fuori dal proprio campo di azione limitato, essere capaci anche in altre abilità e professioni, spaziare, non chiudersi.

 

Quinto: Distingui l’utile dall’inutile. Concetto similare a quello che nel sistema HPM chiamiamo Retargeting Mental Energy, o ricentraggio delle energie mentali, ciò che permette alle persone di capire veramente cosa merita il proprio impegno e cosa non lo merita, dove centrarsi o ricentrarsi nel proprio focus di attenzione, e quindi verso cosa direzionare le energie personali.

Sesto: Riconosci il vero dal falso. Coltivare le capacità di analisi, la percezione pura e decontaminata da preconcetti e distorsioni, il bisogno di verità, il bisogno di pulizia psicologica, il bisogno di sviluppare le capacità di riconoscimento (detection) indispensabile ad esempio in chi svolge il mestiere di negoziatore o di comunicatore, o in chi guida le persone (leader) o in chi lavora in gruppo (team working). Ed ancora, il bisogno di distinguere fatti da opinioni, teorie accertate da ipotesi, affermazioni personali da idee condivise.

 

Settimo: Percepisci anche quello che non vedi con gli occhi. La percezione è il fenomeno oggi più centrale in molte forme di psicologia, e comprende sia la propriocezione (capacità di percepire se stessi), che la percezione ambientale. Il settimo precetto di Musashi indirizza verso abilità di percezione aumentata, disambiguamento dalle illusioni percettive, sviluppo della sensibilità umana e sensoriale, ricerca di significati e quadri di analisi (Gestalt), e il potenziamento delle facoltà di osservazione. Tratta quindi di una “percezione allargata”, opposta ad una chiusura percettiva.

 

Ottavo: Non essere trascurato neppure nelle minuzie. Il bisogno di entrare nelle micro-competenze, la ricerca dell’eccellenza, l’abbandono di un atteggiamento di pressapochismo e banalizzazione. Attenzione ai dettagli che contano, assunzione di un atteggiamento di amore per quello che si fa e per come lo si fa.

 

Nono: Non abbandonarti in attività futili. Capire che il tempo è prezioso, e dobbiamo veramente decidere se abbandonarci ad uno squallido clone del modo con cui le persone comuni usano il tempo (copiare il mainstream), lasciarsi andare come bastoni sul corso di un fiume di qualunquismo, assecondare la piattezza di ciò che tutti gli altri fanno, o assertivamente prendere in mano il nostro tempo e decidere di farne qualcosa, allenarci, studiare, intraprendere, esplorare, scrivere, condividere, sperimentare nuove conoscenze; ed ancora, capire che esistono diversi macro-tempi, quello della produttività, dello studio, dell’auto-organizzazione, delle relazioni sociali, e quello del recupero, della meditazione, del relax, ma non esistono i tempi delle relazioni obbligate, lo spreco di tempo con persone piatte o arroganti o prepotenti, e vanno riconosciute e rimosse le attività di pura abulia o distruzione di sé.

 

Le lezioni di Musashi vengono da un performer che ha passato la vita a sfidare la morte, e hanno un significato odierno assoluto.

È ancora più incredibile notare come già nel 1600 Musashi concentrasse tutta la sua analisi su aspetti di enorme attualità: sinergia tra corpo e mente, correlazione tra preparazione fisica e mentale, il fatto che la preparazione o una vittoria sia una conquista personale e non un diritto da pretendere, e che prima si debba cercare un approccio mentale e strategico valido, e solo dopo vengono i dettegli operativi. Una lezione che nel terzo millennio moltissimi sportivi e manager devono ancora imparare.

 

Quando si dedicano assiduamente tutte le proprie energie all’Hejò e si cerca con costanza la verità è possibile battere chiunque e ovviamente raggiungere la supremazia, sia perché si ha il pieno controllo del proprio corpo, grazie all’esercizio fisico, e sia perché si è padroni della mente, per merito della disciplina spirituale. Chi ha raggiunto questo livello di preparazione non può essere sconfitto[3].

