Lucidità tattica, centratura, senso di realtà, con­sa­pe­vo­lez­za situazionale (situational awareness)

Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele TrevisaniIl potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance”. Franco Angeli editore, Milano.

Come creare una realtà interna solida

Una delle principali capacità mentali inerenti il potenziale umano è la lucidità tattica: sapere dove sono, cosa sta accadendo realmente dentro di me e attorno a me, prendere coscienza della realtà, delle variabili e dei loro mutamenti, per reagire rapidamente e nella direzione giusta.

La perdita di lucidità tattica è ciò che accade ad una persona in un incendio quando scappa nella direzione sbagliata in preda al panico. È ciò che succede una squadra quando smette di giocare con gli schemi e “perde la testa”. È ciò che capita in azienda quando una crisi fa perdere di vista gli ancoraggi forti e le prospettive di soluzione, impegnando tutte le menti in ragionamenti pessimistici e di riparo, perdendo di vista qualsiasi lucidità.

La centratura personale è l’obiettivo delle attività di “ricentraggio personale”, inteso come miglioramento della coerenza e organizzazione interna, della lucidità, del “sapere cosa si vuole” e fare chiarezza su come arrivarvi.

La centratura personale corrisponde ad un una condizione di allineamento ed equilibrio delle componenti bioenergetiche, psicoenergetiche, motivazionali e pratiche quotidiane.

La condizione opposta corrisponde ad un disequilibrio, alle dissonanze tra stati energetici ed obiettivi, e alle incongruenze tra obiettivi stessi, a perdita del senso di realtà.

Possiamo riconquistare lucidità tattica attraverso la ricerca di un maggiore allineamento tra tutte le componenti e strati della piramide HPM (energie, competenze, obiettivi).

La perdita di lucidità è invece in agguato non appena uno degli elementi di cui si compone una scelta non trova supporto nelle aree corrispondenti: energie biologiche (stato bioenergetico), energie mentali (stato psicoenergetico), desideri, volontà, aspirazioni, goal (obiettivi) e pratiche quotidiane (azioni giornaliere) sono variabili interdipendenti. La caduta di una provoca una frana anche nelle altre, per cui è nostra responsabilità, se desideriamo conquistare buona lucidità tattica, “farci manutenzione” sia sul fronte fisico che mentale e progettuale, e lavorare per ottenerla.

Principio 18 – Ricentraggio, consapevolezza situazionale, lucidità tattica

Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:

  • l’individuo vive una condizione di disallineamento o incongruenza tra energie biologiche (stato bioenergetico), energie mentali (stato psicoenergetico), desideri, volontà, aspirazioni, goal (obiettivi) e pratiche quotidiane (azioni giornaliere);
  • l’individuo non è consapevole pienamente degli elementi di scenario che lo circondano (scarsa consapevolezza situazionale), vive in una realtà percettiva distorta o impoverita, cogliendo solo alcuni aspetti di essa o solo gli aspetti meno rilevanti, mancando di rilevare alcuni degli aspetti essenziali;
  • l’azione del soggetto non è coerente con la realtà che lo circonda;
  • le scelte tattiche (linea d’azione comportamentale) sono distorte e incoerenti con la realtà, o con i propri obiettivi profondi, portano a conseguenze negative, diminuiscono il benessere e/o l’autostima, o il senso di progressione verso le proprie mete.

Le energie mentali aumentano quando:

  • le energie tra i diversi stati segnalati dalla piramide HPM sono congruenti tra di loro (energie mentali e fisiche, competenze, progettualità e valori, sono ben allineati);
  • esiste o viene acquisita tramite training una buona consapevolezza situazionale e senso di realtà, con capacità di percezione sia dei singoli elementi che delle interazioni tra i vari piani di realtà, e capacità di cogliere l’insieme in prospettiva (Gestalt);
  • esiste lucidità tattica rispetto alle decisioni da intraprendere sul proprio futuro, si sviluppa senso di progressione verso una meta, puntuale e/o esistenziale.

La perdita del senso di Gestalt (insieme, quadro complessivo di riferimento) si traduce molto spesso nella concentrazione mentale su pochi dettagli a discapito della visione d’insieme più ampia. Questo genera caduta di lucidità tattica e linee d’azione perdenti.

