Potenziare la corteccia prefrontale sinistra

Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele TrevisaniIl potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance”. Franco Angeli editore, Milano.

Imparare a cogliere i momenti positivi

Le neuroscienze insegnano che il cervello risponde agli stimoli con meccanismi molto simili a quelli dei muscoli: le aree usate frequentemente lavorano, si rafforzano, si “irrobustiscono”, si potenziano; le aree inutilizzate diminuiscono di tono e volume sino a divenire quasi inesistenti (chi ha avuto lunghe ingessature si è potuto rendere conto direttamente di quanto il non-utilizzo produca riduzione del volume della zona ingessata).

Lo stesso meccanismo accade nella mente. Una sequenza di momenti positivi e sensation windows positive (SW) allena e tiene attiva la corteccia prefrontale sinistra, la cui attività si correla a emozioni positive (gioia, capacità di cogliere le positività, sensazioni, energia, coscienza)[1]. Al contrario, una sequenza di SW negative allena la corteccia prefrontale destra, maggiormente specializzata nel cogliere emozioni negative.

Addirittura, i neuro-scienziati hanno dimostrato un effetto sull’induzione di percezione e ricordo positivo, tramite stimolazioni magnetiche dirette (repetitive transcranial magnetic stimulation) della zona orbitofrontale sinistra[2].

In termini di coaching formativo, non volendo confondere i ruoli (le  stimolazioni tramite attrezzature biomedicali sono sfera medica), preferiamo indurre una uguale e maggiore capacità (persino più duratura) tramite apprendimento esperienziale, per vivere i goal e obiettivi positivi, generando stimoli allenanti ed esistenziali adeguati. Questi effetti non sono banali.

Va da se che se alleniamo molto un braccio e l’altro no, avremmo degli scompensi. Così come se avessimo una gamba potente e muscolosa e un’al­tra de­bole e avvizzita, la nostra camminata sarebbe zoppicante, e l’equilibrio dell’or­ganismo si farebbe deficitario. Ogni disequilibrio fisico porta a ripercussioni negative su tutto l’apparato scheletrico e muscolare, ed ogni disequilibrio mentale a malfunzionamento del pensiero, malessere e sofferenza psichica.


[1] Vedi, tra i contributi di ricerca sul tema: Davidson, R. J. (1998), Understanding Positive and Negative Emotion, in LC/NIMH conference proceedings “Discovering Our Selves: The Science of Emotion”, May 5-6, 1998, Decade of The Brain Series, Library of Congress, Washington DC.

[2] Schutter, D. J., van Honk, J. (2006), Increased positive emotional memory after repetitive transcranial magnetic stimulation over the orbitofrontal cortex, Journal of Psychiatry and Neuroscience, Mar. 31 (2), pp. 101-104 (Department of Psychonomics, Affective Neuroscience Section, Helmholtz Research Institute, Utrecht University, Utrecht, NL).

Il funzionamento ottimale dipende perciò anche dalla capacità di creare equilibri e simmetrie, e un potenziamento “stupido”, che non tenga conto degli equilibri, ma cerchi solo “potenza”, è dannoso, distruttivo.

Lo stesso accade nella mente. Dobbiamo imparare ad allenare e stimolare la corteccia prefrontale sinistra e in generale a vivere le emozioni positive non solo in seguito ad eventi enormi (lotterie, vincite) ma anche e soprattutto in attività che altrimenti non coglieremmo. Dobbiamo programmare spazi e tempi in cui farlo. È questione di sopravvivenza.

Disintossicare la mente non è quindi più solo arte ma anche scienza.

È importante quindi non solo generare spazi e tempi dedicati, ma anche cogliere sensazioni positive (sensation windows), esperienze che sfuggono anche se limitate o non eterne, e il dono che ne deriva.

La vita ci offre continuamente doni, anche se limitati.

Per dono limitato si intende la sensazione che anche un semplice gesto o atto può portare per pochi istanti, senza pretendere che esso duri per sempre.

Ed ancora, apprendere a cogliere energie da una capsula spaziotemporale (il dono di un frame), fa parte di nuove abilità da coltivare in sé e negli altri.