 

Dobbiamo oggi riflettere sul significato profondo che queste parole assumono: dedizione, ricerca della verità, pulizia spirituale, sono il vero messaggio di fondo. La ricerca della supremazia e della vittoria appartengono ad una realtà medioevale, vengono dall’essere nati in un certo momento storico dove questo significava vivere o morire. Se, in una mattina del 1600, qualcuno si fosse presentato a noi con una spada per ucciderci, sarebbero state drammaticamente importanti anche per noi.

Oggi i nemici veri non portano spade ma, là fuori, si aggirano ringhiando.

Si chiamano miseria, ignoranza, ipocrisia, prepotenza, arroganza, dolore esistenziale, fame, violenza, bambini che soffrono, nepotismi, corruzione, sistemi clientelari – e soprattutto- fonte di ogni male, l’incomunicabilità.

I nemici possono essere anche dentro: presunzione, chiusura mentale, perdita di senso, perdita di stima in sè, perdita di valori, perdita di orizzonti, chiusura verso nuovi concetti, auto-castrazione, smettere di sognare o credere in qualcosa, chiusura della propria prospettiva temporale in orizzonti sempre più brevi e limitati, vivere solo per se stessi.

Contro questi nemici gli insegnamenti di Musashi, e lo spirito guerriero che li anima, hanno ancora enorme senso e validità.  Respirare ogni giorno a pieni polmoni uno spirito guerriero per fini positivi è un abito mentale. Alzarsi con questo spirito, andare a dormire con questo spirito, risvegliare gli archetipi guerrieri e direzionarli per costruire, è una sfida nuova, entusiasmante, che fa onore al dono di esistere.


[1] Miyamoto Musashi, 1584-1645, giapponese, considerato nelle arti marziali come il più grande Samurai vissuto in ogni tempo. Ebbe il primo duello mortale a 13 anni, e vinse. Vagò per il Giappone come Ronin (guerriero errante) per anni, battendosi per sessanta volte ottenendo sempre la vittoria, lottando anche contro più avversari contemporaneamente o superando imboscate e duelli con decine di avversari. A 50 anni si ritirò per dedicarsi allo studio, alla letteratura e ad altre discipline artistiche risultando un maestro in molte di esse. Nel­la pittura, nella calligrafia, le sue opere oggi fanno parte del patrimonio artistico giap­po­nese. A 60 anni si ritirò in una grotta per scrivere il suo Manuale. In Giappone oggi è leggenda.

[2] Musashi, Myamoto (1644), Il libro dei cinque anelli (Gorin No Sho), edizione italiana Mediterranee, Roma, 1985, ristampa 2005, p. 61.

[3] Ivi, p. 62.

_________

Copyright, dal Volume: “Il Potenziale Umano”

Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

Età fisica ed età mentale

Si avvicina l’uscita del volume Il Potenziale Umano, e nel frattempo volevo condividere e ragionare assieme su una idea di base, che inserirò nel prossimo libro: L’età mentale diversa dall’età fisica. Non è una novità, ma serve qualche approfondimento.

Una persona mentalmente giovane coltiva sogni e aspirazioni, una persona mentalmente vecchia (al di la del suo corpo) ha smesso di sognare e volare con la fantasia, il suo fuoco si sta estinguendo. E questo non solo nell’individuo, ma addirittura in intere aziende o – più su – in intere nazioni.

Una società vecchia vive del passato e nella burocrazia, è ammantata da emozioni negative (paura, sarcasmo, cinismo), difende i propri piccoli spazi di potere ma non guarda oltre. Compie performance difensive, e non proattive. Una società giovane si pone senza paura dei traguardi e ha la forza di emozionarsi per essi. Osserva il mondo in modo attivo, desidera darvi un contributo, non sta seduta a guardarne lo sfacelo e non si intimidisce di fronte alle sfide. Non ha pura di ciò che non conosce ma lo vuole studiare, sperimentare.