Non è facile nelle società avanzate essere “centrati” e trovare coerenza con la realtà stessa. La scuola e i genitori cercano di insegnare ai bambini che più si impegnano e studiano e più avranno successo, promuovono il valore della famiglia e dell’impegno, il valore del sacrificio. Dall’altro lato, i personaggi dei serial televisivi occidentali, i modelli che osservano in televisione, sembrano non lavorare mai, impegnati tra una tavola da surf, un party e un’audizione per un balletto, un concerto, i flirt, giochi idioti, battibecchi, litigi, e ogni altra attività purché non lavorativa.

I lavori, se praticati, sono prevalentemente idilliaci, quali attore, attrice, modello, modella, atleta, scenografo, musicista, DJ, campione sportivo, giornalista di successo, creativo pubblicitario, e altre favole.

La dissonanza tra la dura realtà che i giovani incontrano nella vita e le promesse sulla vita vista nei film e nella televisione commerciale è disarmante. Questa dissonanza produce devastanti effetti sulla psiche degli adolescenti, altera la percezione della realtà, crea sensi di inadeguatezza e insoddisfazione permanente.

I mass media pongono come esempi del successo (calciatori, cantanti, attori e star televisive) che non sono certo ricercatori seri o scienziati, e hanno intrapreso altre strade. Il malavitoso di periferia che ha auto lussuose, potere e denaro, confrontati con il laureato a pieni voti costretto ad emigrare per mancanza di lavoro, sono un messaggio dissonante.

Vedere un idiota fare carriera, perché amico o parente di qualcuno, o vicino ad un partito politico, contrasta con chi vive il valore della meritocrazia e della ricerca. Si perde completamente di vista per che cosa si sta lavorando, la missione sembra non contare più nulla. Dobbiamo impegnarsi affinché questo partito non vinca.

Il ricentraggio deve mantenere la forza interiore elevata, e la coscienza che le scorciatoie non sono un valore in sé, che esiste qualcosa per cui vale la pena impegnarsi, e non è per forza patinato, non importa veramente se questo qualcosa non è tra le strade per il successo proposte dai media.

Per questo motivo l’attività di ricentraggio deve andare prima di tutto alla ricerca di alcuni valori cardine in cui l’individuo possa ritrovarsi, indipendentemente da quanto osserva nella realtà vissuta o mediatica.

La costruzione di una realtà interiore solida è la base per cogliere aspetti essenziali della realtà esteriore e posizionarli correttamente. Questa realtà è la piattaforma per nuovi e diversi ragionamenti, ad esempio: il malavitoso può anche avere denaro e potere, ma per quanto tempo ancora? E con che faccia guarderà i propri figli? Voglio veramente questo come modello? La velina e l’attrice sono lì perché hanno un bel culo, e quando gli sarà diventato flaccido, che fine faranno? Su cosa si basa il loro successo, su un culo? Voglio questo anche per me? A me piace studiare per scoprire come funziona il mondo, me ne devo vergognare? Quanti prima di me hanno fatto della scoperta una propria missione? Chi ha detto che la gratificazione per lo studio debba essere immediata o perfettamente corrispondente? Che valore c’è nel guardarmi allo specchio e essere comunque soddisfatto di me, e dei miei valori, piuttosto che dovermi girare dall’altra parte?

Consapevolezza situazionale e crisis management

Le capacità mentali si fanno preziose anche e soprattutto in condizioni estreme, in casi di crisi, di affanno, di pericolo.

La performance richiede la capacità di gestire gli stati di crisi che spessissimo si accompagnano ad eventi sfidanti e obiettivi ambiziosi.

Una micro-crisi riguarda eventi di durata relativamente ridotta (minuti, ore), mentre una macro-crisi può riguardare eventi di portata più prolungata (una malattia, un fallimento, un periodo di vita, un trauma sportivo).

I fattori che interferiscono con l’essere “situazionalmente consapevole” nelle situazioni di crisi sono soprattutto:

  • distorsioni emotive: l’ingresso in campo di forti emozioni (rabbia, disgusto, volontà di vendetta, orgoglio ferito, paura e panico) produce annebbiamento della realtà, sopravvalutazione di dati, e sottovalutazioni, chiusura alle diverse alternative realmente possibili, visione ristretta;
  • stanchezza, attenzione ridotta, affaticamento mentale, affaticamento sensoriale: incapacità di cogliere tutti gli aspetti percettivi e i dati in ingresso.