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Stimoli e acquisto – Verso un Marketing Umanistico e Psico-Sensoriale

di Daniele Trevisani, www.studiotrevisani.it, copyright

Temi fondamentali:

  • Stimoli nei punti di acquisto
  • Ritmo di Presentazione degli Stimoli (RPS)
  • Attenzione sostenuta: capacità di mantenere l’attenzione su per un considerevole periodo, tenere alta la capacità di selezione, monitoraggio e controllo.
  • Vigilanza:  la capacità di monitorare nel tempo eventi con bassa frequenza d’accadimento.
  • Ergonomia del cliente: tenere in considerazione il funzionamento biologico del cliente durante le fasi di acquisto e il suo affaticamento
  • Marketing Umanistico: attività aziendali che mettono il cliente e i suoi bisogni al centro della progettazione, con forte attenzione alla componente etica, valoriale, esperienziale ed emozionale del cliente stesso

Articolo completo

Se c’è qualcosa che non manca negli spazi di acquisto sono gli stimoli: colori, prezzi, centinaia di articoli e referenze, fotografie, packaging, promoter, pubblicità in-store, visual merchandisng, messaggi acustici, odori, assaggi, suggerimenti altrui, promozioni, e via così… sino a giungere ad un vero e proprio bombardamento di informazioni, di richieste, una condizione di iperstimolazione del cliente. Questo paga sempre? La ricerca dice: non sempre. Ma nemmeno paga una sensazione di vuoto e desolazione, un deserto, un senso di povertà o carenza di stimoli.

Cosa fare quindi? Le strade esistono, vediamo di capire meglio quali poter percorrere… senza pretesa di esaurire l’argomento, ma anzi di aprirne la discussione e avviare un ragionamento per fini positivi e con forti implicazioni pratiche.

Possiamo subito anticipare che si profila un nuovo ruolo per chi gestisce gli spazi di vendita (o meglio, gli spazi di acquisto, vista la centralità del cliente in questo processo): la gestione della psicologia dell’attenzione e le varianze di stimolazione (sia per densità che intensità e varietà), che offrono gli ambienti, le persone, i prodotti, gli spazi e l’insieme di esperienze d’acquisto. Questo mix di attenzioni dà luogo al Marketing Umanistico e al Marketing Percettivo.

Il concetto di base su cui si basa la psicologia dell’attenzione nei punti vendita è semplice: A fare acquisti è un essere umano. Un essere biologico, con tutte le sue esigenze fisiche, e non solo culturali. Un essere fatto di carne, pelle, muscoli, nervi. Un essere che si può affaticare, stancare, persino demotivare verso il fatto stesso di fare la spesa, realizzare acquisti, sino a viverlo come una necessità dolorosa anzichè come un momento piacevole. Nessuna famiglia può esimersi dall’acquistare. Chi è sensibile al tema dell’acquisto non può esserlo solo per il numero finale che appare nei bilanci. Bisogna entrare nel Come avviene l’acquisto, e non basta nemmeno concentrarsi sul Cosa Quanto viene aquistato. Per gli scettici, è sufficiente dire che il Come influenza sia il Cosa che il Quanto (in termini di numeri). Ma non solo: qualifica la distintività, il posizionamento nella mente del consumatore, il Brand stesso.

La mia ricerca in questo campo sta mettendo al centro dell’analisi il tema delle varianze spaziali: alternanze di zone ad alta richiesta attentiva accanto a “zone di recupero”, dove il cliente possa ricaricare i meccanismi attentivi ed avere nel complesso una esperienza di acquisto più utile, produttiva per sè, meno ansiogena, più cosciente, più umana e in ultimo più positiva anche per chi la vive. I metri quadri non cambiano, cambia la loro disposizione. Aumenta la consapevolezza, aumenta la possibilità di vivere l’aquisto con senzazioni piacevoli di benessere e non come fonte di stress. La Consumer Anxiety, del resto, è uno dei temi più forti e recenti della Consumer Research in generale, e dimostra che i clienti che vivono l’acquisto come uno stress lo rifuggono o compiono atti d’acquisto irrazionali persino a loro danno.

Al centro di questo modo di vedere, vi è la concezione etica del cliente come essere umano e non solo come macchina d’acquisto, di cui spingere il “Buy Button” L’ergonomia,  l’attenzione per la persona e i valori, pagano chi riesce a far proprio questo valore, nei fatti, non solo sulla carta.

Per chi gestisce spazi di acquisto, si tratta del prendere coscienza del ruolo giocato dalla Psicologia dell’attenzione e come questo impatta il cliente o fruitore dello spazio, quando l’eccesso di densità informativa e l’eccesso di richieste di attenzione (densità attentiva) saturano l’information space, distruggono anzichè costruire,.

Come creare spazi che rispettino maggiormente la persona e diano esperienze più positive? Esiste un beneficio aziendale evidente nello stimolare il ritorno (fidelizzazione) verso un luogo che ti ha lasciato una esperienza positiva?

In questa prospettiva in corso di studio, i clienti possono essere assimilati a “digestori di stimoli”, e andare incontro a fenomeni di “indigestione” o invece di “ipostimolazione”.