Lo stesso accade nelle aziende e nei team sportivi.

Diventa quindi molto interessante per ogni ricercatore vero e per chiunque di noi avere un modello che ci aiuti a rimetterci in moto (per fini personali), o aiutare un team ad ottenere le performance che desidera (per un coach), o ancora lavorare sul funzionamento ottimale delle persone, per scopo terapeutico e di qualità della vita, al di la delle performance che possono ottenere.

La performance come benessere, ascesa, salita, esplorazione: viaggio verso l’Optimal Functioning Il funzionamento ottimale (Optimal Functioning) è la connessione tra aree di ricerca sui problemi (la patologia, l’area negativa) e aree di ricerca sulle performance (le aree dei goals, o positive). Questo nesso è indispensabile per far luce sui metodi che lavorano sul potenziale dell’uomo e dei team (sia sportivi che aziendali).

Ho potuto osservare con grande frequenza che raramente una persona o un team che “funzionano male”, internamente e psicologicamente, offrono prestazioni esterne positive, o se lo fanno questo non dura a lungo.

Dovendo studiare il funzionamento ottimale dell’uomo impegnato in una performance, e lavorando come formatore per migliorare la condizione che di volta in volta trovavo, sono emerse anche interessanti riflessioni sul funzionamento “sbagliato”, sulle patologie e sugli errori che le persone compiono, consapevolmente o meno. Esempi di errori comuni:

1 • l’utilizzo di un archetipo sbagliato; es, per un venditore, considerare se stesso come un “forzatore di acquisti”, anzichè un problem-solver. Questo impedisce di attivare il potere della relazione di aiuto che fornisce energie utili per vendere. Il problema vale anche per uno sportivo, che entri in campo con la voce interiore “non posso assolutamente sbagliare”, anziché “voglio divertirmi e dare il meglio di me”;

2 • il mancato esame dei propri apprendimenti: chi mi ha insegnato a fare le cose come le faccio ora? Da chi ho appreso? Siamo sicuri che vada tutto bene così? Cosa devo disimparare se voglio crescere?

3 • Sè negati: che ruolo vorrei giocare, in campo o nella vita? Sto giocando il ruolo che desidero, o mi sto auto-castrando? Posso provarci? Mi sto auto-impedendo? Sto rispondendo alle aspettative degli altri o do ascolto anche alle mie?

Queste e altre osservazioni possono dare luce ad una nuova forma di scienza di confine, che non sia esattamente nè una scienza dello sport, nè una scienza psicologica, nè un primato delle patologie (es: psicoterapia o medicina), nè una scienza dell’educazione e della formazione, ma una scienza della condizione ottimale dell’essere umano e dei team. In pratica, una scienza che cerchi il denominatore comune del funzionamento positivo umano.

Qualcosa di simile (uscire dal confine ristretto dello studio sulle “patologie”, e da una visione di “malattia”) sta cercando di fare anche la “psicologia positiva” , nuova area di studio della psicologia che studia fenomeni come la felicità, il benessere, la fiducia, la tenacia – area il cui interesse primario è tuttavia verso il funzionamento psicologico, e non per l’intera sfera delle performance umane.

Una scienza delle energie umane e delle performance non è ancora stata realizzata e sviluppata in modo compiuto: ogni disciplina, nel proprio recinto, ne sfiora una parte, ma risulta per tutti difficile cogliere l’unità del senso.

La fatica, le frustrazioni, le cadute, fanno quindi parte del percorso, anche del mio. È parte del gioco. Anche del mio…

Ps…. Sapere di non essere soli in un percorso di ricerca aiuta!