I segnali (cues) che indicano la perdita dalla consapevolezza situazionale:

  • fisici: agitazione, respiro affannoso, vertigini o capogiri, disorientamento;
  • comportamentali: ripetizione di gesti, indecisione, errori (cadute, urti), dimenticanze.

I passaggi principali che favoriscono il recupero di lucidità:

  • riduzione dell’arousal (attivazione emotiva e sensoriale), ad esempio tramite respirazione lenta e profonda, o concentrazione e rilassamento;
  • check-up situazionale (cosa sta accadendo realmente a me, agli altri, all’ambiente);
  • visione dall’alto del problema;
  • valutazione di almeno 2 alternative e pro-contro correlati, rispetto alla linea di azione istintuale.

Quando una crisi può essere generatrice di un disastro, occorrono inoltre competenze di disaster management, come le seguenti:

  • assunzione del comando: prendere in carico la situazione;
  • esame degli eventi e condizioni in base ai dati esistenti, raccolta di nuovi dati;
  • inquadrare le traiettorie degli eventi che si verificheranno se non si interviene;
  • chiedersi come spezzare le catene di eventi e quali mosse possiamo attivare;
  • attivare una rete di risorse (umane, tecniche, psicologiche);
  • agire con rapidità ma mantenendo il controllo emotivo;
  • riesaminare periodicamente lo stato e le strategie.

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Capacità di apprendimento e stili di apprendimento

Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele TrevisaniIl potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance”. Franco Angeli editore, Milano.

La necessità di crescita personale e professionale

L’individuo ha la capacità di apprendere costantemente dall’ambiente e dall’esperienza, date condizioni adeguate.

Per sbloccare i percorsi di apprendimento è necessario attivare gli strumenti della formazione esperienziale, basati sui principi dell’andragogia (scienza della formazione dell’adulto), che valorizzano il “fare attivo” come strumento per apprendere, opposto ad un “ascolto passivo”.

Le relazioni tra apprendimento ed energie mentali sono quindi sia di tipo interno (responsabilità dell’individuo) che di tipo esterno (responsabilità dei formatori, insegnati, pedagogisti e istituzioni preposte alla formazione).

Principio 12 – Capacità e condizioni di apprendimento

Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:

  • l’individuo non vede nella propria esperienza alcun elemento di apprendimento e accetta passivamente questa condizione;
  • l’individuo non sente bisogno di apprendere;
  • l’individuo non attiva percorsi autonomi ed esperienze guidate di riflessione sull’esperienza tali da generare apprendimento;
  • l’individuo perde curiosità verso il mondo, verso il sapere e verso l’acquisizione di nuova conoscenza (fattori interni);
  • i metodi formativi e di insegnamento utilizzati inibiscono il ruolo attivo del soggetto nell’apprendimento;
  • le tecniche di formazione e apprendimento non riescono a risvegliare curiosità, volontà e motivazione verso la crescita e acquisizione di saperi, abilità fare o nuovi atteggiamenti (fattori esterni).

Le energie mentali aumentano quando:

  • l’individuo riesce a creare esperienze di apprendimento nel suo vissuto quotidiano;
  • nasce o viene stimolato il bisogno di apprendere e il piacere di apprendere;
  • aumenta il bisogno di conoscenza e di ricerca;
  • vengono utilizzate tecniche che facilitano l’apprendimento in modo attivo, partecipativo, esperienziale.

La condizione primaria dell’apprendimento è la volontà di apprendere e la curiosità, una condizione naturale dell’essere umano che i bambini manifestano chiaramente, chiedendo in continuazione “perché” e ponendo ogni altro genere di domanda.

Le modalità distorte della pedagogia reale, i metodi utilizzati per insegnare, portano spesso ad una condizione in cui apprendimento equivale a noia e frustrazione.

Per questo, alcuni individui finiscono per compiere l’equazione “apprendimento = studio = noia = sofferenza”, e interrompono il proprio percorso di ricerca e di crescita.

Risvegliando la curiosità verso il mondo e verso la conoscenza in sé intesa come scoperta, è possibile attivare nuove energie mentali.

