Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani “Il potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance”. Franco Angeli editore, Milano.
La mente può essere allenata
Se equipariamo (grezzamente) la mente umana ad un processore informatico, possiamo distinguere due grandi sfere di prestazione: la potenza del processore (che determina la velocità di elaborazione dei dati) e l’utilizzo della potenza: concentrato su un singolo task o programma (monotasking) oppure distribuito su compiti multipli e più programmi (multitasking).
In termini mentali, la potenza del processore equivale alla rapidità cognitiva o rapidità del pensiero (soprattutto, la capacità di cogliere collegamenti tra variabili), mentre l’applicazione (monotasking vs. multitasking) equivale alla capacità di concentrazione mentale su un singolo problema o obiettivo.
L’abilità di ragionamento ha una componente genetica ma anche e soprattutto una forte componente esercitabile, praticabile, un’area di crescita che dipende da ciò che la nostra mente apprende a fare dalla nascita in poi.
All’interno di questa area, la parte relativa agli stimoli familiari, scolastici e dei media, ha un forte influsso: individui che hanno vissuto in un clima relazionale povero, che hanno avuto poche stimolazioni, pochi input sensoriali ed esperienziali, sono meno rapidi nel risolvere i problemi. La rapidità cognitiva richiede allenamento. Ma l’allenamento si può praticare.
Principio 9 – Rapidità cognitiva e problem solving
Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:
- l’individuo cresce in un ambiente apatico, che non stimola ad inquadrare i problemi da analizzare (problem setting) e a risolvere problemi (problem solving);
- l’individuo non mantiene un allenamento adeguato (per frequenza e intensità) sul problem setting e problem solving, o si fissa entro una sola delle due attività;
- i problemi di grande portata non vengono scissi in sub-problemi affrontabili;
- l’individuo non dispone di tools adeguati (strategie mentali) per risolvere i problemi in modo più rapido ed efficiente;
- i materiali posti sotto forma di problema sono di quantità e complessità tale da superare le capacità individuali e si genera overload (sovraccarico mentale);
- i materiali posti sotto forma di problema sono sgradevoli affettivamente per il soggetto, o sono estremamente lontani dalle proprie inclinazioni, interessi e attitudini.
Le energie mentali aumentano quando:
- vengono acquisite abilità di problem setting (saper fissare i problemi, saperli localizzare, saperli inquadrare) e di problem-solving (risoluzione);
- si ricerca equilibrio e distinzione tra le due attività (localizzare e risolvere problemi);
- i problemi affrontati sono di misura e quantità gestibile;
- viene allenata la flessibilità cognitiva tramite tecniche (stretching mentale);
- esiste collimazione tra le proprie inclinazioni e il tema su cui applicare le proprie capacità o i problemi da risolvere.
Una delle forme di allenamento più utili nel determinare rapidità cognitiva e pensiero logico nel metodo HPM è la ricerca della precisione e chiarezza del linguaggio, svolta con appositi esercizi. Il training consiste nell’esercitarsi a produrre frasi brevi e compiute, con un effetto di riverbero forte sulla capacità di pensare in modo conciso e concentrato.
Le teste vuote hanno lingue lunghe.
Bruce Lee
Dobbiamo notare che questa tecnica allena la capacità di sintesi e di essere rapidi e concisi nel pensiero, mentre altre devono invece allenare la capacità di allargamento e creatività.
Le performance richiedono entrambe, ma al momento giusto.
Al di là di quanto sia ampio il patrimonio genetico, e al di là dell’acculturazione individuale, ciascuna persona può autonomamente dedicare parte del proprio tempo ad allenare la mente al ragionamento.
Nel training dedicato al problem solving sarà indispensabile procedere per gradi, assimilare strumenti di problem setting (imparare a fissare bene i termini del problema). Impegnarsi ed allenarsi in una tecnica di analisi dei problemi (es.:, il DCE, Diagramma di Causa-Effetto) allena la mente ad affrontarli.
È necessario evitare di esporre all’elaborazione mentale una mole eccessiva di dati o problematiche (sovraccarico o overload), a meno che non si tratti di una precisa strategia allenante di sovraccarico intenzionale (overreaching), che va ingegnerizzata e non deve accadere nella normalità.
Dobbiamo inoltre considerare il tema del piacere insito nelle varie attività. La sgradevolezza affettiva differenzia notevolmente l’operato freddo di un computer da quello di un essere umano vivo. Per un PC non si pone il problema se i dati o problemi da elaborare siano o meno affini con le proprie inclinazioni, mentre per un essere umano sì, e questo influisce sulle energie mentali che si riescono ad attivare sul task.
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- Studio Trevisani – Formazione Aziendale Blog con aggiornamenti giornalieri
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- Comunicazione Aziendale
- Intercultural Negotiation (English)
Altre risorse online:
- Pubblicazioni e libri dott. Daniele Trevisani (Books published)
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