Iscriviti al gruppo Facebook sul Potenziale Umano

E’ possibile da oggi iscriversi al gruppo Facebook sul Potenziale Umano, disponibile al link

 http://www.facebook.com/group.php?gid=44520376739

gruppo Facebook sul Potenziale Umano
gruppo Facebook sul Potenziale Umano

Per condividere risorse e temi utili per chiunque si occupi di sviluppo delle persone e delle organizzazioni: psicologi, coach, formatori, istruttori sportivi, formatori aziendali, manager, leader d’impresa, leader politici, professionisti, dirigenti, responsabili aziendali e della pubblica amministrazione, dirigenti di club e associazioni… utile per chiunque opera per costruire team ad alte prestazioni, sviluppare elevate performance, o dare contributi ai settori del counseling, psicoterapia, sviluppo personale, psicologia positiva, coaching di team, e non ultimo, per chiunque sia interessato a risorse per il proprio sviluppo personale

Psicologia strategica e concentrazione

Tante persone e tante aziende sprecano denaro e risorse per nulla. Gettano al vento ore, persone, soldi, senza raggiungere obiettivi o effetti. Due grandi problemi da risolvere sono: 1 – la concentrazione sugli obiettivi (capire bene quali sono i veri obiettivi e depurare il quadro da falsi obiettivi, sia a livello personale che aziendale) 2 – le operazioni da avviare per raggiungere gli obiettivi. La psicologia strategica deve occuparsi di entrambi i fronti. Tuttavia, il contributo essenziale sta nella capacità di depurare il quadro da falsi obiettivi e chiarificare gli effetti che vogliamo produrre e le condizioni di arrivo che vogliamo generare.

Un breve esercizio di concentrazione: con gli occhi chiusi, immaginiamo di voler passare in rassegna tutti i problemi (personali o aziendali) che vorremmo fossero risolti. Man mano che le idee o immagini mentali si materializzano o prendono forma, invece di fissarsi su di esse, immaginiamole volare via, e lasciare spazio a qualche altra immagine o problema. Andiamo avanti sinchè sentiamo che i problemi principali siano stati localizzati. Al termine, lasciamo che la mente vaghi in un luogo immaginario positivo, es, un luogo della natura, per alcuni minuti, come se volessimo riposarci. Finito, riapriamo gli occhi, e scriviamo la lista dei problemi individuati (come punti elenco). Tra un mese ripetiamo la stessa operazione e confrontiamo i due fogli. Dove si è spostata la concentrazione? Quali nuovi problemi entrano? Quali escono? Quali sono solo “autoprodotti”?

Capsule spaziotemporali e finestre di sensazioni

1.5. Dalla perfezione impossibile ai segmenti di soddisfazione: capsule spaziotemporali, frames, sensation windows

Per accrescere il proprio potenziale bisogna apprendere nuove abilità, e si tratta spesso di abilità sottili, sfuggenti, impalpabili.

Imparare ad apprezzare le “capsule spaziotemporali” è una delle aree di apprendimento del metodo HPM, centrale sia nei piani di crescita personale, che nello sviluppo delle prestazioni.

Una capsula spaziotemporale è un segmento del tempo e dello spazio dotato di significato proprio. Può trattarsi di pochi minuti di un incontro, o del segmento di tempo di un allenamento, o di un qualsiasi brano di vita. La vita è piena di stupende “capsule” non viste.

In una capsula o frame (finestra, brano di esistenza) possono trovarsi esperienze meditative o fisiche, riflessive, o invece molto attive e dinamiche, valori e significati, da vivere soli o in compagnia.

I sensation seekers (cercatori di sensazioni) sono alla continua ricerca di capsule spaziotemporali positive e ne traggono energie.

La matematica non è opinione.

Se vivi 2 momenti positivi la mattina, 1 al pomeriggio, e 1 alla sera, avrai avuto 4 momenti positivi nella giornata, al di là del loro contenuto. Se questo si ripete per almeno 5 o 6 giorni, avrai una settimana in cui prevalgono sensazioni positive. Se invece nella giornata hai avuto 1 evento negativo la mattina, 1 il pomeriggio, il vuoto esistenziale la sera, e nessun momento positivo di ricarica, avremo una sequenza di giornate che scaricano.