Ogni individuo possiede il bisogno fondamentale di ricevere stimolazioni ambientali e di sentire di procedere nella propria crescita professionale e umana. Quando questo bisogno si spegne, siamo di fronte all’inizio di una nuova patologia di abulia, apatia, riduzione larvale della natura umana a macchina biologica e vegetale senza anima, senza speranza, senza aspirazioni. Anche un appagamento illusorio di questo bisogno (ad esempio, accontentarsi di un lavoro o di un ruolo nel quale non si apprende più niente, e “raccontarsela”) produce apatia.

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Il potere generativo della forza

In una battaglia, chi vorresti al tuo fianco? Bene… quella persona devi diventare tu

(Daniele Trevisani).

L’energia e la forza hanno un potere enorme: creano.

La forza, nelle sue mille manifestazioni – fisica, mentale, progettuale – genera. Può creare un mondo migliore. Così come la sua assenza uccide.

L’energia personale trasuda da persone minute come Madre Teresa di Calcutta, così come da atleti fisicamente potenti che trovano lo spirito per salire sul ring, resistere a colpi massacranti e controbattere.

La troviamo in chi si dedica agli altri, a ricercare, ad esplorare l’universo o la mente. La troviamo in chi si impegna nell’aiutare gli altri.

Ogni giorno in cui ci dedichiamo energie alla nostra crescita spirituale, fisica, mentale, è un omaggio alla vita. La nostra forza aumenta.

E ogni volta che ne facciamo buon uso, qualcuno in cielo ringrazia.

Anche una pianta o un insetto sono immersi in questo viaggio chiamato vita, ma, a differenza di noi, non possono riflettere su di sé o sul senso da dare al viaggio. Se sia meglio o peggio per loro, non lo sappiamo. Ci sono pro e contro. Per quanto mi riguarda, dato che questa occasione che mi viene data una sola volta, voglio sfruttarla. E so che per lottare serve forza, quantomeno, forza di spirito.

Se ci è data una “possibilità” di farlo, non la dobbiamo sprecare.

È una possibilità che non tutti sfruttano: sviluppare piena autocoscienza su chi sei, chiedersi che significato ha il tuo esistere. Che valore hanno le tue azioni. Giorno dopo giorno.

In altre parole, la volontà di dare senso al tuo viaggio.

Per rendere positivo il viaggio ci sono tante cose da imparare. Alcune facili, alcune difficili. Credo sia bene imparare partendo dalle piccole cose.

Ad esempio, alzarsi la mattina. Alzarsi e sentire la “sacralità” del fatto di essere vivi non è solo un vago sentimento, ma è una competenza – una precisa competenza  o abilità mentale- qualcosa che quindi possiamo apprendere, possiamo sviluppare. Anche solo questa micro-competenza ci offre la grande possibilità di dare un “colore” del tutto particolare all’inizio di un giorno, vada come vada il resto della giornata. E se applichiamo questo atteggiamento all’intera vita, ne potranno emergere grandi cose.

Il gesto quotidiano dell’alzarsi con il quale iniziamo a rendere omaggio ad un viaggio che a noi è stato permesso, e a tanti è stato negato.

Di questo omaggio, la vita, dobbiamo essere fieri.

__________

Testo Copyright by Dr. Daniele Trevisani, Formatore e Coach per lo Sviluppo Personale e dei Team. Anteprima editoriale dal volume di Daniele Trevisani “Personal Energy”.

Il potere generativo della Forza

Il potere generativo della forza

In una battaglia, chi vorresti al tuo fianco? Bene… quella persona devi diventare tu

(Daniele Trevisani).

L’energia e la forza hanno un potere enorme: creano.

La forza, nelle sue mille manifestazioni – fisica, mentale, progettuale – genera. Può creare un mondo migliore. Così come la sua assenza uccide.

L’energia personale trasuda da persone minute come Madre Teresa di Calcutta, così come da atleti fisicamente potenti che trovano lo spirito per salire sul ring, resistere a colpi massacranti e controbattere.

La troviamo in chi si dedica agli altri, a ricercare, ad esplorare l’universo o la mente. La troviamo in chi si impegna nell’aiutare gli altri.

Ogni giorno in cui ci dedichiamo energie alla nostra crescita spirituale, fisica, mentale, è un omaggio alla vita. La nostra forza aumenta.

E ogni volta che ne facciamo buon uso, qualcuno in cielo ringrazia.