Facciamo un esempio molto pratico sotto forma di metafora, muoviamoci per un attimo su un altro piano. Immaginiamo di essere al ristorante, proviamo a comparare un’esperienza di acquisto ad una esperienza culinaria… notiamo immediatamente molte similitudini. Entriamo in un ristorante, iniziamo ad orientarci, ci sediamo, scegliamo qualcosa, spesso con scelte di fatto diverse dalle aspettative con cui eravamo entrati, a seconda degli stimoli che percepiamo all’interno… poi  arriva il cibo. Mentre mangiamo, il nostro stomaco ci lancia segnali su come sta andando, ci informa su quando è troppo pieno o vuoto, ci dice se “ci sta ancora qualcosa”, o “è meglio fermarsi”, a volte si lascia prendere dal “grappino della casa”…, a volte si ferma all’antipasto, ma in ogni caso sono attivi fenomeni di vigilanza continua e attenzione, che ci portano in genere ad evitare stati di sovralimentazione grave (star male per eccesso di cibo) o ipoalimentazione grave (alzarsi con una fame ancora elevata)…. questo salvo alcuni fenomeni di “cene di fine corso”, “addi al celibato”, e altre evenienze occasionali, in cui il meccanismo di controllo salta… ma questa è altra faccenda… (scientificamente, si tratta di un fenomeno ben noto di allentamento della vigilanza).

Numerosi studi dimostrano che esiste difficoltà a sostenere l’attenzione e vigilanza per lungo periodo. Sia i compiti troppo difficili, che i compiti troppo facili, riducono ancora maggiormente la capacità di attenzione. Anche la ritmicità di presentazione (mono-tonia) e la cadenza invariata per tipo e qualità degli stimoli (forme, luci, colori, suoni, persone) diminuiscono le capacità attentive.

Dobbiamo quindi prestare estrema attenzione al concetto che io chiamo Ritmo di Presentazione degli Stimoli (RPS), un concetto che ho elaborato per valutare le sessioni didattiche e di formazione manageriale che conduco, e si presta molto bene ad essere utilizzato in sede di psicologia dei fenomeni di acquisto. Il conetto prende in considerazione le cosiddette Varianze Zonali o Emergenze (aree che si distinguono da altre per le stimolazioni che offrono). La psicologia del marketing ha già evidenziato che i clienti sono anche e soprattutto cercatori di esperienze positive (positive sensation seekers) e non solo di prodotti. Acquistano un mix di esperienze e prodotti, e se l’esperienza è monotona o negativa cercheranno lo stesso prodotto altrove (approfondimenti al volume Psicologia di Marketing e Comunicazione al link http://www.studiotrevisani.it/alm2/ ).

Troppo spesso le imprese focalizzano le proprie risorse sulla qualità del prodotto, sulle caratteristiche intrinseche del bene o servizio, dimenticando che la qualità complessiva percepita (e quindi la soddisfazione complessiva del consumatore) proviene anche dal canale distributivo, il luogo d’aquisto in sè vale almento quanto il prodotto e il prezzo. E non solo, contano il rapporto personale con l’erogatore del servizio e con la rete di vendita e di assistenza.

Una breve sintesi del concetto è esposta nel volume Psicologia di Marketing http://www.studiotrevisani.it/alm2/interazioni-cs.htm:

…. è necessario distinguere i concetti di customer satisfaction di prodotto (CSP) e customer satisfaction di canale(CSC) o channel satisfaction.

La CSP riguarda le caratteristiche intrinseche del prodotto o servizio (composizione, struttura, performance).

La CSC include: (1) componenti relazionali e (2) componenti logistiche, che sommate producono la qualità complessiva del servizio erogato dal canale distributivo: capacità di rapporto interpersonale, cortesia, tempi di risposta, servizio post-vendita e assistenza, la facilità di accesso al luogo di distribuzione, la facilità di acquisizione del prodotto/servizio, il rispetto dei termini e condizioni di consegna.

E la ricerca prosegue. I contributi delle neuroscienze dicono oggi che nella Channel Satisfaction (la soddisfazione verso il punto di acquisto) rientra oggi anche il rispetto cognitivo, la comprensione del bisogno di rispettare la fisiologia umana e non “spremere” le persone, offrire loro rispetto umano, ambienti d’acquisto positivi, e attenzione a nuovi bisogni.

Nel volume “Il Potenziale Umano” (vedi scheda al link http://www.studiotrevisani.it/hpm2/index.htm) ho potuto iniziare un accenno basato sulle neuroscienze: se vogliamo rispettare la fisiologia umana (e rispettare oltretutto la persona umana, che non è poco) dobbiamo variare gli stimoli che riceve un cliente (utente formativo, o cliente in fase di aquisto) tenendo conto della alternanza tra simolazioni del sistema nervoso parasimpatico e stimolazioni del sistema nervoso simpatico. Questo, ad esempio in campo di formazione manageriale, determina la necessità di alternare:

  1. training centrato sul sistema nervoso simpatico (attività di tipo agonistico, aggressivo, competitivo, ad alta tensione, under pressure) vs.
  2. training centrato sul sistema nervoso parasimpatico (attività di tipo rilassato, calmo, sereno, tranquillo, meditativo, low pressure).