Alla fine della settimana, del mese, dell’anno, e della vita, saremo sempre più scarichi e rintanati in un guscio sempre più stretto. Al punto di non aver nemmeno più la voglia di guardare fuori, o peggio, la forza di cercare.

Ancora una volta, stiamo attenti a non confondere le capacità di rilassamento (un fatto in sé positivo, da apprendere e coltivare) con stasi, apatia e abulia, la perdita di voglia di vivere.

Le capsule non sono pastiglie da digerire per “tirare avanti”, ma momenti dotati di significato in sé e per sé. Hanno valore per come attivano le nostre sensazioni ed emozioni, e non come anestetico di altro che non va. Se ne hanno la proprietà, non è comunque questa la loro funzione.

Una capsula per qualcuno può essere un momento di allenamento in palestra o sul campo, “sentendo” un’attività intensa o che piace, una cena, la scrittura, la lettura di una lettera, o di un passaggio che colpisce in un  libro, un momento di solitudine guardando il tramonto, una preghiera, un gioco, un dialogo profondo tra persone, o qualsiasi altro brano di vita dotato di significato proprio, persino uno sguardo.

Il semplice fatto che un momento di esperienza sia dotato di significati dovrebbe farci rizzare le antenne, visto che senza significati la vita muore e le energie mentali si annullano. Le capsule sono contenitori di significati.

Spesso si ricerca il senso compiuto all’interno della perfezione. Capsule di durata eterna, anziché di durata limitata e praticabile. Questa è una delle più grandi bestialità che un essere umano possa apprendere, e se gli capita di incamerare questo virus, farà bene a disfarsene prima possibile.

Il contrario è saper cogliere il dono limitato. Per dono limitato si intende nel metodo HMP una finestra di sensazioni (Sensation Window – SW), ad esempio la sensazione positiva che si prova quando siamo in presenza di persone che ci piacciono, in quel preciso momento, anche non potendo possedere illimitatamente il tutto, tutto il suo tempo, tutte le sue ore o minuti.

O ancora, la sensazione che può dare un allenamento, persino un brano di un allenamento (training experience), senza per forza dover vincere qualcosa, e dover diventare campioni per forza. Apprezzare il training, oltre che il risultato che ne può derivare, persino indipendentemente da esso, è una nuova forma di competenza.

Di fatto, siamo poco allenati a riconoscere e generare finestre di sensazioni positive, e ben allenati verso quelle negative. Questo produce danni psicologici e fisiologici.

Tra i fattori determinanti del lavoro sul potenziale umano: 1) far apprezzare alla persona i frames esperienziali di cui si compone un’esperienza allenante o formativa, 2) scoprire sensazioni nascoste anche nei momenti più piccoli o apparentemente insignificanti,  3) aumentare la capacità di cogliere, percepire e assaporare il fluire di sensazioni, 4) diminuire le passività e aumentare la capacità di costruire esperienze positive e di crescita.

 

_________

Copyright. Articolo estratto dal volume “Il Potenziale Umano”, di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, 2009 (in pubblicazione), esposto per concessione dell’autore. La sua riproduzione è autorizzata solo con citazione della fonte originale. Per info e contatti www.studiotrevisani.it

 

1.5. Capsule spaziotemporali e finestre di sensazioni

 1.5. Capsule spaziotemporali e finestre di sensazioni

Per accrescere il proprio potenziale bisogna apprendere nuove abilità, e si tratta spesso di abilità sottili, sfuggenti, impalpabili.

Imparare ad apprezzare le “capsule spaziotemporali” è una delle aree di apprendimento del metodo HPM, centrale sia nei piani di crescita personale, che nello sviluppo delle prestazioni.

Una capsula spaziotemporale è un segmento del tempo e dello spazio dotato di significato proprio. Può trattarsi di pochi minuti di un incontro, o del segmento di tempo di un allenamento, o di un qualsiasi brano di vita. La vita è piena di stupende “capsule” non viste.