Anche una pianta o un insetto sono immersi in questo viaggio chiamato vita, ma, a differenza di noi, non possono riflettere su di sé o sul senso da dare al viaggio. Se sia meglio o peggio per loro, non lo sappiamo. Ci sono pro e contro. Per quanto mi riguarda, dato che questa occasione che mi viene data una sola volta, voglio sfruttarla. E so che per lottare serve forza, quantomeno, forza di spirito.

Se ci è data una “possibilità” di farlo, non la dobbiamo sprecare.

È una possibilità che non tutti sfruttano: sviluppare piena autocoscienza su chi sei, chiedersi che significato ha il tuo esistere. Che valore hanno le tue azioni. Giorno dopo giorno.

In altre parole, la volontà di dare senso al tuo viaggio.

Per rendere positivo il viaggio ci sono tante cose da imparare. Alcune facili, alcune difficili. Credo sia bene imparare partendo dalle piccole cose.

Ad esempio, alzarsi la mattina. Alzarsi e sentire la “sacralità” del fatto di essere vivi non è solo un vago sentimento, ma è una competenza – una precisa competenza  o abilità mentale- qualcosa che quindi possiamo apprendere, possiamo sviluppare. Anche solo questa micro-competenza ci offre la grande possibilità di dare un “colore” del tutto particolare all’inizio di un giorno, vada come vada il resto della giornata. E se applichiamo questo atteggiamento all’intera vita, ne potranno emergere grandi cose.

Il gesto quotidiano dell’alzarsi con il quale iniziamo a rendere omaggio ad un viaggio che a noi è stato permesso, e a tanti è stato negato.

Di questo omaggio, la vita, dobbiamo essere fieri.

__________

Testo Copyright by Dr. Daniele Trevisani, Formatore e Coach per lo Sviluppo Personale e dei Team. Anteprima editoriale dal volume di Daniele Trevisani “Personal Energy”.

1.11. Raggiungere obiettivi

1.11.     Raggiungere obiettivi

Energie e capacità mettono le persone in grado di dirigersi verso i propri obiettivi o scopi, siano essi già inquadrati come progetti con un output preciso, o semplici idee ispiratrici, ancora non definite o ben focalizzate.

I tre grandi piani di lavoro (energie personali, competenze, obiettivi), sono variabili tecniche, ma dietro ad esse si trova uno sfondo umanistico enorme, dalle grandi implicazioni, che vogliamo esaminare.

Ottenere risultati e tagliare i propri traguardi è un tema importante per l’individuo, per un gruppo (team sportivo, team aziendale), e per un’intera organizzazione o azienda, persino per una nazione o l’intera umanità.

La quantità di implicazioni psicologiche che si ritrovano dietro ai risultati, tuttavia, è impressionante. Solo chi li ha faticati in prima persona è consapevole dello sforzo, delle energie mentali e motivazionali spese per attività che apparivano, a prima vista, banali o puramente tecniche.

A volte non sono gli obiettivi ad essere difficili, ma le persone.

Ad esempio, la prestazione in un esame dipende sia dalla conoscenza della materia (aspetto tecnico) ma anche dalla capacità di gestire emozioni, ansia e attesa, essere comunicativi e mentalmente presenti (componente psicologica), e questa è ben più difficile da affrontare che non lo studio di una materia.

Anche nello sport, vincere una partita prevede la capacità di creare un team vincente, lavorare ai climi psicologici del gruppo, sostenere le individualità, creare uno spirito di squadra. Chi dimentica questo perde.

Lo sanno bene le nazionali forti che possono subire sconfitte pesanti e umilianti anche da squadre di paesi semisconosciuti, se affrontano l’impe­gno con “sufficienza”, o si trovano nella condizione psicologica sbagliata, mentre gli avversari sono iper-motivati e affamati di vittoria.

Anche in azienda il fuoco della motivazione e della passione, e le qualità mentali, fanno la differenza: un progetto davvero innovativo prima si pensa, poi vi si investe. La qualità del pensiero viene prima.

Una distinzione fondamentale consiste nel riconoscere che esiste una matrice di obiettivi, e questa parte da risultati molto focalizzati (micro-goal, come rimanere positivi nei vari momenti di un’attività, anche se impegnativa), passa per obiettivi più ampi (es.: gestire bene un progetto cui teniamo), sino a salire agli obiettivi esistenziali (Life Objectives), come il bisogno di vivere a pieno la vita, e la ricerca della felicità.