Allo stesso modo avremo in area marketing:

  • spazi e zone di acquisto centrate sul sistema nervoso simpatico (maggiore densità informativa, maggiore richiesta di elaborazione cognitiva e attenzione nel cliente) vs.
  • aree e isole emotive nei punti di acquisto centrate sul sistema nervoso parasimpatico (attività/spazi/ambienti di tipo rilassato, calmo, sereno, tranquillo, meditativo, low pressure), come inserti dispazi verdi,  micro- o macro-aree di rilassamento visivo con stimoli naturali, angoli uditivi e visivi di decompressione (il che non significa ambiti visivi vuoti, ma ambiti con funzione di riduzione dell’arousal, o riduzione dell’attivazione forzata).

La modalità di frazionamento e differenziazione tra attività che interessano il sistema nervoso simpatico (alta attivazione agonistica e attentiva) vs. attività che interessano e stimolano prevalentemente il sistema nervoso parasimpatico (rilassamento e recupero), riguarda indistintamente il lavoro sul corpo (es, medicina psicosomatica) così come la formazione aziendale (corsi di formazione per manager e formazione del personale) il il coaching, l’ingegneria dei momenti di acquisto e l’ingegneria degli spazi di acquisto (consumer engineering)

Come ho potuto segnalare nel volume “Il Potenziale Umano”, nel metodo HPM viene utilizzata in particolare la “cartografia di Fisher”[1], una metodica poco nota, di frontiera, nata per mappare gli stati mentali, la percezione, sino agli stati alterati di coscienza (ASC – Altered States of Consciousness).

Si tratta di un’area di studi di alto interesse negli anni ‘60 e ‘70, oggi poco frequentata, ma assolutamente utile per localizzare i tipi di attivazione mentale. Questa scala è stata da me ulteriormente rielaborata ed utilizzata su più fronti, per progettare training variati in termini di intensità e tipo di esperienza, e portare nuovi concetti nella psicologia umanistica dell’acquisto, una psicologia del marketing che rispetta la persona.

In generale, le tecniche di frazionamento servono per evitare la monotonia e la noia, ma anche la perdita di efficacia di una tecnica che arriva inevitabilmente in seguito alla mancanza di varietà nel tipo di lavoro allenante svolto o negli stimoli presenti. Sequenze di input e stimoli, in cui le varie tipologie di stimolo (nel marketing), di  esercizio o esercitazione (nella formazione aziendale) vengono combinate nel tempo, danno luogo a maggiore varietà e maggiore efficacia, perchè rispettano i bisogni basilari della fisiologia umana.

Bene. Questo vale per chi vuole far propri alcuni concetti basilari e fondamentali di una nuova psicologia del marketing umanistico. Come farlo. Occorre mettere mano ai metri quadri e variarli. Occorre costruire isole esperienziali d’acquisto (mondi emotivi, isole connotate, “emergenze” merceologiche) affiancate a zone di decompressione cognitiva, nei quali è possibile inserire ogni tipo di stimolazione naturalistica, elementi architettonici connotati, zone verdi interne, zone di relax, angoli di meditazione d’aquisto, zone di consulenza d’aquisto, zone di problem-solving d’acquisto… e tanti altri strumenti (non mi è possibile sviluppare in questo spazio un intero manuale, ma le tecniche esistono).

Tradurre questi concetti in pratica è assolutamente possibile. Soprattutto, attraverso azioni di perceptual engineering (ingegneria esperienziale), attività che uniscono un lavoro di tipo architettonico (diversa disposizione delle merci, illuminazioni, aree e zone di acquisto diversificate, intervento dei sensi e marketing polisensoriale), visual merchandising innovativo centrato sulle “isole esperienziali” (assolutamente diverso da quello classico), nuove geometrie interne, nuova e diversa formazione del personale di contatto, formazione forte dei manager sui principi del marketing percettivo, iniziative di sensibilizzazione della direzione aziendale per i nuovi temi di psicologia del cliente, una grande voglia di creare spazi di aquisto positivi, unita al know-how necessario, e… un forte valore di fondo: considerare il cliente come un essere umano.

Poche aziende hanno oggi la sensibilità per farlo, ma chi investe oggi su questi punti sta costruendo i fattori reali del suo vantaggio competitivo.

Daniele Trevisani


[1] Fisher, Roland (1971), A Cartography of the Ecstatic and Meditative States, in: Science 26 November 1971: Vol. 174. no. 4012, pp. 897 – 904.