In una capsula o frame (finestra, brano di esistenza) possono trovarsi esperienze meditative o fisiche, riflessive, o invece molto attive e dinamiche, valori e significati, da vivere soli o in compagnia.

I sensation seekers (cercatori di sensazioni) sono alla continua ricerca di capsule spaziotemporali positive e ne traggono energie.

La matematica non è opinione.

Se vivi 2 momenti positivi la mattina, 1 al pomeriggio, e 1 alla sera, avrai avuto 4 momenti positivi nella giornata, al di là del loro contenuto. Se questo si ripete per almeno 5 o 6 giorni, avrai una settimana in cui prevalgono sensazioni positive. Se invece nella giornata hai avuto 1 evento negativo la mattina, 1 il pomeriggio, il vuoto esistenziale la sera, e nessun momento positivo di ricarica, avremo una sequenza di giornate che scaricano.

Alla fine della settimana, del mese, dell’anno, e della vita, saremo sempre più scarichi e rintanati in un guscio sempre più stretto. Al punto di non aver nemmeno più la voglia di guardare fuori, o peggio, la forza di cercare.

Ancora una volta, stiamo attenti a non confondere le capacità di rilassamento (un fatto in sé positivo, da apprendere e coltivare) con stasi, apatia e abulia, la perdita di voglia di vivere.

Le capsule non sono pastiglie da digerire per “tirare avanti”, ma momenti dotati di significato in sé e per sé. Hanno valore per come attivano le nostre sensazioni ed emozioni, e non come anestetico di altro che non va. Se ne hanno la proprietà, non è comunque questa la loro funzione.

Una capsula per qualcuno può essere un momento di allenamento in palestra o sul campo, “sentendo” un’attività intensa o che piace, una cena, la scrittura, la lettura di una lettera, o di un passaggio che colpisce in un  libro, un momento di solitudine guardando il tramonto, una preghiera, un gioco, un dialogo profondo tra persone, o qualsiasi altro brano di vita dotato di significato proprio, persino uno sguardo.

Il semplice fatto che un momento di esperienza sia dotato di significati dovrebbe farci rizzare le antenne, visto che senza significati la vita muore e le energie mentali si annullano. Le capsule sono contenitori di significati.

Spesso si ricerca il senso compiuto all’interno della perfezione. Capsule di durata eterna, anziché di durata limitata e praticabile. Questa è una delle più grandi bestialità che un essere umano possa apprendere, e se gli capita di incamerare questo virus, farà bene a disfarsene prima possibile.

Il contrario è saper cogliere il dono limitato. Per dono limitato si intende nel metodo HMP una finestra di sensazioni (Sensation Window – SW), ad esempio la sensazione positiva che si prova quando siamo in presenza di persone che ci piacciono, in quel preciso momento, anche non potendo possedere illimitatamente il tutto, tutto il suo tempo, tutte le sue ore o minuti.

O ancora, la sensazione che può dare un allenamento, persino un brano di un allenamento (training experience), senza per forza dover vincere qualcosa, e dover diventare campioni per forza. Apprezzare il training, oltre che il risultato che ne può derivare, persino indipendentemente da esso, è una nuova forma di competenza.

Di fatto, siamo poco allenati a riconoscere e generare finestre di sensazioni positive, e ben allenati verso quelle negative. Questo produce danni psicologici e fisiologici.

Tra i fattori determinanti del lavoro sul potenziale umano: 1) far apprezzare alla persona i frames esperienziali di cui si compone un’esperienza allenante o formativa, 2) scoprire sensazioni nascoste anche nei momenti più piccoli o apparentemente insignificanti,  3) aumentare la capacità di cogliere, percepire e assaporare il fluire di sensazioni, 4) diminuire le passività e aumentare la capacità di costruire esperienze positive e di crescita.