In ciascuno di questi stadi vi sono catene da spezzare e cose da imparare.

Secondo questa visione, vivere pienamente significa ben più che esistere.

Questo ha ripercussioni non piccole sul concetto stesso di performance e di potenziale umano. Come sostiene Oscar Wilde:

 

La cosa più difficile a questo mondo? Vivere! Molta gente esiste, ecco tutto

(Oscar Wilde).

 

Quindi, fissiamo immediatamente un concetto: si possono ottenere performance senza lavorare sul potenziale umano seriamente (es.: doping, o comprare un risultato) ma questo non ci interessa, non è il nostro fine. Anzi, questi pseudo-risultati sono il polo negativo, il male, le bugie, le false promesse, ciò da cui vogliamo stare lontani.

Il lavoro che ci apprestiamo a fare infatti è quello allenante, preparatorio, formativo, costruttivo, il dare forma (Modeling) al potenziale e alle prestazioni tramite un lavoro serio, fatto di continuità, tecnica, strategia, sudore.

Due elementi fondamentali di una prestazione umana sono: (1) gli scopi (obiettivi) e (2) il loro grado di raggiungimento (nullo, intermedio, totale).

Rispetto agli scopi, ci concentriamo soprattutto su quelle prestazioni o performance che hanno un senso di contributo, di liberazione, di espressione, di emancipazione. In altre parole, le prestazioni non solo meccaniche.

Rispetto al grado di raggiungimento, consideriamo che esso sia una funzione strettamente dipendente dal tipo di potenziale raggiunto (dalla persona, dal team, dall’organizzazione), e che per l’eccellenza bisogna lavorare sulla crescita strutturale più che sui risultati immediati. È la nostra visione.

È più importante insegnare ad un atleta a gestirsi, a non bruciarsi, ad avere una carriera e una vita, a trovare equilibri, che non spremerlo e gettarlo per una singola gara o stagione.

Lo stesso per avere manager e professionisti preparati in azienda: stiamo o no creando un sistema che li formi, una palestra di formazione aziendale? Se non abbiamo un programma serio in merito, non lamentiamoci se dovremo richiamare i pensionati. In ogni squadra seria si coltiva un vivaio e un settore giovanile, e questo vale anche in azienda. Molti vogliono risultati senza investire, e spremono l’azienda, ma non fanno crescere le persone.

Ancora una volta, vogliamo lavorare alle condizioni che permettono di ottenere i risultati quando li desideriamo, senza attendere manna dal cielo o la fortuna.

Il nostro approccio considera le performance vere non solo come atti tecnici, ma espressioni di libertà, applicazioni di una volontà emancipata di andare oltre, di scegliere (Free Will), un concetto che sta entrando finalmente nella letteratura anche manageriale:

 

La libera volontà è l’abilità di un agente di selezionare un’opzione (comportamento, oggetto, etc.) da una serie di alternative[1].

 

Nei capitoli successivi passeremo in rassegna numerosi dettagli tecnici sui quali lavorare per una formazione e coaching analitici e in profondità.

Non dimentichiamo però lo spirito di fondo, che è sempre quello di un messaggio positivo, ciò che un padre vuole trasmettere ad una figlia, o figlio, o al prossimo, rispetto alle energie e alla vita: ogni volta che ti svegli, pensa positivamente a cosa fare di buono oggi. Ogni volta che vai a dormire, rivedi le cose buone accadute, sensazioni positive che avresti dato per scontato. Poi, pensa a cosa ti piacerebbe fare di buono domani, cosa ti renderà felice, che contributo puoi dare a te e agli altri, in cosa puoi applicarti bene. Fai cose che ti daranno energie, riduci quelle che ti impoveriranno spiritualmente e fisicamente.

Non lasciarti spegnere. Ogni volta che sei triste chiediti se la tristezza ti merita o se puoi dirottare le tue energie verso qualcosa di positivo.

Ogni volta che guardi avanti cerca il bene, e quando ti guarderai indietro sarai orgogliosa di te. Questo è rendere omaggio al dono di esistere.