 

 

_________

Copyright, dal Volume:

“Il Potenziale Umano”

Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

Imparare a comunicare (…viaggio nella scoperta delle proprie potenzialità)

Lo sviluppo della capacità comunicativa, professionale o personale, è un valore in sè, è un percorso continuo, un viaggio in dimensioni sempre nuove di scoperta e di crescita dei propri potenziali

©Copyright Studio Trevisani Communication Research. Tutti i diritti riservati. E’ vietata la copia non autorizzata o riproduzione senza citazione della fonte.

Vi sono persone abili nel comunicare, altri sono invece desiderosi di farlo ma bloccati o impacciati, mentre altri ancora sono del tutto incapaci di manifestare, esprimere, raccontare vissuti emozionali diversi, vivono bloccati entro una singola dimensione emozionale (autostereotipo), incapaci di uscirne, con ripercussioni negative sulle relazioni umane e professionali. La prima operazione da svolgere per lo sblocco comunicativo emozionale è quella di riconoscere in sè la volontà di cambiare e crescere. Perchè affrettarsi a farlo? i motivi sono diversi:

  • In una vita manageriale sempre più frenetica si trova sempre meno spazio per l’espressione personale. Tutto questo produce compressione delle proprie abilità, irrigidisce le persone e le riduce a maschere di se stessi, diminuendo drasticamente la qualità della vita e delle relazioni.
  • La condivisione delle esperienze emotive è una delle regole auree della leadership emozionale. Senza una buona capacità espressiva, il rapporto interpersonale rimane superficiale o freddo. Chi desidera avere solo rapporti superficiali o freddi può anche accettarli. Chi vuole andare oltre, deve sviluppare abilità di espressione emozionale. L’abilità di espressione emozionale misura il grado di difficoltà che un soggetto esperisce quando deve far scendere in campo la comunicazione delle emozioni, negative o positive che siano.

E’ possibile raggiungere una buona capacità di espressione emozionale tramite tecniche i metodi drammaturgici per la leadership. Tali metodi consentono di sbloccare il vissuto emozionale che si associa a particolari situazioni sociali e comportamenti della vita aziendale e quotidiana, tra cui parlare in pubblico, assegnare ordini e obiettivi, redarguire o criticare un collaboratore, motivare le persone, parlare con i propri cari ad un livello più profondo, o semplicemente far valere le proprie ragioni.

Tra i metodi utilizzabili prodotti da Studio Trevisani:

  • recitazione per lo sblocco emozionale sulla base di spartiti emozionali prodotti ad-hoc dallo Studio, modelli proprietari sviluppati partendo dalle ricerche di base sulla psicologia delle emozioni
  • recitazione dei tipi caratteriali tramite spartiti di Analisi Transazionale (AT)
  • recitazione di tipologie stilistiche espressive (prototipi stilistici) basati su modelli culturali esistenti
  • riproduzione di comportamenti di leader efficaci
  • tecniche di espressione corporea con adattamenti specifici provenienti dal metodo Stanislavski (tecniche per la formazione dell’attore)
  • realizzazione di role-playing situazionali
  • psicodrammi emozionali per la rivisitazione di interi brani di interazione professionale e l’emersione dei fattori critici su cui agire per ottenere un cambiamento

Ogni tecnica utilizzata, sebbene partendo da angolature diverse, si prefigge obiettivi comuni:

  • allargare il repertorio espressivo
  • sbloccare l’espressività personale
  • accrescere il senso di benessere e autostima che deriva dal riuscire ad esprimersi come si desidera
  • sviluppare sicurezza di sè nelle condizioni professionali e di vita
  • identificare ed abbandonare le gabbie emotive e condizionamenti comportamentali che impediscono alle persone di seguire il proprio percorso di crescita.

©Copyright Studio Trevisani Communication Research. Tutti i diritti riservati. E’ vietata la copia non autorizzata o riproduzione anche parziale dei contenuti di questo articolo senza citazione dell’autore.