Agire, provarci, in modo da potersi guardare indietro con senso dell’onore, è luce, un bisogno che traspare in ogni storia vera, in ogni cultura umanistica e spirituale, come si intravede bene in questa testimonianza dagli Indiani d’America:

 

“Oh Grande Spirito, la cui voce ascolto nel vento,

il cui respiro dà vita a tutte le cose.

Ascoltami; io ho bisogno della tua forza e della tua saggezza,

lasciami camminare nella bellezza,

e fa che i miei occhi sempre guardino il rosso e purpureo tramonto.

 

Fa che le mie mani rispettino la natura in ogni sua forma

e che le mie orecchie rapidamente ascoltino la tua voce.

Fa che sia saggio e che possa capire le cose che hai pensato per il mio popolo.

Aiutami a rimanere calmo e forte di fronte a tutti quelli che verranno contro di me.

Lasciami imparare le lezioni che hai nascosto in ogni foglia ed in ogni roccia.

Aiutami a trovare azioni e pensieri puri per poter aiutare gli altri.

Aiutami a trovare la compassione

senza la opprimente contemplazione di me stesso.

 

Io cerco la forza, non per essere più grande del mio fratello,

ma per combattere il mio più grande nemico: Me stesso.

Fammi sempre essere pronto a venire da te con mani pulite e sguardo alto.

Così quando la vita appassisce, come appassisce il tramonto,

il mio spirito possa venire a te senza vergogna”.

 

Preghiera per il Grande Spirito,

Tatanka Mani (Bisonte che Cammina) (1871-1967)


[1] Mick, D. Glen (2008), Degrees of Freedom of Will: An Essential Endless Question in Consumer Behavior, Journal of Consumer Psychology, 18 (1), 17-21.

_________

Copyright, dal Volume: “Il Potenziale Umano”

Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

1.4. Analisi esistenziale

E tutto quello che devi fare è metterti le cuffie, sdraiarti e ascoltare il cd della tua vita, traccia dopo traccia, nessuna è andata persa. Tutte sono state vissute e tutte, in un modo o nell’altro, servono ad andare avanti. Non pentirti non giudicarti, sei quello che sei e non c’è niente di meglio al mondo. Pause, rewind, play e ancora, ancora, ancora. Non spegnere mai il tuo campionatore, continua a registrare e a mettere insieme nuovi suoni per riempire il caos che hai dentro, e se scenderà una lacrima quando lo ascolti, beh, non aver paura: è come la lacrima di un fan che ascolta la sua canzone preferita.

(Dal film: Tre metri sopra il cielo / 3MSC, di Luca Lucini)

 

Prima di entrare nei dettagli, vogliamo spendere qualche parola sul problema motivazionale di fondo delle performance e del potenziale: il “perché” facciamo le cose.

Un gruppo di ricercatori che operano nella sfera della Psicologia Umanistica ha condotto uno studio per confrontare i diversi punti di vista sul senso della vita, analizzando sia persone comuni che personaggi eminenti (cultura, scienza, politica).

Il senso fondamentale che emerge da questa ricerca è che l’essere umano ha bisogno di significati. Ha bisogno di ancorare la propria esistenza a qualcosa, ha la necessità di trovare una spiegazione. Il contrario è una “crisi di senso”: non sapere più cosa facciamo, non credere più a niente.

La spiegazione per il nostro agire può essere assurda, logica, razionale, mistica, scientifica, morale. La mancanza di una motivazione del fare, dell’essere, e dell’esistere, porta ad un profondo disagio esistenziale.

Come evidenziano gli stessi autori:

 

Albert Camus (1955),Viktor Frankl (1992), e Leo Tolstoy (1980),  tutti credevano che, se la vita avesse o meno un significato in sè, fosse la domanda più importante della vita stessa. Per loro, tutti gli sforzi e imprese umane si confrontano con la questione del significato – senza significati, niente ha più importanza. Frankl (1978) vedeva la  mancanza di senso (meaninglessness) come la neurosi primaria dei nostri tempi (p. 2), e Carl Jung (1933) sosteneva che tutti i suoi clienti, visti in oltre 35 anni di terapia, avevano problemi che si collegavano alla questione dei significati (meaning). Negli studi empirici, l’esperienza soggettiva della meaninglessness (mancanza di senso) è stata collegata alla depressione (Beck, 1967; Seligman, 1990) all’abuso di sostanze e al suicidio (Harlow, Newcomb, & Bentler, 1986), così come ad altre psicopatologie (Yalom, 1980).

 

In sintesi, se non percepiamo un significato nelle cose, andiamo in crisi.

La mancanza di significato porta a disturbi, o neurosi, e disagio esistenziale. Ogni azione connessa al potenziale umano deve quindi andare alla ricerca di significati profondi cui ancorarsi, siano essi in azienda, nello sport, nella vita, o in campo sociale e personale.

La psicoenergetica, nel metodo HMP, è una disciplina che deve analizzare, attaccare e aggredire la meaninglessness (mancanza di senso o caduta di significati del­la vita), e affrontare il senso di una prospettiva umana.

I fronti per cui applicarsi e le cause per cui impegnarsi possono veramente essere molte, dalla fame, alla protezione dei deboli, dei bambini, degli anziani, ma anche credere in un progetto aziendale importante, o impegnarsi in un percorso spirituale.

Il venire meno dei significati della vita o senso della vita generale distrugge qualsiasi volontà di affrontare un progetto o di impegnarsi in un’azione.

 

Il nostro fine profondo è recuperare il senso, in ogni brano della vita: senso della giornata, senso di una settimana, senso di un trimestre, senso dell’anno in corso, o senso della vita, ma anche senso di un incontro (perché questo incontro?), senso di una relazione (perché questa relazione?), senso di un progetto (perché questo progetto?), senso di una sfida (perché questa sfida? Chi o cosa sto sfidando veramente?).

 

Lo scopo penetrante è di accrescere l’ancoraggio delle persone a obiettivi significativi, costruendoli e rinforzandoli (da un lato) e rimuovendo i blocchi (dall’altro) che impediscono a queste energie di manifestarsi.

 


Kinnier, Richard T., Kernes, Jerry L., Tribbensee, Nancy, Van Puymbroeck, Christina M. (2003), What Eminent People Have Said About The Meaning Of Life, Journal of Humanistic Psychology, Vol. 43, No. 1, Winter 2003.

Camus, A. (1955), The myth of Sisyphus, Alfred A. Knopf, New York.

Frankl, V. (1978), The unheard cry for meaning, Simon & Schuster, New York.

Frankl, V. (1992), Man’s search for meaning (4th ed.), Beacon Press, Boston.

Tolstoy, L. (1980), My confession, in S. Sanders & D. R. Cheney (Eds.), The meaning of life, Prentice-Hall, Englewood Cliffs, NJ.

Jung, C. G. (1933), Modern man in search of a soul (W. S. Dell & C. F. Baynes, Trans.), Harcourt, Brace & World, New York.

Seligman, M. E. P. (1990), Why is there so much depression today?, in R. E. Ingram (Ed.), Contemporary psychoanalytical approaches to depression (pp. 1-9), Plenum, New York.

Harlow, L. L., Newcomb, M. D., Bentler, P. M. (1986), Depression, self derogation, substance abuse, and suicidal ideation: Lack of purpose in life as a mediational factor, Journal of Clinical Psychology, 42, 5-21.

Yalom, Y. D. (1980), Existential psychotherapy, Basic Books, New York.

 

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Copyright, dal Volume: “Il Potenziale Umano”

Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

 

 

Principio 5 – Promozione della crescita intellettuale, morale, riflessiva

Principio 5 – Promozione della crescita intellettuale, morale, riflessiva

Il cambiamento positivo viene favorito dai seguenti fattori:

·         coltivazione delle capacità più profonde dell’individuo;

·         collegamento degli obiettivi personali e aziendali a valori morali.

·         uso di strumenti atti a favorire la riflessione e non solo addestramento meccanico.

 

Il cambiamento viene bloccato o ostacolato da:

·         azioni che toccano solo la superficie del target di cambiamento;

·         perdita di riferimento sul motivo di esistere, sul “perché” impegnarsi in un progetto;

·         strumenti formativi che favoriscono unicamente la memorizzazione o “copiatura” meccanica-comportamentale.

Articolo tratto dal volume di Daniele Trevisani “Regie di Cambiamento”, FrancoAngeli editore, Milano (2007). Copyright, materiale pubblicato su concessione dell’autore www.studiotrevisani.it – utilizzabile solo previa citazione della fonte.